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1914-18, UN CONFLITTO CHE VIENE DA LONTANO. di Luigi Francesco Pedrone

Il 28 giugno 1914 l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando, erede al Trono austro-ungarico, fece esplodere quella crisi europea che si era acuita nel triennio precedente, con i conflitti balcanici e la guerra italo-turca di Libia.
Il 23 luglio Vienna inviava un ultimatum a Belgrado, ritenuta mandante dell’attentato dei Sarajevo, che due giorni dopo lo respingeva, ritenendolo, in parte, lesivo della sua sovranità. Il 28 luglio, un riluttante Francesco Giuseppe, cedendo alle pressioni degli ambienti politici e militari favorevoli al conflitto, dichiarava guerra alla Serbia, provocando l’immediata discesa in campo delle Potenze dell’Intesa.
Chi sosteneva la necessità del conflitto prevedeva che sarebbe stato di breve durata e avrebbe portato a nuovi e duraturi equilibri tra le Potenze europee; all’opposto, c’era invece chi prevedeva una guerra lunga, che non avrebbe risolto la crisi che l’aveva generata ma sarebbe stata solo una inutile strage, come poi l’avrebbe definita Papa Benedetto XV.
L’Italia, alleata degli Imperi Centrali dal 1882, nel luglio del 1914, mentre annunciava la propria neutralità, motivandola col fatto che la “Triplice Alleanza” era un patto difensivo e che le ostilità erano state aperte da Vienna, già si volgeva verso Londra e Parigi per il suo ingresso nell’Intesa, preludio alla guerra contro l’Austria-Ungheria.
Dopo la denuncia della Triplice Alleanza, il 23 maggio 1915 l’Italia dichiarava Guerra all’Impero Austro-Ungarico, che nulla aveva eccepito sulla neutralità italiana e che non aveva attuato alcuna ritorsione nei riguardi di Roma. L’anno seguente, l’Italia dichiarerà guerra anche alla Germania.
Ma sono tutte note le cause e le finalità del conflitto, o ci sono aspetti che sono stati, volutamente, a lungo nascosti ?
Elena Bianchini Braglia, nel suo “28 giugno 1914 – Ferdinando e Sofia. La morte dell’Europa “ (Ed. ‘900Storia, Modena 2014), mette in evidenza il ruolo rivestito dalla Massoneria nel pilotare il processo politico e mediatico che doveva potare alla guerra; un conflitto necessario per progredire nell’edificazione di un’ Europa fondata su nazionalismi omologanti, negazione di quel pluralismo etnico e culturale su cui poggiava l’Impero sovrannazionale di Vienna, erede spirituale di quel Sacro Romano Impero che, reggendosi sull’unità delle pluralità, aveva governato l’Europa per otto secoli.
Un disegno, quello delle Logge, che veniva da lontano, dalla Rivoluzione francese, la cui gestazione era avvenuta nei circoli “illuminati” del XVIII secolo; cammino poi proseguito con le rivoluzioni liberali del secolo successivo (in Italia il Risorgimento), che vedevano nella Chiesa cattolica e nell’Impero Austro-Ungarico le uniche forze in grado di ostacolare il processo di ”omologazione”. Il tentativo, non risuscito, di ridurre al silenzio la Chiesa di Roma era già stato fatto il 20 settembre del 1870 (secondo il disegno delle forze repubblicane-radical-massoniche, la svaticanizzazione doveva proseguire con il definitivo sradicamento del cattolicesimo); era giunto il momento di abbattere l’altro ostacolo, l’Impero sovrannazionale, multietnico e multiculturale, incarnato dalla Monarchia asburgica, Monarchia cattolica perché fedele al Vescovo di Roma ma anche perché manifestazione di un universalismo antitetico ai nazionalismi omologanti.
E l’accanimento contro la Dinastia asburgica lo si vedrà dal trattamento riservato dai vincitori ai due sovrani sconfitti; a Guglielmo II di Germania, monarca protestante a capo di un Impero nazionale, fu concesso l’ esilio nella vicina Olanda e, come peraltro era giusto che fosse, non ci fu una viscerale ostilità verso la sua persona. Diverso fu il trattamento riservato all’ Imperatore Carlo I d’Austria, sovrano cattolico dell’ Impero sovrannazionale, che fu “deportato” in esilio all’isola di Madera e fatto oggetto del più duro ostracismo da parte delle Potenze vincitrici.
La marcia fu lunga e articolata; prima bisognava scardinare l’immagine dell’ Impero e della Dinastia e poi assestare il colpo finale. Il gran tessitore Camillo Benso di Cavour affermava che: “Bisogna perlomeno ottenere il risultato che l’Austria sia detestata da tutti, prima o poi questo odio darà i suoi frutti” (cfr. E. Bianchini Braglia, op. citata, pag, 32).
Come sempre, il solito “ calunniate, calunniate, qualche cosa resterà” !
L’annientamento del nemico, dunque, non solo la sua sconfitta; si doveva quindi inculcare la visione di un Impero liberticida, retrogrado e bigotto, incarnato nella Dinastia Asburgo-Lorenese, ultimo ostacolo alla costruzione della nuova Europa, “… un’Europa fatta di stati nazionali, democratici e anticlericali. Il più possibile simili tra loro. … L’Europa fredda e burocratica della Società delle Nazioni. Non l’Europa identitaria dei popoli” (cfr. E. Bianchini Braglia, op. citata, pag, 54).
Nel 1916, alla morte di Francesco Giuseppe, sale al trono il pronipote Carlo (verrà proclamato Beato da Papa S. Giovanni Paolo II, nel 2014); ed è verso questo giovane Imperatore, che vive la sua Autorità non come potere personale ma come servizio e si prodiga per giungere ad una rapida soluzione del conflitto, che si concentrano gli attacchi di quelle forze che, proprio con la guerra, miravano alla demolizione della Casa d’Austria e al completamento dell’Europa degli stati nazionali, antitetica all’Europa dei Popoli (infatti, ci fu poi Versailles e sappiamo tutti come andò a finire).
Si noti che nel novembre del 1916, quando inizia il regno di Carlo I, la guerra era in una situazione di stallo e gli Imperi Centrali non erano ancora piegati, per cui Carlo I non implorava la pace da sconfitto ma chiedeva la pace; tentativo soffocato sul nascere da quelle forze, più o meno coperte, che si sarebbero fermate solo dopo la totale distruzione dell’Impero danubiano.
Che l’annientamento dell’Austria-Ungheria fosse stato pianificato attraverso la guerra è attestato dalle affermazioni di protagonisti della politica del tempo. Philippe Berthelot, allora Segretario Generale del Ministero degli Esteri francese, durante una conversazione con un diplomatico belga, nel 1920, rispondendo a quest’ultimo che osservava come il totale annientamento dell’Impero Asburgico avesse indebolito tutto il quadro europeo e si chiedeva perché si fosse giunti a tanto, dichiarava serenamente che “la distruzione dell’Austria fu lo scopo principale della nostra guerra” (vd. E. Bianchini Braglia–op. citata, pag. 54).
E l’influenza della Massoneria sui Governi francesi del tempo è nota, si pensi a Clemanceau, Primo Ministro dal 1917 al 1920, che era un Maestro Venerabile.
Ernesto Nathan, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1896 al 1904 e dal 1917 al 1919, in un discorso tenuto a Roma il 21 aprile 1918 ribadiva l’obbligo, per ogni massone, “di obbedire agli ordini legittimi della Autorità Massoniche regolari” . (cfr. Mario Carotenuto, Carlo I d’Austria e la pace sabotata. Ed. Fede&Cultura-Verona 2010); pertanto, dal momento che l’annientamento della Monarchia asburgica rientrava nei disegni delle Logge, si può ben intuire l’influenza esercita dai “Fratelli” inseriti nei centri di potere avversi all’Impero e, conseguentemente, anche l’azione esercitata dalla Massoneria italiana per l’intervento dell’Italia a fianco dell’ Intesa; la stessa Massoneria che aveva guidato il processo risorgimentale italiano e che ora, nel conflitto, vedeva il completamento di quel percorso.
Durante un Convegno organizzato dal Grande Oriente d’Italia nel settembre del 1988, a Torino, Aldo Mola, Direttore del Centro per la storia della Massoneria, ha spiegato che “ la massoneria aveva voluto la grande guerra perché riteneva suo compito storico la dissoluzione dell’Impero Asburgico”; la stessa volontà di distruzione espressa da Lord Palmerston, Primo Ministro di Sua Maestà Britannica, nel lontano 1849 (cfr. E. Bianchini Braglia, op. citata, pag. 56).
L’Impero cattolico, quindi, non doveva essere solamente sconfitto sul campo di battaglia ma doveva essere definitivamente cancellato e doveva sparire definitivamente anche quell’ Europa dei Popoli, sulla quale gli Asburgo avevano vegliato per secoli.

Luigi F. Pedrone

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