Nella manifestazione di Parigi sfila l’intera “dittatura del centro”che, dietro i nobili ideali della democrazia liberale, è la stessa che calpesta i diritti dei lavoratori e sponsorizza il terrorismo all’estero.
Passata la sbornia per la “Marcia Repubblicana”, che ha visto l’intero arco costituzionale accorrere in prima fila per fregiarsi del titolo di difensori della libertà di espressione, della laicità e della lotta al terrorismo, occorre trarre alcune ovvie considerazioni. Centrodestra e centrosinistra a braccetto – come d’uso nel “buon governo” in tanti Stati membri e nel parlamento europeo -; irriducibili nemici come Netanyahu e Abu Mazen, Poroshenko e Lavrov e poi il globe trotter Renzi, il guerrafondaio Cameron, il reazionario Rajoy, l’implacabile Merkel, il sempreverde Romano Prodi e molti altri, sgomitavano per partecipare all’evento “Parigi capitale del mondo”; riedizione light dell’11 Settembre in salsa europea. Bernard Cazeneuve, ministro dell’interno francese, ha addirittura affermato spavaldamente che questo è stato “il più grosso corteo della storia francese”, salvo probabilmente dimenticarsi della Comune parigina del 1871 quando l’intera città si ribellò al governo e venne messa d’assedio dall’esercito. Comunque sia un successo mediatico globale, uno schiaffo verso i seminatori dell’odio e, di conseguenza, la logica esclusione del FN che mira a “separare l’unità del popolo francese” (sic!). Ebbene, tralasciando il fatto che sono tanti i mussulmani che votano Le Pen e che proprio questo partito fu il primo a candidare un arabo come sindaco di Parigi e a far eleggere la prima donna mussulmana all’Ile de France, sembra di vedere una così nobile unità d’intenti nel difendere la libertà di espressione quasi da avvertire un senso di stordimento: è questo forse lo stesso Paese che solo pochi mesi fa vietava gli spettacoli di Dieudonné e che boicottava l’ultimo libro di Zemmour, Le suicide français?
Occorre però prendere un bel respiro, fare un passo indietro e chiedersi: l’islamizzazione dell’Europa è un processo reale, concreto, che mira a “conquistarci” o è solo il riflesso mediatico di chi cavalca lo “scontro di civiltà”? Innanzitutto è semplicemente un fatto demografico. L’Europa il continente più vecchio, con un tasso di natalità che – senza l’apporto degli immigrati – sarebbe addirittura negativo. Peccato poi che la famiglia tradizionale non venga certo aiutata dallo Stato, ma anzi disgregata e additata come retrograda e superata; vuoi mettere con quella moderna basata su persone dello stesso sesso che, in maniera molto più progressista, adotta piccoli sfortunati? Purtroppo però che questo tipo di famiglia – ça va sans dire – non possa cambiare la demografia. Se poi si vuole proprio essere maligni si può riflettere e identificare negli stessi partiti – ora a tutti gli effetti monocromatici – l’avvio della deregulation progressiva dei flussi di immigrazione massiccia in Francia, Gran Bretagna, Belgio, Olanda e poi Spagna, Italia e Germania. Un gioco win to win dove il centrosinistra progressista faceva leva sul mondialismo e sullo ius soli per incrementare i propri voti creando splendide banlieue, mentre il centrodestra accontentava l’ordine neoliberista distruggendo i salari dei lavoratori e guadagnando consensi nella moribonda classe operaia secondo lo schema xenofobo del “ci rubano il lavoro”.
In seguito c’è stata la guerra in Bosnia con i primi jihadisti accorsi contro la pulizia etnica serbo-croata, la nascita del Kosovo – fiorente di campi d’addestramento dell’Islam radicale – e infine il lancio della guerra al “terrore globale”, dalla quale è stata prontamente rifiutata la mano tesa della Russia che l’aveva già sperimentato in Cecenia e nel Daghestan. Anzi, per combattere tutto questo insorgere di salafismo internazionale, si è andati a sovvenzionare ribellioni e a colpire proprio i pochi Stati laici mediorientali: prima l’Irak, poi Libia, Egitto e Siria; chiudendo un occhio sugli alleati pachistani – primi amici dei Taliban -, sui finanziatori del Golfo, sull’Arabia Saudita e perfino limitandosi al solo embargo nei confronti del tanto vituperato Iran. E allora scusatemi ma “Je ne suis pas un con”.
Alvise Pozzi
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