L’opera di J.R.R. Tolkien è senz’ombra di dubbio uno dei grandi successi letterari del XX° secolo, tornata di grande attualità con le trasposizioni cinematografiche. Non si contano gli scritti dedicati all’autore inglese e alla sua “Terra di Mezzo”, a cui recentemente si è aggiunta un’affascinante produzione musicale ispirata al testo “Il Silmarillion”; ha visto la luce “Ainulindalë. La musica degli Ainur.”, edito dalla casa editrice Il Cerchio, magistralmente eseguita dai giovani musicisti dell’orchestra “G. Lettimi” di Rimini e interpolata dalla lettura di brevi sezioni del testo dal maestro Angelo Branduardi. Ne parliamo assieme a Ivan Tiraferri, con Nicolò Facciotto e Federico Mecozzi, ideatore e realizzatore del progetto musicale.
A cura di Nicolò Dal Grande
Gentilissimo Ivan, cominciamo dalle vostre origini. Qual è stato il vostro percorso formativo nel mondo della musica?
“Siamo tutti studenti dell’Istituto G. Lettimi di Rimini. Nicolò è diplomato in chitarra mentre io e Federico stiamo frequentando gli ultimi anni della classe di violino. Ognuno di noi tre però ha parallelamente sviluppato la propria attività musicale oltre allo studio dello strumento. Federico si è dato sin da molto giovane a molti generi di musica, imparando a suonare anche pianoforte e chitarra fino a giungere ad un fortunato ed estremamente produttivo sodalizio con Ludovico Einaudi, Nicolò si è dedicato alla direzione orchestrale mentre io, sin da prima del mio ingresso al Lettimi, mi sono dato all’organizzazione di numerosi eventi musicali legati al mondo della musica colta. Al di fuori dell’ambito musicale Nicolò sta per concludere il corso di laurea magistrale in ingegneria aerospaziale, io ho studiato e lavoro in ambito informatico mentre Federico dopo la maturità si è completamente dedicato alla carriera lavorativa di musicista.”
Ci può descrivere il suo incontro con l’opera tolkieniana?
“Ho avuto passione per il fantasy nella sua generalità fin da quando ho memoria, partendo dai film, passando per la letteratura sino ad arrivare ai giochi di ruolo. Crescendo mi sono messo alla scoperta delle origini del mondo fantasy, incuriosito dalla successione cronologica che aveva portato alla creazione dello stereotipo di elfo alto, bello ed arciere imbattibile e del nano, tozzo e tarchiato accompagnato immancabilmente da asce e martelli. Incappai sotto il consiglio di amici ne “Il signore degli anelli” durante i primi anni delle scuole superiori. Di lì a poco, incuriosito dalla Terra di Mezzo, approdai al Silmarillion, lettura che inizialmente trovai molto ostica e quindi, da buon curioso, lo rilessi da capo più e più volte nel tentativo di ricordarmi le molte vicende ed i molti nomi in esso condensati. Passarono pochissimi anni e mi trovai a vedere al cinema “La Compagnia dell’Anello” di P. Jackson, che oltre a dare una forma visibile alle vicende che tanto mi avevano appassionato, ebbe il pregio di farmi ascoltare per la prima volta la musicalità della lingua elfica. Immediatamente tornai a leggere tutti i libri di Tolkien, facendomi prestare quelli che non avevo ancora letto e non possedevo, per approfondire tutte le sfaccettature dell’universo di Eä e cercare di comprendere qualcosa di più sulle lingue dei suoi popoli.”
L’Ainulindalë, primo capitolo de Il Silmarillion, narra di come gli “Ainur”, su ispirazione dell’unico Dio Eru, divengano strumento nella creazione della “Terra di Mezzo” attraverso il loro canto. Come si è sviluppata l’idea di porre in musica questa complessa e affascinante pagina dell’opera tolkieniana?
“Di tanto in tanto, come faccio per i film che apprezzo, mi rileggevo il Silmarillion e tutte le volte che passavo dal primo capitolo mi chiedevo come doveva essere questa musica e quanti compositori famosi e non avesse spinto a scrivere una sua rappresentazione. Decisi di rispondere a questa domanda a fine 2013 quando iniziai a spulciare internet per vedere quali lavori erano stati fatti in quel senso. Incredibilmente trovai poco e quel poco che c’era era estremamente lontano dalla mia idea sulla Grande Musica che iniziai a pensare “potrei inventarmi qualcosa io”. Capitò l’occasione pochi mesi dopo, quando mi trovai da solo a cercare un’idea musicale da proporre nella rassegna musicale estiva “I Venerdì di Scolca” del quale sono co-organizzatore. Negli anni precedenti all’interno di quella rassegna, in contrasto con ciò che proponevamo nelle altre rassegne musicali legate all’universo dell’Abbazia di Scolca, avevamo proposto diversi brani di musica contemporanea, legando spesso la parte musicale ad una parte letteraria. Fu così che decisi di fare questa prova ed iniziai a pensare alla sua struttura. Ero molto incuriosito dal ruolo della musica nella creazione operata dagli Ainur, in particolare avevo notato come Tolkien avesse preso termini specifici del mondo musicale e li avesse inseriti nel suo testo, spiegando con un certo grado di dettaglio come i temi proposti da Ilùvatar e Melkor si sviluppassero e quali emozioni trasmettessero. Selezionai alcune parti del capitolo che non risultassero troppo lunghe come letture all’interno di uno spettacolo e che fornissero indicazioni precise sulla musica dopodichè cominciai a chiedermi se fosse possibile riuscire a fare una cosa simile da solo. Cercai quindi subito degli “alleati” adeguati al compito, rivolgendomi ai musicisti amici che più ritenevo adatti. Chiesi a Federico, ben conoscendo la sua passione per Tolkien, se fosse interessato ad un progetto simile e quasi mi stupii del suo entusiasmo per la cosa. Contemporaneamente mi rivolsi anche a Nicolò, convinto che sarebbe stato in grado di rivestire anche la delicata parte della direzione orchestrale. Di lì a poco ci vedemmo una sera per discutere del progetto e leggere i testi, in modo da spartirci al meglio il lavoro. Quella sera passammo quattro ore, strumenti alla mano, a ricercare la melodia più adatta al Primo Tema di Ilùvatar. Nei mesi successivi sviluppammo quindi tre brani a testa, basandoci il più possibile sul testo tolkeniano ed adattandoci anche alle risorse orchestrali che avevamo a disposizione: convocammo quindi gli amici con cui eravamo soliti suonare in orchestra, cercando risorse esterne per le parti che rimanevano scoperte (e devo dire che siamo stati estremamente fortunati). Purtroppo non era possibile avere anche un coro, ma di certo non potevamo lamentarci. Strada facendo si è inoltre aggiunto l’amico pianista Mattia Guerra, che a causa della mole di impegni riuscì a partecipare al progetto solo parzialmente ma non senza dare un importante contributo con il brano Beren e Lùthien.”
La redazione di Domus Europa ringrazia il dott. Tiraferri per la disponibilità