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IL SISTEMA BANCARIO È IN CRISI? INTERVISTA AL PROF. ANTONIO RINALDI. A cura di Claudio Giovannico.

Di recente, il sistema bancario italiano è stato oggetto di alcune rilevanti vicende, dalle quali è emerso un carattere di instabilità. Emblematico è l’episodio del “salvataggio” delle quattro banche italiane in difficoltà (Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti), a tutt’oggi ancora non del tutto risolto, soprattutto in riferimento al dramma vissuto dai tanti piccoli risparmiatori italiani, che hanno visto andare in fumo d’un sol colpo il frutto dei sacrifici di una vita intera. A ciò si è aggiunta l’entrata in vigore, lo scorso Gennaio, della normativa sul “bail-in”, che aumenta lo stato d’animo di incertezza dei risparmiatori, minandone ulteriormente la fiducia verso il sistema creditizio.
Domus Europa ha il piacere di approfondire l’argomento grazie al prezioso commento del Prof. Antonio Rinaldi, economista e docente presso l’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti e Pescara.

a cura di Claudio Giovannico

Professor Rinaldi, partiamo dalla recente introduzione nell’ordinamento italiano della normativa sul “bail-in”. Potrebbe spiegare ai nostri lettori di cosa si tratta?

“La riforma relativa al c.d. bail-in ha origine in quel determinato orientamento, tipico dell’Unione Europea, che cerca in tutti i modi di trasferire i doveri, generalmente, propri di uno Stato – in questo caso degli Stati membri – ai depositanti, vale a dire ai cittadini e alle imprese. Mentre in passato, in Italia, il sistema creditizio era garantito dal sistema bancario stesso, per mezzo di interventi della Banca d’Italia, di salvataggio delle banche dal fallimento, al fine di non provocare alcun nocumento per l’economia nazionale così come per i singoli risparmiatori, adesso, con l’entrata in vigore della normativa europea non è più previsto l’intervento, sotto qualsiasi forma, da parte dello Stato. I soggetti che vengono invece interessati dal salvataggio sono, in ordine, gli azionisti, gli obbligazionisti subordinati e infine i depositanti. Proprio in riferimento a questi ultimi, tale procedura di riforma assume connotati che potremmo definire anomali.”

In cosa consisterebbe tale anomalia?

Quando i maggiori organi di informazione affermano, in merito ai depositi bancari fino a 100mila Euro, che questi sono garantiti e che non è previsto il loro coinvolgimento nelle operazioni di salvataggio della banca in dissesto, viene detta una grave inesattezza. Il Fondo Interbancario Tutela Depositi, che è un fondo costituito da altre banche e destinato al soccorso degli istituti in difficoltà, copre, difatti, solo lo 0.4% dell’intero monte depositi degli italiani. Quindi, se una banca grande dovesse sforare questo dato, o laddove si dovesse creare un effetto domino fra vari istituti, il Fondo Interbancario Tutela Depositi non sarebbe più in grado di tutelare niente e nessuno.

Cosa lega la vicenda del salvataggio di Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e CariChieti al “bail-in”? C’è chi ha detto che sia stato messo in atto una “sorta” di bail-in, nonostante non fosse ancora entrato in vigore.

Il Governo Renzi ha giustificato la manovra relativa al c.d. “decreto salva-banche”, del 22 novembre 2015, asserendo che, attuando il salvataggio prima che entrasse in vigore il regime di bail-in, ha potuto in tal maniera tutelare perlomeno i correntisti. A mio avviso, invece, proprio perché il bail-in non era ancora in vigore, Renzi avrebbe dovuto e potuto, senza alcun problema, indurre la Banca d’Italia a trovare una soluzione interna, evitando che tale misura gravasse su quei cittadini che avevano, in maniera più o meno inconsapevole, sottoscritto queste obbligazioni subordinate, senza sapere che cosa fossero nello specifico. Aggiungo, inoltre, che Renzi, alla luce dell’attuale scenario economico italiano ed europeo, di certo non felicissimo, avrebbe dovuto sospendere l’applicazione del bail-in, per mezzo di una moratoria. A chi eccepisce che un simile comportamento avrebbe condotto ad una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea è bene ricordare che gran parte dei Paesi dell’Unione potrebbero essere oggetto di procedure di infrazione di tale o di diverso tipo. Ad iniziare proprio dalla stessa Germania che da ben otto anni infrange sistematicamente il surplus della bilancia dei pagamenti prevista dai trattati per il 6%, superandolo di due punti percentuali. Lo stesso vale, altresì, anche in altri settori. Basti pensare a quanto avvenuto di recente con lo spazio-Schengen, che è un po’ il presupposto del funzionamento del mercato unico, interpretato da tanti Paesi a seconda delle proprie esigenze e dei propri interessi.

In questi giorni si fa un gran parlare in merito alla questione dei c.d. “non performing loans”, vale a dire i crediti deteriorati. Con esattezza, cosa si intende con tale espressione?

I crediti deteriorati sono quei crediti che la banca non riesce più a far rientrare. Nella vicenda del salvataggio delle predette quattro banche italiane è accaduto che le tre maggiori banche del nostro Paese si sono fatte carico di un “prestito ponte” per poter finanziare la “Bad Bank” all’interno della quale dovrebbero confluire, nel progetto del governo, tutti i crediti deteriorati. Nello specifico questi crediti verrebbero acquistati, da parte della “Bad Bank”, per un prezzo di 17,5 centesimi per ogni Euro di credito deteriorato, quando invece è noto che la media per l’acquisto di crediti deteriorati si attesta intorno ai 24/25 centesimi. Pertanto, se avessero applicato questi ultimi parametri, molto probabilmente, gran parte dei sottoscrittori delle obbligazioni subordinate, i quali hanno perso completamente tutto, avrebbero conservato qualcosa del proprio patrimonio. Viene, pertanto, da chiedersi perché mai gli organi preposti al controllo non abbiano fatto niente in tutela del risparmiatore. Non mi meraviglierei certo se domani questa “Bad Bank”, con la consueta scusa dell’urgenza, venda ai soliti noti questi crediti a 0,24/0,25, conseguendo una plusvalenza a danno dei poveri risparmiatori.

Eppure, nonostante tutto questo, Renzi asserisce che il sistema bancario italiano resta solido. Quale il suo giudizio in merito?

La solidità del sistema bancario è in funzione della fiducia dei depositanti nel sistema stesso. Mai come in questo momento tale fiducia è stata minata. Nel momento in cui questa viene meno, conta poco avere una solidità di bilancio di una banca. Tale fiducia è alla base del risparmio così come tutelato dalla Costituzione italiana, sotto ogni forma, includendo pertanto anche la forma azionaria. È necessario dunque che ci siano delle istituzioni preposte a garantire il cittadino. Tuttavia, non mi pare che questi organismi si siano attivati in questo senso. Mi auguro, pertanto, che la magistratura indaghi in questa direzione e che i responsabili rispondano delle proprie condotte.

Domus Europa ringrazia il Prof. Rinaldi per la sua disponibilità e per le interessanti risposte fornite.

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