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VICENDA MARO', UN MARE DI ABUSI. INTERVISTA A GIUSEPPE PACCIONE. A cura di Gennaro Grimolizzi.

Nonostante il rientro in Italia di Salvatore Girone i rapporti con l’India restano difficili

A cura di Gennaro Grimolizzi.

Il ritorno in Italia del fuciliere di Marina Salvatore Girone è l’inizio di una nuova fase dei rapporti tra Italia ed India, che, comunque, non si concluderà presto senza escludere colpi di scena. Ai due Marò Giuseppe Paccione, esperto di diritto internazionale, ha dedicato un saggio molto interessante: “Un mare di abusi” (Adda Editore). L’autore ha chiarito diversi concetti sul diritto del mare, la delimitazione giurisdizionale dell’India sul mare, il contrasto tra ordinamento internazionale e quello dell’Unione d’India. Ampio spazio è dedicato all’incidente avvenuto nel febbraio 2012 in cui sono morti due pescatori indiani e per il quale sono stati accusati Salvatore Girone e Massimilano Latorre all’epoca dei fatti sul mercantile Enrica Lexie, battente bandiera italiana.

Giuseppe Paccione, il fuciliere di Marina Salvatore Girone finalmente è rientrato in Italia. Si può parlare di successo?

“Non direi, per il mero fatto che in realtà si è trattato di un intervento del Tribunale arbitrale del mare, attraverso l’adozione dell’ordinanza emessa a fine aprile, affinché entrambi gli Stati intraprendessero una collaborazione per ragioni umanitarie nei riguardi del fante della Marina militare Salvatore Girone e non un atto di giustizia.”

La vicenda dei due Marò si distingue per un “mare di abusi” che si sono perpetrati dal febbraio 2012 ad oggi…

“Certamente! Abusi posti in essere da uno Stato sovrano e indipendente e membro della comunità internazionale, cioè l’Unione d’India. È ben noto, lasciatemi passare questa brutta e poco consona espressione, la strafottenza delle autorità indiane di mancanza di rispetto delle norme di diritto internazionale, in particolar modo, quello del mare, facendo prevalere la caparbietà e l’arroganza di far prevalere il proprio ordinamento interno su quello internazionale, violando la ben nota regola “pacta sunt servanda”.”

Perché, secondo lei, tante ritrosie da parte dell’Italia nelle fasi immediatamente successive alla morte dei pescatori indiani e anche dopo?

“Domanda da porre ai tre governi, in particolar modo quello di Monti, ma cerco di rispondere. Le ragioni possono essere tante come quella di non intaccare nei rapporti commerciali ed economici con l’India, data la presenza di molte grosse ed importanti imprese pubbliche e private, dove l’Italia ha un ottimo fatturato, onde evitare forme di rappresaglie o ritorsioni nei riguardi del nostro Paese attraverso ricadute sui rapporti, per l’appunto, di tipo commerciale ed economico.”

In Italia, cosa molto rara, il ministro degli Esteri dell’epoca, Giulio Terzi, si dimise per le troppe ambiguità del governo Monti nella vicenda di Girone e Latorre.

“Infatti, l’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi rassegnò le dimissioni nelle mani del Parlamento italiano e non in quelle del governo, gesto che voleva indicare che in Italia l’unico sovrano vero è il popolo italiano. L’ambasciatore Terzi, sin dall’inizio di questo epilogo assurdo e vergognoso, aveva chiesto al collegio dei ministri e allo stesso primo Ministro Monti di intraprendere immediatamente la via dell’arbitrato internazionale del mare, e non dopo quasi quattro anni. Dicitur, meglio tardi che mai! Intanto, due famiglie italiane continuano ancora a vivere nell’incubo di non sapere ancora quale sarà il destino dei due padri e mariti. Emblematiche le parole dell’ex ministro Terzi in una intervista al quotidiano “Il Giornale”, il quale ha evidenziato che la vicenda dei due Marò “è stato un disastro diplomatico e politico, in cui la dignità dell’Italia è stata calpestata nell’indifferenza di chi doveva difenderla”.”

Il Tribunale arbitrale farà definitivamente chiarezza sui fatti del febbraio 2012. Ci sarà anche la possibilità di una normalizzazione delle relazioni tra Italia ed India?

“È utile precisare che i giudici arbitrali del mare, che sono soltanto cinque, dovranno determinare a chi compete la giurisdizione. Il lungo e complesso “braccio di ferro” fra l’Italia e l’Unione d’India ha danneggiato e continua ancora a danneggiare le relazioni, comprese quelle economiche. Si pensi ad una commessa di 300 milioni di dollari per l’acquisto di armi dall’Italia che il Ministero della Difesa indiano ha cestinato qualche giorno fa, e per i prossimi due o tre anni, il periodo della durata dell’arbitrato, è arduo prevedere un immediato e completo disgelo, per la ragione che si sta entrando in una fase molto complessa e, direi, delicatissima. È opportuno che entrambi gli Stati manifestino prova di collaborazione e docilità al fine di evitare di rendere ancora più aspra tale controversia. A mio parere, sarebbe interessante se sia il nostro Paese sia l’Unione d’India percorressero la strada del negoziato a livello diplomatico, che porterebbe ad una soluzione celere della disputa senza dover attendere l’esito del Tribunale arbitrale del mare.” 

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