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Shakespeare e l’urlo di Narciso: viaggio nel Riccardo II. di M.C. Ceoldo

Recensione
Cesare Catà, Shakespeare e l’urlo di Narciso: viaggio nel Riccardo II, Edizioni Aguaplano, 2015, 235 pagine, € 18,00.

Suggestivo. Questo forse è il termine giusto per descrivere ed invitare i lettori ad avvicinarsi a questo testo di Cesare Catà nel “Shakespeare e l’urlo di Narciso: viaggio nel Riccardo II” edito da Aguaplano ma sicuramente l’aggettivo usato è limitativo poiché non descrive appieno la forza di questo libro. Lo spunto è il Riccardo II di Shakespeare con il suo dramma interiore, con la sua natura narcisistica da cui scaturisce una brillante e affascinante analisi speculativa che parte dalla natura dell’uomo Riccardo II, puer aeternus che con la sua interiorità non riesce a conciliarsi con il mondo esterno. Spogliato del suo ruolo si distrugge, si annienta. La sua deposizione da re, la carcerazione e la sua morte sono altresì spunto per un’ulteriore analisi che l’autore fa in modo assai intelligente, quella politica. La desacralizzazione del simbolo, che è il sovrano per volontà divina e un re che diviene tale per nomina. La regalità rappresentata da Riccardo II non si trasmette ed è inviolabile, con la deposizione di Riccardo muta la sua “natura” non avendo più la sua essenza divina. A questo punto, il testo non è più soltanto un bel libro che indaga sulla natura narcisistica del protagonista Shakespeariano ma diviene un saggio di filosofia politica a tutti gli effetti. Cesare Catà è molto astuto a percorrere questa via speculativa ed a dimostrare come il simbolo “spogliato” dal suo contenuto divino diviene strumento di destrutturazione della persona e conseguentemente della società civile. Curioso che proprio in Inghilterra da lì a poco nella prima metà del 1600 Robert Filmer con la sua opera Patriarcha ritornerà sull’argomento facendo diventare il suo testo l’emblema della monarchia intesa come divinizzazione della figura del re divenendo poi oggetto di critiche asperrime da parte di Locke sui suoi Trattati del governo. Indubbiamente Shakespeare anticipa i tempi della grande frattura teoretica che vedrà l’Inghilterra grande pioniere nella “rivoluzione” della filosofia politica.

Maria Cristina Ceoldo

Reperibile su www.ilcerchio.it

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