In quest’epoca dove la volontà umana si traduce spesso con la brama verso l’effimero e dove la dispersione del sentimento del Sacro poggia spesso sull’incomprensione delle dottrine lasciateci in eredità, si fatica quasi a sorprendersi più di qualcosa, essendo il caos sempre più fitto e denso. Mi è capitato di ascoltare più volte l’enormità che “l’esoterismo è contro Dio”. Bisogna intendersi: l’esoterismo non ha nulla a che vedere con la pseudo e neo spiritualità evoluzionistica che mescola sincreticamente elementi umanistici, di letteratura fantasy e religiosi di varia provenienza; non è un termine che riguarda sette sataniche o lobby politiche, né si può applicare ad una conoscenza dal gusto squisitamente profano che sarebbe vincolata da segreti terribili – segreti che nel vero esoterismo sono identificabili con stati o fasi interiori di un individuo.
Esoterismo è un termine comparativo, si accoppia al termine exoterismo che ne è il volto più esteriore: l’esoterismo è la comprensione più intima, più interiore e quindi dal significato meno immediato, di una dottrina spirituale ortodossa; non che in sé sia segreta perché non la si voglia trasmettere, semplicemente non la si può trasmettere interamente. Il vincolo è dato dalla potenzialità del singolo individuo, dalla sua qualificazione o meno a realizzare in se stesso la Verità.
Una religione, almeno finché mantiene in vita gli elementi essenziali dell’ortodossia, deve avere una nozione dialetticamente chiara dell’Assoluto e del relativo e dei loro reciproci rapporti, e deve avere un’attività spirituale contemplativa efficace per superare le limitazioni che impediscono agli esseri di conoscere la Verità, fino ad arrivare all’identità suprema, a riconoscersi in Dio – ricorderò il Vangelo di Giovanni in cui si legge di Gesù che si rivolge agli uomini “voi siete dèi, tutti figli dell’Altissimo”; o ancora nella mistica di Meister Eckhart “fuso con Dio, ma non confuso”. Ho già più volte scritto di quanto sia precaria ogni conoscenza del mondo dei sensi, che qualsiasi fenomeno essendo impermanente è in questa sua transitorietà illusorio, e di quanto sia contraddittorio voler contrapporre a Dio qualsivoglia principio o esistenza. Ovviamente anche la nostra esistenza, terrena o ultraterrena che sia. Quanto alla nozione di Assoluto, se ne possono trovare di folgoranti o di esaustive in diverse fonti, come ad esempio in Plotino, “l’Uno senza secondo”; il Parabrahama nell’induismo, oltre l’Essere e il Non Essere, da cui ogni forma o divinità si origina senza però che ne sia veramente separata; il “Mu” il Vuoto del Buddismo Zen, la cessazione di ogni fenomeno distintivo nell’unità assoluta primordiale, ecc. Sintetizzando, l’ortodossia implica l’unicità divina, mentre la pluralità del principio unico è nel suo emanarsi nel molteplice dei mondi sensibili e sovrasensibili, ciascuno dei quali è comunque soggetto ad una durata, l’eternità essendo attributo unicamente dell’Assoluto – non si può prendere alla lettera, in quanto in palese contraddizione, chi parla di un inferno o di un paradiso in cui le forme sussisterebbero separatamente ed eternamente.
Certamente tra le varie dottrine esistono differenze, ma anche molte consonanze, che aumentano a seconda della misura della profondità di comprensione di un individuo ed a seconda dell’integrità stessa della dottrina. Un esempio di comune retaggio è il simbolismo geometrico della croce, conosciuto da epoche remote tra le più varie etnie abitanti le diverse regioni del mondo, in particolare la croce inscritta nel cerchio, simbolo della creazione ad ogni livello, e lo svastica – termine sanscrito – simbolo del principio divino invisibile in azione nel mondo, che si ritrova nei tappeti arabi e nell’artigianato degli aborigeni americani, nei mandala tibetani e nei manufatti cinesi, nei templi indù e nelle chiese e nelle icone cristiane. Anche qui è importante capirsi: la Verità è in se stessa incommensurabile alla sua enunciazione, simbolica o dialettica che sia, ciò che conta nell’esoterismo è partire dall’esperienza vitale e trascendere il mondo dei sensi.
Da un’altra prospettiva, ci si deve aspettare in una certa misura una sorta di fondamentalismo spirituale: è naturale che una dottrina ortodossa nella prospettiva esteriore, exoterica, venga presentata come unica via di salvezza, e che perfino ad un dato momento elementi appartenenti ad altre culture subiscano una trasposizione che si preoccupi esclusivamente della coerenza interna di tale dottrina. Così in Tibet, come ho già scritto in un altro articolo, viene raccontato che Gesù – conosciuto con il nome di Issa, che è il nome con cui è menzionato nel Corano in quanto profeta o inviato di Allah – negli anni che non vengono narrati nel Vangelo, si stabilì in Tibet, dove praticò e comprese la mistica lamaista. Certamente un’eresia per il cristiano che considera inviolabile il dogma dell’epifania divina in Gesù fin dalla nascita, unica ed irripetibile fino alla fine dei tempi ed alla sua seconda venuta; più accettabile per colui che non prenda alla lettera le dottrine ma sia incline a coglierne allegorie e simbolismi.
L’eterodossia – cioè il contrario dell’ortodossia – offre sempre una mistica che ha per contenuto l’ego, “l’io”, le sue illusioni e le sue aspirazioni. Anche “l’io” che diventa “noi”, l’individualismo che diviene collettivismo, è problematico. Di esempi se ne possono fare molti, l’eresia buddista operata dalla Soka Gakkai, l’Antroposofia, o sette e scuole simili che hanno estrapolato solo alcuni elementi eterogenei da varie dottrine spirituali, ma anche l’eterodossia di lunga percorrenza, come conseguenza dell’allontanamento dal significato più profondo e intimo di una religione.
Madame Janus