Nella lingua italiana corrente esiste una particolare espressione, un modo di dire: “perdere la Trebisonda”. Seppur utilizzata sempre meno, indica lo stato di essere confusi, disorientati. Come tutti i detti ha una propria origine, nel caso particolare un’origine di natura storica; esso si lega all’antica Trebisonda, importante porto commerciale sito nel Ponto sulle sponde del Mar
Nero, e, secondo diverse interpretazioni, richiamerebbe la tragica caduta della città per mano ottomana nel 1461, privando i mercanti europei di un importante “faro” e punto d’appoggio sulle rotte commerciali euroasiatiche.
Colonia greca di Mileto, fondata nell’ VIII secolo a.C., l’antica Trapezunte rientra di diritto tra quelle realtà urbane che nel corso della storia delle civiltà occuparono un posto di primo piano. Polis greca, città persiana ed ellenistica, successivamente romana e poi bizantina, Trebisonda giocò sempre un ruolo chiave nei commerci mediorientali; l’età bizantina in particolare rappresentò il momento di massimo splendore ma, per un curioso destino, l’apice coincise proprio con il momento più buio di quello che fu l’Impero romano d’Oriente, quando Costantinopoli cadde sotto i colpi delle truppe crociate.
Voluta fortemente da papa Innocenzo III (1161-1216 d.C.), la quarta crociata (1202-1204 d.C.) organizzata per la riconquista della Terra Santa, fu abilmente manovrata dal governo veneziano che, in cambio dell’usufrutto della flotta per il trasporto, era riuscito a garantirsi l’appoggio militare nella riconquista della ribelle Zara in Dalmazia (1202); inaspettatamente però la spedizione finì col rimanere coinvolta nella contesa del trono bizantino, retto dalla dinastia degli Angeli, al tempo protagonisti di una crudele lotta intestina che aveva portato alla detronizzazione dell’imperatore Isacco II (1156-1204 d.C.) e all’ascesa di Alessio III (1153-1211 d.C.). Ingolositi dalle promesse, i crociati decisero di appoggiare il figlio di Isacco, Alessio IV Angelo (1182-1204 d.C.), insediato lo nel 1203. La contesa si risolse con una rivolta popolare che portò alla cacciata di Alessio IV in favore dell’ascesa di Alessio V Ducas (1140-1204 d.C.) ma anche alla reazione crociata, specie veneziana: Costantinopoli fu assediata e devastata. L’Impero d’oriente crollò, spartito tra veneziani e crociati. Sorsero l’effimero Impero latino d’oriente e il dominio coloniale veneziano; ciò che rimaneva dell’Impero bizantino si raccolse in tre piccoli Regni: l’Impero di Nicea, retto dalla dinastia dei Lascaris e destinato nel 1261 a riconquistare con la dinastia paleologa Costantinopoli e la Grecia per l’ultima fase bizantina; il breve despotato d’Epiro in mano ai deposti Angeli, rapidamente inglobato dalle forze di Nicea, e l’Impero di Trebisonda, retto dalla dinastia dei “Grandi Comneni”.
Sebbene di piccolissime dimensioni, nonostante una rapida quanto temporanea espansione ai danni dei territori di Nicea, l’Impero di Trebisonda si distinse tra i rimasugli del mondo bizantino per una prosperità economica assolutamente invidiabile, grazie alle miniere d’argento presenti sul proprio territorio e, soprattutto, per la strategica posizione commerciale che lo rendeva, contemporaneamente, uno dei termini principali sia del commercio navale tra Mediterraneo e Mar Nero, attivissimo grazie all’espansione commerciale delle cosiddette “Repubbliche marinare” di Genova e Venezia, sia della cosiddetta “via della seta”, ovvero quell’intricata rete di vie, percorsi e rotte commerciali che dalla Cina giungevano sino ai mercati europei. In merito di grande importanza fu la caduta di Baghdad per mano dei tartari (1258); Trebisonda toccò all’ora l’apice, sfruttando la chiusura dei mercati del Golfo Persico in favore delle vie persiane che da Tabriz sboccavano nel Mar Nero proprio dal suo porto. Sotto il governo dell’imperatore Alessio III Comneno (1349-1390 d.C.) la città divenne inoltre un dei centri culturali più prestigiosi.
Una sorprendente ascesa dunque, malgrado il colpo mortale del 1204 subito dal mondo bizantino. Un’ascesa che parallelamente trova una curiosa analogia con Venezia, all’epoca al principio della propria ascesa che nel corso di un paio di secoli l’avrebbe resa una delle principali potenze economiche e politiche del Mediterraneo.
Tra Venezia e Trebisonda esistette un curioso parallelismo, malgrado la lontananza tra le due città. In comune vi fu in primis l’originaria appartenenza al mondo bizantino; se la città del Ponto ne fece parte come conseguenza naturale al mutamento storico che vide l’Impero romano dividersi in due parti e quella orientale, a sua volta, divenire l’Impero bizantino, Venezia a sua volta sorse a causa del progressivo collasso della Pars Occidentis e dalla fuga delle genti venete in laguna, spinte dalla pressione delle scorrerie dei cosiddetti popoli “barbari”; sarebbe sorto un piccolo ma tenace ducato lagunare che sin dalle origini si legò a Bisanzio, respingendo ogni tentativo di conquista del vicino Sacro Romano Impero di età carolingia, sino a quando non iniziò progressivamente a rendersi autonomo dall’oriente bizantino, contribuendo a provocarne inaspettatamente la caduta nel 1204.
Una caduta che significò per Venezia la conquista del proprio dominio coloniale, dalle coste della Grecia occidentale sino agli stretti dei Dardanelli e del Bosforo, e per Trebisonda l’inizio di una propria e prospera indipendenza da Costantinopoli, seppur rivendicandone il trono.
Fu il momento in cui le due città videro le proprie strade incrociarsi in più occasioni; gli intensi traffici commerciali veneziani nel Mar Nero, alla cerca di grano e spezie, garantirono il sorgere di stretti rapporti con il governo dei Comneni, seppur non sempre idilliaci. Marco Polo fu tra i mercanti marciani che visitarono la città. Non mancarono rapporti di appoggio bilaterale fra le parti dovute all’inimicizia con i genovesi, rivali commerciali di entrambi grazie ai numerosi insediamenti che la città ligure controllava sul Mar Nero e agli ottimi rapporti intrattenuti con la rinata corte costantinopolitana degli Paleologi, tendenzialmente ostili sia a Venezia – il ricordo del 1204 era vivissimo – che a Trebisonda – che ne reclamava il trono -.
Commerci e guerre intrecciarono i percorsi storici di Venezia e Trebisonda, tessendone i rapporti. Ma mentre la prima seppe essere grande sia nei mercati che nei campi di battaglia, la seconda fu all’altezza solo nei primi. L’Impero di Trebisonda fu sempre militarmente non all’altezza del titolo imperiale che pretendeva di rappresentare. La sicurezza dello Stato si reggeva infatti grazie alla rete di alleanze che gli imperatori seppero intrecciare con le tribù dell’Anatolia, dando in sposa ai rispettivi capi tribù le proprie principesse, e aizzando i propri vicini gli uni contro gli altri. Nulla poté però col sorgere della potenza ottomana, che nel 1453 era giunta a conquistare Costantinopoli, ponendo fine definitivamente al glorioso Impero romano d’oriente; nel 1461 Trebisonda cadeva per mano del sultano Maometto II (1432-1481 d.C.); l’ultimo imperatore, Davide II Comneno (1408-1463 d.C.), fu prima esiliato e poi assassinato. Da allora la città divenne, sino ai giorni nostri, parte integrante dell’Impero ottomano prima e della Repubblica di Turchia poi, sviluppando un’affascinante convivenza culturale e identitaria tra greco-pontici e turchi che resse sino ai drammatici giorni del conflitto greco-turco e del cosiddetto “genocidio greco”di quasi un secolo fa .
Con Trebisonda crollava definitivamente l’ultimo residuo del potere politico bizantino e le rotte mercantili delle flotte europee
perdevano il proprio faro sul Mar Nero, mentre un nuovo protagonista, l’Impero ottomano, si affacciava sulla scena della storia intrecciando a sua volta con Venezia il noto rapporto di amore e odio che già fu di Bisanzio prima e Trebisonda poi.
Ma l’intreccio che la storia riservò ai percorsi di Venezia e Trebisonda ebbe un ultimo punto di contatto proprio con la caduta di Costantinopoli e di Trebisonda stessa; la storia ci narra infatti di come il cardinale Bessarione (1403-1472 d.C.), nativo proprio della città pontica, fra i più grandi intellettuali dell’epoca, cresciuto ortodosso ma convertitosi al cattolicesimo, nel suo tentativo di salvare l’immenso patrimonio culturale bizantino, riuscì a preservare un’impressionante quantità di opere dalla distruzione, raccogliendole in una ricca biblioteca. Quella raccolta, donata al governo della Serenissima in punta di morte, rappresenta il più antico nucleo di quel straordinario patrimonio di testi e fondi librari oggi conosciuto con il nome di Biblioteca Marciana.
Nicolò Dal Grande