Morto da cinquant’anni, Julius Evola (1898 – 1974) è un pensatore la cui influenza nel mondo culturale è cresciuta sempre più. Non è un caso che dalla sua scomparsa gli studi sui vari aspetti della sua opera si sono moltiplicati attraverso convegni, riviste dedicate al suo pensiero o che si ispiravano alla visione tradizionale del mondo, tesi di laurea. Senz’altro una sua funzione l’hanno avuta la nascita della Fondazione Julius Evola, la realizzazione dell’annuario “Studi Evoliani”, l’azione culturale di varie riviste tradizionali fra le quali, in particolare, “Vie della Tradizione”. Decisivo l’impegno di Gianfranco de Turris, segretario della Fondazione, che ha dedicato una buona parte della sua vita alla promozione e allo studio dell’opera del filosofo romano. Perfino l’accademia, che ha attuato a lungo una politica di “congiura del silenzio”, ha dovuto fare i conti con Evola e la sua filosofia. Ancora: la pubblicazione dell’opera omnia, la raccolta degli articoli delle testate sulle quali aveva scritto per anni, sono divenuti materiale disponibile per i ricercatori e i semplici lettori. Il pensiero di Evola, o meglio della Tradizione, ha scontato per molti anni gli esiti di un problema: la scarsissima conoscenza della biografia del pensatore, dato utile per inquadrare i passaggi culturali da un periodo a un altro. A esempio, per capire il passaggio dalla ricerca filosofica a quella magica. Grazie al Cammino del cinabro, sua autobiografia culturale, è stato possibile conoscere questi percorsi esistenziali e i relativi approfondimenti oltre ai motivi che lo spingevano ad approfondire una filosofia o un argomento da cui scaturiva una lettura tradizionale. I punti di riferimento erano stati Nietzsche e Michaelstaedter, Wilde, Stirner, Baudelaire, Mallarmé, d’Annunzio, Weininger, Maeterlinck, ma non c’erano spiegazioni, mancava il contesto. Perfino della sua famiglia d’origine si sapeva poco, neppure il cognome della madre era certo. Si è parlato tanto del suo titolo nobiliare ma il cognome Evola non è fra le famiglie nobili. Insomma, della sua vita avventurosa, poco si sapeva. Più d’una volta, negli ambienti tradizionali, si è lamentata questa carenza di dati. Difficile risalire a dettagli della sua vita anche perché interi carteggi erano scomparsi ed Evola aveva sempre parlato poco o nulla di sé. Addirittura, sui bombardamenti di Vienna, in cui rimase ferito gravemente, non si conosceva la dinamica e perché perse l’uso delle gambe: fu colpito dalle schegge di bombe lanciate dall’aeronautica Usa o la menomazione fu frutto di una operazione magica mal riuscita? Certe voci alimentavano ipotesi, ricostruzioni a posteriori, false spiegazioni, ecc.
Era cruciale risolvere il problema di una biografia, che non avebbe interessato Julius Evola, ma sarebbe stato utile per interpretare il personaggio e la sua opera. Quando si parlava di Evola, le descrizioni divergevano fortemente: per alcuni era un “cattivo maestro” per altri un grande filosofo che aveva compreso tutto, per altri ancora l’ispiratore di trame, attentati se non un mago che aveva lasciato un corpus esoterico (Ur e Krur)
Adesso c’è la prima biografia di Evola, utile per comprendere la vita di Evola come espressione della sua visione del mondo. L’autore, Andrea Scarabelli, vicesegretario della Fondazione Evola, direttore della rivista “Antarès” e di collane della casa editrice Bietti; oltre che direttore del blog “Attuali e inattuali” (ilGiornale.it) ha collaborato con le cattedre di Storia della filosofia dell’ateneo milanese e la Scuola romana di Filosofia politica. Scarabelli ha trovato nell’archivio della Fondazione molti documenti inediti e oltre dieci anni fa cominciò a raccogliere notizie, dati, documenti, a frequentare archivi pubblici e privati, italiani ed stranieri, riuscendo a reperire notizie sepolte dal tempo. Non solo: anche testimonianze, lettere inedite, una mole vasta e inattesa di documenti e vicende utili per ricostruire periodi non conosciuti. Scarabelli ha interpretato i dati con attenzione da filologo e scritto una biografia monumentale (Vita avventurosa di Julius Evola, Bietti ed., pagg. 737, euro 39,00; ordini: bietti.it). I pregi di questo lavoro risiedono non solo nella quantità di notizie e documenti inediti ma anche nel modo di spiegare come Evola fece suoi gli insegnamenti che apprendeva, l’indirizzo che dava alla propria vita, frutto della propria “equazione personale” e della disciplina che imponeva a se stesso. Altri pregi del libro sono lo stile della narrazione, valorizzato da una scrittura semplice e ricca al tempo stesso con la quale Scarabelli narra una vita speciale. Non solo: definisce e spiega le idee che esprimono la visione del mondo del filosofo romano. Un quadro d’insieme che restituisce il pensatore nel suo tempo e illustra bene la temperie culturale che anticipava già le profonde trasformazioni del secolo breve. E anche lo spartiacque della seconda guerra mondiale, il dopoguerra, il mondo di rovine nel quale si trovò a vivere, tutto è narrato rimarcando le sfide che affrontò.
Il libro parte dalla famiglia Evola e già fa chiarezza su vari aspetti ricostruendo l’ambiente familiare, poi viene descritta la Roma artistica, futurista e dadaista, poi quella esoterica con alchimisti, maghi, antroposofi, teosofi, kremmerziani. Ma emerge anche un Evola viaggiatore, dadaista e dandy, elegante frequentatore dei locali “in” romani, amante delle belle donne e della “Capri pagana” dove acquistò una villa insieme con amici. Poi, la sua vita a Vienna, dove era stato bene accolto da esponenti della Rivoluzione conservatrice. I suoi contatti con esponenti conservatori e con nazionalsocialisti, la perdita dell’uso degli arti inferiori causata non dal bombardamento statunitense ma, come emerge dalla cartella clinica che Scarabelli ha rinvenuto, da un errore nelle cure dei medici austriaci. E tanti altri inediti. Insomma, una vita difficile, avventurosa, segnata, nel dopoguerra, da lunghe degenze in ospedale, da persecuzioni, da arresti perché sospettato di essere l’ispiratore di gruppi rivoluzionari neofascisti, e poi la quotidianità con le difficoltà economiche. Ma sempre, sottolinea Scarabelli, Evola è stato un intellettuale che non si è tirato mai indietro, pronto ai duelli, a reagire alle aggressioni, ad attaccare pesantemente con le sue riviste anche i personaggi ben visti dal Regime fascista. Cercava sempre uno spazio pubblico, non si sottometteva a niente e a nessuno. Una visione tradizionale che non ispirava alcun mito incapacitante.
Manlio Triggiani