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AB AETERNO . IL CRISTO, IL SOLE, IL CRISTO-SOLE. di Adolfo Morganti

Con questa formula laconica ed immaginifica Franco Cardini, nel suo celebre Il libro delle feste. Il Cerchio sacro dell’anno, introduce quello che definisce «lo statuto simbologico cristiano», definendolo «…improntato alla solarità» (p. 101).

Volgendo lo sguardo al significato attuale del Natale cristiano, questo presupposto appare fondamentale. A dire il vero, basterebbe girare per le mille città dell’Italia profonda per vedere inciso sulle architravi delle case un simbolo che parla di ciò meglio di ogni trattazione: un disco solare raggiato, con al centro il trigramma IHS, che rimanda a Gesù Cristo Salvatore. Sappiamo bene che fu quel grande predicatore e riformatore francescano del XV secolo di San Bernardino da Siena a fissare nel simbolo questa solarità cristica: e lungi dall’inventare qualcosa di nuovo, egli fu solamente l’ingegno che riuscì a sintetizzare in maniera iconica immediata un nesso istintivamente caro e chiaro alla Christianitas: il suo immediato ed immenso successo si spiega solamente così.

L’immediata sovrapposizione fra il Cristo e il Sole possiede d’altronde una storia culturale lunga e profonda: durante i primi secoli del Cristianesimo, sia quelli delle persecuzioni che quelli, successivi, della compenetrazione nelle istituzioni dell’Imperium Romanorum, il confronto spirituale fra la nuova fede ed i culti tradizionali procedette serrato, in uno scambio vicendevole che ancor oggi stupisce.

In primo luogo fu l’eliocentrismo del linguaggio mistico-filosofico ellenistico, fiorente già agli inizi del III secolo, a penetrare nella nascente filosofia cristiana attraverso la mediazione degli Apologisti e dei Padri della Chiesa; nel contempo il diffondersi nell’Impero di scuole filosofiche come lo stoicismo accentuava un clima “ecumenico” in cui il “Monoteismo imperiale” (ad esempio, di un Imperatore lungimirante come Aureliano) accentrato attorno al parallelo evidente fra il Sol Invictus e lo stesso Imperatore, si poneva come luogo di sintesi di un vasto novero di esperienze religiose sia classiche che orientali. Se è vero che il Cristianesimo, così come il Mithraismo, si diffusero in tutto l’Impero lungo le strade e sulle gambe delle Legioni, entrambe queste due religioni d’origine orientale nel diffondersi si permearono a loro volta di questo clima culturale e spirituale.

Ad esempio Tertulliano, uno fra i Padri meno incline a condividere con entusiasmo i valori della cultura ellenistica precristiana, nel suo Ad Nationes già ci attesta che «Altri… ritengono che il Dio cristiano sia il sole, poiché è un fatto notorio che noi preghiamo orientati verso il sole e che nel giorno del sole ci diamo alla gioia, a dir il vero per una ragione del tutto diversa dall’adorazione del sole».

Per cui, dal momento in cui il Cristianesimo divenne lecito e poi dominante, esso non nasconderà di condividere profondamente questo carattere solare con altre esperienze religiose coeve: nelle raffigurazioni del Cristo Pantokrator, nell’utilizzo – frequentissimo nella scultura cristiana dei primi secoli – di simboli solari antichissimi mescolati al Chrismon, il CHI-RO intrecciato in soluzioni grafiche dall’evidente simbolismo solare esso stesso, alla stessa apologia degli Imperatori cristiani, non certo divinizzati come prima del 313, ma indicati al popolo come Typus Christi.

Né questa fu una moda transitoria legata alle sorti dell’Impero Romano d’Occidente: basti rammentare come San Francesco d’Assisi nel suo Cantico delle Creature scrivesse che Frate Sole: «de te, Altissimo, porta significazione».

Ed è lo stesso calendario che ci conferma la lunghissima durata di questo statuto solare del cristianesimo: sempre Cardini ci ricorda che «Nello zodiaco cristiano, Gesù Cristo e Giovanni Battista occupano i quattro cardini dell’orbita solare. Concepito tradizionalmente nell’equinozio d’autunno, Giovanni nasce nel solstizio d’estate; concepito nell’equinozio di primavera, il Cristo nasce nel solstizio d’inverno».

Di più: dal 25 dicembre al 6 gennaio, nei dodici giorni tra Natale ed Epifania, la tradizione cattolica ha compendiato nel suo ciclo santoriale la sua stessa storia: il 25 è Natale, il 26 si venera Santo Stefano, il protomartire; il 27 è San Giovanni Battista; il 28 si festeggiano i Santi innocenti; il 31 San Silvestro papa, colui che secondo la tradizione battezzò Costantino e con lui l’Impero; il 1° gennaio si solennizzava la Circoncisione di Cristo, ossia la prima effusione del Sangue divino; il 6, l’Epifania, celebra l’aperta manifestazione della divinità e della regalità di Gesù Cristo.

Inoltre, mentre l’antica usanza delle Chiese orientali di celebrare il Natale il 6 gennaio si collegava a culti precristiani precedenti, ad esempio in Alessandria, il 25 dicembre come festa della Natività sembra avere un’origine strettamente legata alla città di Roma, ed all’indizione da parte di Aureliano della medesima data come festa del Natalis Solis Invicti. Dal IV secolo i calendari del tempi ci comprovano come la festa del Sole Invitto fosse diventata quella del Natale di Gesù.

In questo senso è verissimo che la festa del 25 dicembre è «Non solo solstiziale, non solo romana, ma anche romanocentrica» (idem). Da Roma, centro della Chiesa, lentamente la festa del 25 dicembre si diffuse nell’Oriente cristiano, e poi fra i popoli celto-germanici (nuovamente da essi assorbendo istanze e bisogni spirituali, e donando risposte e certezze), e poi…

Insomma, per riprendere il titolo folgorante di un saggio cardiniano di qualche anno fa, “e il Sole Invitto si chiamò Gesù”.

Ogni 26 dicembre, finito il cenone e concluso lo spazio e il tempo che destiniamo al culto, usciamo un poco dall’ovvio e pensiamoci un poco. Pensiamo un poco al racconto dei Re Magi ed al suo significato. Torniamo alle radici di noi stessi.

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