Il fenomeno immigrazione, a parte le polemiche innescate da mons. Galantino (un principe della Chiesa che sembra ignorare il Catechismo della Chiesa cattolica e si nasconde dietro un linguaggio che neanche un maggiordomo – forse uno stalliere non si era mai visto, ma anche questo è un segno dei tempi) pone due problemi che esigono soluzioni in termini concreti, cioè politici. Quindi di competenza dei governi.
Da un lato si tratta di disciplinare il fenomeno, il che, nella situazione attuale dell’Italia (e anche dell’Europa), significa anzitutto ridurre il flusso in modo da rendere possibile un’accoglienza che non sia soltanto formale e per finta.
Dall’altro, occorre ridurre al minimo, fino ad eliderle, le morti e le sofferenze di chi fugge dalla guerra e dalle persecuzioni o anche soltanto (soltanto?) dalla fame e dalla miseria.
Al momento, forse anche a causa del diminuito potere dei governi nazionali, che hanno stupidamente sacrificato notevole parte della sovranità dello Stato a favore di stupidi e inetti (nel migliore dei casi) organismi internazionali, sembra pressoché impossibile (anche se è difficile rassegnarsi) risolverli entrambi. Tuttavia è assolutamente intollerabile una situazione come quella che viviamo in Italia, grazie
ad un governo, che non risolve né l’uno né l’altro, se addirittura non li aggrava.
La situazione che viviamo è quella di un’immigrazione selvaggia interamente gestita a scopi di lucro (se non peggio) da organizzazioni criminali e di un governo che tiene in via di principio chiusi i confini ai cosiddetti migranti economici (cioè da miseria), ma sostanzialmente accoglie tutti e non respinge nessuno. Evidentemente nel sistema c’è qualcosa che non funziona se l’unico criterio di riduzione
dell’accoglienza è dato dalle morti in mare.
Il nostro ministro dell’interno ci ha informato che i migranti sbarcati in Italia nei primi sei mesi del 2015 sono stati mille in meno che nello stesso periodo del 2014. Tuttavia, a fare i conti, la riduzione è dovuta al maggior numero dei morti, annegati in mare o asfissiati nelle sentine dei barconi (almeno 2.300 per non parlare di quelli, sconosciuti e incalcolabili, che la vita l’hanno perduta prima, nelle savane e nei deserti o sulle insanguinate spiagge della Libia). Un criterio di selezione e riduzione dato in appalto alla morte dalla colpevole incapacità dei governi. Assolutamente intollerabile, così come sono
inaccettabili gli ipocriti piagnistei dei politici e dei mass-media, che nemmeno riescono a nascondere del tutto l’inconfessabile soddisfazione perché, dopo tutto, grazie alla Signora della falce c’è qualche migrante in meno cui provvedere.
Allora l’alternativa è semplice: o si ha la volontà e la capacità di accogliere solo chi secondo le regole ha diritto all’asilo (e con la rapidità delle decisioni e dell’attuazione lo si rende evidente e chiaro a tutti) oppure si trattano i migranti come normali viaggiatori, esattamente come tutti quelli che sbarcano nei nostri porti utilizzando le navi di linea e i traghetti, oltre tutto molto meno costosi dei gommoni sgonfi e dei pescherecci fuori uso degli scafisti. Quanto al diritto di permanenza, si vedrà poi. Per altro esattamente come oggi.
In questo modo non si saranno risolti i problemi dell’immigrazione di massa, evidentemente di troppo superiori alle capacità del governo (a proposito che fine ha fatto il piano B ripetutamente annunciato da
Renzi nelle sue esternazioni di inizio estate?), ma almeno si sarà posto un freno all’orrendo tributo di sangue.
F.M. Agnoli