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I BARCONI DI SABRATHA. di Giovanni Vinciguerra

Il premier Renzi si è affannato anche ieri, al cd. G5 informale tedesco, di affermare che gli arrivi di immigrati in Italia stanno calando. In ciò, smentito non solo dagli altri governi dell’UE, ma soprattutto dalle ONG e dalle Associazioni che ogni giorni affrontano gli arrivi attraverso il Mediterraneo: almeno 170.000 migranti sono giunti in Europa via mare nei primi tre mesi del 2016, secondo l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM), con più di 620 morti accertati: ma si può comprendere come per combattere il “populismo” montante anche la realtà divenga un nemico politico da oscurare.

Altre notizie, invece, passano sotto silenzio, soprattutto quando sono il frutto di semplici addizioni di notizie che, al contrario, in qualità di “buone notizie” ottengono un breve spazio di notorietà mass-mediale.

Libia. Alla fine di marzo 2016 sbarca a Tripoli, autorevolmente scortato da navi da guerra occidentali, il capo del governo “di unità nazionale libica” sponsorizzato dall’occidente, Fayez Al-Sarraj, in precedenza relegato in una città minore. Nel giro di pochissimi giorni, il Consiglio Presidenziale “riconosciuto dalla comunità internazionale” incassa l’adesione ufficiale di intere città della costa libica, controllate da milizie armate in precedenza “ribelli”. Fra queste, spicca la città si Sabratha, uno dei nodi cruciali del racket del contrabbando di carne umana verso l’Italia: è il 2 aprile e la notizia vola sui media più attenti, come Avvenire. Il controllo del governo libico “riconosciuto dalla comunità internazionale” di allarga così verso il confine tunisino: tutti applaudono.

Ma si nota una curiosa coincidenza: il controllo “riconosciuto dalla comunità internazionale” di quei territori non solo non limita le partenze dei migranti, ma al contrario le aumenta: dal 4 al 25 aprile, migliaia di migranti ammassati su barconi e gommoni devastati vengono spinti in mare dai trafficanti; ne muoiono a centinaia.

Non una mossa del virtuoso governo di Al-Sarraj per controllare le partenze, non una riga da parte di una segreteria europea o statunitense per invitarlo, sia pure diplomaticamente, a farlo.

Ciò autorizza ampiamente a tessere alcune ipotesi di lavoro:

  1. Le organizzazioni malavitose che gestiscono il racket dell’immigrazione clandestina nel Mediterraneo centrale hanno presto compreso quale sia il cavallo vincente della regione, e ci si sono rapidamente accordate.
  2. Il nuovo controllo politico della costa libica occidentale consente di fatto di aumentare i volumi e quindi i profitti legati al racket.
  3. Per convenienza politica, economica o per complicità il governo libico “riconosciuto dalla comunità internazionale” non osteggia in alcun modo significativo il racket.
  4. La “comunità internazionale”, ossia l’alleanza USA-Francia (con altri paesi europei a far da camerieri) sta ben attenta a non turbare i nuovi equilibri. Altri governi, come quello italiano e tedesco, sono attivamente impegnati a gestire gli aspetti economici dell’immigrazione incontrollata.
  5. Si rammenti infine tutte le volte in cui alcuni governi “riconosciuti dalla comunità internazionale” si sono mantenuti per anni con i profitti dei traffici illeciti co-gestiti assieme alla delinquenza organizzata della propria zona: Vietnam del Sud, Iraq, Afghanistan, Albania Kossovo… Droga, prostituzione, immigrazione clandestina… Un copione che si ripete, sempre tremendamente simile.

In conclusione, i barconi di Sabratha avranno ancora molte miglia da percorrere.

Buon divertimento, Italia!

Giovanni Vinciguerra

 

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