Dal 2007 la crisi economica globale ha portato alla luce lo “spauracchio” del Debito Pubblico. In cosa consiste realmente e quali sono le cause che lo rendono un problema di così urgente soluzione? Ne parliamo con il dott. Normanno Malaguti, autore del libro “La Moneta debito”, Il Cerchio, 2012.
– A Cura di Nicolò Dal Grande –
Nella sua opera, “La moneta debito”, analizza come gli Stati siano stati privati della propria sovranità monetaria e quanto ciò abbia inciso nella creazione del suddetto “Debito”. In cosa consiste realmente la “moneta debito” e quali sono i legami con l’attuale crisi economica?
“La crisi economica globale è provocata dal sorgere e dall’espandersi del Debito Pubblico, che è una tragica realtà e non uno spauracchio. Infatti questo debito nasce dalla perdita da parte degli Stati di quella sovranità monetaria che costituisce la prima e più qualificante delle prerogative degli Stati sovrani. Il suo insorgere trae origine dall’invadenza dei potentati finanziari/bancari, almeno dalla seconda metà del XVII sec
Col crollo dell’Impero Romano, con l’affermarsi della Chiesa, i prestiti ad interesse vennero condannati severamente dall’autorità ecclesiastica, ma con il mercantilismo, ripresero la loro attività, ancorché in parte frenati dall’ordine Francescano che nel XIII e XIV secolo soccorse la povera gente preda degli strozzini, istituendo i Monti di Pietà e i Monti Granari.
Ma i grandi banchieri usurai presero a concedere prestiti alle famiglie più cospicue, impegnate in importanti operazioni mercantili, indi a quelle nobiliari storiche, infine a quelle poste ai vertici degli Stati, che si impegnarono finanziariamente in modo sempre più imponente.
Fu così che gli Stati cominciarono a contrarre enormi debiti con le banche per sostenere le grandi spese da affrontare in occasione di gravose imprese di difesa o di aggressione, rivelatesi spesso, sotto il profilo finanziario, infruttifere e disastrose.
Sotto la pressione di ben dissimulati ricatti da parte degli esosi creditori, gli Stati si risolsero ad accordare ai prestatori la facoltà, ancorché in modo sapientemente dissimulato, della stampa autonoma di monete cartacee (notes of bank) o banconote a corso legale, autorizzate dagli Stati stessi.
Tali biglietti di banca furono, prima parzialmente poi progressivamente, privi di qualunque copertura reale e pertanto privi di costi.
E da quei lontani anni ed in occasione di congiunture particolarmente sfavorevoli per gli Stati debitori, che le banconote giunsero ad acquistare, all’interno degli Stati indebitati, tale popolarità psicologica, da avere aggio sull’oro.
Questo si verificò, per esempio nei confronti della Repubblica di Venezia e del Regno Unito, al tempo di Guglielmo Orange Nassau e, via via in altri stati Europei ed infine, a partire dall’ultimo scorcio del XVIII sec., fino ai giorni nostri, negli Stati Uniti d’America.
Con l’avvento dell’Unione Europea, lungamente coltivata dall’usurocrazia internazionale, si verificò la perdita da parte della maggioranza degli Stati più importanti, del controllo efficace sulla loro banca di Stato che, pur conservandone il “patronimico”, se ne erano svincolate, anche prima di tale evento, vedasi per tutte la cosiddetta Banca d’Italia che, con le manovre dei Guido Carli, Romano Prodi e Beniamino Andreatta, rimase d’Italia soltanto di nome.
Gli ultimi Biglietti di Stato Italiani a corso legale, furono quelli da lire 500 che cessarono la loro validità nel 1985.
Qui mi preme rimarcare, quanto mirabilmente affermava il professor Giacinto Auriti, e cioè che il danaro non produce reddito per coloro cui spetterebbe di diritto, vale a dire per la collettività dei cittadini, che accettandolo come mezzo di pagamento, in previsione di cederlo a loro volta, come mezzo di pagamento, gli conferiscono il valore convenzionale che gli è proprio.
È così che tali titoli monetari di costo nullo, per giunta gravati d’interesse, costituiscono il debito Pubblico degli Stati, segnatamente quelli facenti parte della Comunità Economica Europea, che è sotto l’interessato e praticamente inappellabile giudizio ricattatorio delle compagnie di Reating, che sono strumenti dei maggiori potentati bancari del mondo.
Una felice eccezione in atto, è Il Regno di Norvegia:
Nell’Agosto del 1971, Richard Nixon a Camp David dichiarò, arbitrariamente e in violazione dei patti sanciti nell’Agosto a
Bretton Wood, che il dollaro non era più convertibile in oro. Contestualmente la moneta statunitense continuò ad essere emessa dagli USA ed accettata in tutto il mondo che continuò ad indebitarsi con gli Stati Uniti.
Il Governo norvegese invece, saggiamente, stabilì che si sarebbe avvalsa della propria moneta sovrana: la Corona Norvegese, senza indebitarsi con l’estero.
Non per nulla oggi il regno di Norvegia è riconosciuto, sotto il profilo economico, il più prospero del mondo.
Lo stesso discorso vale per la Libia che, al tempo dell’esecrato Muhammar Ben Geddafi, disponendo di moneta sovrana, era il più prospero degli Stati africani.
Una cosa intollerabile, per l’usurocrazia internazionale, tanto più che il ‘despota’ stava lavorando per convincere altri governi del continente nero ad adottare il sistema che egli aveva instaurato nel proprio…. E furono le… ‘Primavere Arabe’….”
Qual è stato il suo rapporto con il compianto prof. G. Auriti e, alla luce della storia contemporanea, quali tesi del professore hanno riscontrato la propria validità?
“Conobbi il prof. Gicinto Auriti nel 1968, attraverso i fratelli Adelchi e Piero Perissinotto, il primo dei quali era segretario di Auriti quando ancora insegnava alla Sapienza di Roma.
Ciò che egli affermava era così avulso dalle mie esperienze che faticai diversi mesi per convincermi della veracità dei suoi assunti, ma, con l’andar del tempo assistendo a sue conferenze e a sue lezioni me ne persuasi profondamente.. In pochi anni si strinse fra noi una stretta e leale amicizia.
Ebbi modo, attraverso alcune mie amicizie di fargli tenere diverse conferenze presso lo Studio Domenicano di Bologna, al locale Circolo della Stampa, presso il Palazzo Montanari in Bologna.
Assistetti a sue numerose lezioni e conferenze, dopo che egli era stato nominato Direttore dell’Istituto di “Teoria Generale del Diritto” dell’Università Gabriele d’Annunzio di Teramo di cui era stato cofondatore con Mons. Angelini Camerlengo di S. Romana Chiesa e con altri valenti docenti universitari.
Rimanemmo in stretto cordiale contatto finito al tempo della Sua ultima malattia, e con la sua famiglia per diversi anni dopo la sua dipartita, avvenuta nell’Agosto del 2006.
Debbo dire che, purtroppo, Auriti fu veramente profeta quando paventava il disastro, non soltanto economico, che incombe sull’Italia l’Europa e la Chiesa.”
Quale soluzione proporrebbe oggi per uscire da questa crisi che, al di là dell’ottimismo politico, sembra non avere fine?
“Per ciò che riguarda l’economia, ritengo che,per uscire dalla crisi,occorra liberarsi della morsa dell’euro e riappropriarsi della proprietà monetaria, mai attuata realmente, eccezione fatta per il periodo della R.S.I., quando la moneta era veramente di proprietà dello Stato, talchè al termine del disastroso conflitto, nell’Aprile del 1945, nelle casse dello Stato si trovò un attivo di settanta miliardi di lire.”
Domus Europa ringrazia il dott. Malaguti per la disponibilità.