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«VLADIMIR, UNICO LEADER D'EUROPA». A cura di Gennaro Grimolizzi.

Intervista a Gennaro Sangiuliano, autore di “Putin. Vita di uno Zar”

La Russia di Putin, la Russia è di Putin verrebbe da dire. Gennaro Sangiuliano, vicedirettore del Tg1 e saggista di successo, ha dedicato il suo ultimo lavoro editoriale al presidente russo Vladimir Vladimirovic

Vladimir Putin, 63 anni.

Putin. Il libro di Sangiuliano, “Putin. Vita di uno Zar” (Mondadori), consente di conoscere più in profondità un leader – forse, nel bene o nel male, l’unico in Europa in questo momento storico – in grado di dettare con chiarezza un’agenda politica e di affrontare con decisione varie questioni sul tappeto, a partire dalla lotta al terrorismo.

A cura di Gennaro Grimolizzi.

La biografia di Putin scritta da lei offre un’immagine nuova ed inedita del presidente russo. All’Europa mancano veri leader. Putin ha colmato un vuoto?
«Putin è certamente un grande protagonista del nostro tempo, un leader politico che ha ridato orgoglio e stabilità alla Russia. La sua figura si sta rivelando centrale nello scacchiere internazionale e nella geopolitica globale. Per capire a fondo la sua politica bisogna conoscerne anche la biografia personale, questo nella cornice della storia culturale e politica della Russia. La gente percepisce che Putin oggi difende e rappresenta alcuni valori cristiani che l’Occidente non tutela adeguatamente, quasi che la Russia sia la “Terza Roma”. È stato Putin con la guerra in Cecenia a evitare il primo tentativo di instaurare un califfato islamico, ed è uno dei pochi che fa sul serio la guerra ai terroristi. L’ho definito uno Zar nel senso di una “guida” che ha ridato orgoglio al suo popolo e una prospettiva».

Perché la Russia di Putin è temuta in questo momento storico da una parte consistente della comunità internazionale?
«Credo che non sia temuta dai popoli bensì da alcune élite finanziarie e bancarie, che si sono insediate al potere in alcune nazioni occidentali con un’operazione che ha tolto la sovranità alla gente. Si tratta di quei potentati economici che si allearono con gli oligarchi che Putin ha cacciato e che pensavano di poter depredare la Russia. È vero che la narrazione giornalistica del leader russo ha spesso risentito di stereotipi, di valutazioni superficiali, prive di riscontri sul piano storiografico. Ma scopro, con sorpresa, che il mio libro è in testa alle classifiche dei libri più venduti in Italia. Questo indica che da parte della gente c’è voglia di conoscere l’uomo e il politico, e significa che Putin incontra consenso anche al di fuori del suo paese».

L’Europa non ha intenzione di rafforzare i rapporti con la Russia. Si commette un grave errore nel non includere un Paese così importante?
«L’Europa dovrebbe considerare che essa si estende geograficamente e culturalmente dall’Atlantico a gli Urali, che la Russia è parte integrante della sua storia. La Russia, ad esempio, ha dato al mondo una delle più importanti letterature. Pensiamo al grande contributo di autori come Puskin, Cechov, Dostoevskij, Tolstoj e tanti altri. Questi autori si intersecano bene con la cultura europea, Dostoevskij conosce a fondo Dante Alighieri».

Nuove tensioni tra Regno Unito e Russia, dopo le rivelazioni sull’inchiesta britannica relativa all’uccisione dell’agente Aleksandr Litvinenko avvelenato a Londra nel 2006. Assistiamo a due nuovi blocchi contrapposti in Europa?
«La vicenda dell’assassinio di Alexandr Litvienko, in sé degna di una spy story, è parte di un più ampio scontro che si tenne in

G. Sangiuliano, PUTIN. VITA DI UNO ZAR, Mondadori, 2015.

Russia all’inizio degli anni Duemila fra Vladimir Putin e alcuni oligarchi che erano stati suoi alleati nell’ascesa al potere e poi erano entrati in rotta di collisione con il Cremlino, quando il nuovo leader succeduto a Eltsin aveva deciso che lo Stato dovesse riappropriarsi delle immense risorse energetiche. In questo scontro furono coinvolti fazioni dell’ex KGB diventato poi FSB, perché gruppi di agenti, durante la stagione di Eltsin, avevano ritenuto più redditizio integrare, per così dire, i magri stipendi post-sovietici mettendosi informalmente al servizio dei super ricchi. Quella a cui si riferisce Lei non è un’inchiesta della magistratura britannica, la quale, invece, era giunta a conclusioni diverse che non toccavano Putin».

Ma le tensioni interessano anche Russia e Turchia…
«La Turchia ha dimostrato di avere un atteggiamento molto equivoco nei confronti dell’Isis. Erdogan ha completamente

ribaltato la tradizione laica e aperta all’Occidente del padre della Turchia moderna, Mustafa Kemal Ataturk, portando il suo Paese su posizioni radicali islamiche. Putin ha avuto il coraggio di denunciare questa posizione ambigua. Del resto, domandiamoci se noi occidentali ci sentiamo più vicini alla Russia cristiana o alla Turchia islamica radicale. La risposta è implicita».

In passato l’Italia ha avuto strettissime relazioni con la Russia di Putin. Adesso le cose sono cambiate. La politica estera italiana sembra non seguire una direzione precisa. Cosa ne pensa?
«L’Italia ha effettivamente una linea ondivaga, culturalmente il nostro paese ha sempre avuto un grande fascino sui russi. Le sanzioni sono inutili e sono un danno reciproco, per la Russia e per l’Italia che perde oltre tre miliardi di esportazioni l’anno. Credo che Renzi sia consapevole di ciò ma lo sanno anche Hollande e la Merkel, che non sono felici di questo stato di cose. Il governo dovrebbe essere più coraggioso nell’agire per abolire le sanzioni».

 

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