Il 2016 vedrà la ricorrenza dei centocinquant’anni dall’unità di Veneto, Friuli e mantovano nel Regno d’Italia, attraverso uno storico plebiscito seguito al terzo conflitto d’indipendenza (1866), oggi oggetto di una discussione che ne porrebbe in dubbio svolgimento e, conseguentemente, legittimità. Il dibattito sui plebisciti unitari suggerisce un confronto storico tra loro, confontandone analogie e diversità; analizziamo il caso toscano del 1859 con il prof. Domenico Del Nero, giornalista, saggista e insegnante di italiano e latino presso il Liceo Scientifico “L. Da Vinci” di Firenze.
A cura di Nicolò Dal Grande
Gent.Mo professore, benvenuto. Il 2016 vedrà la ricorrenza storica dei centocinquant’anni dal plebiscito che sancì l’unità del Veneto al Regno d’Italia. Il sistema plebiscitario non era nuovo al neonato Stato unitario, che già tra il 1859 e il 1860 aveva visto l’organizzazione di diverse votazioni popolari, tra cui quello dei territori dell’ex Granducato di Toscana. Come si svolse il suddetto plebiscito?
“Dire che fu una farsa intimidatoria è dire poco. Pochi giorni fa, in occasione di un convegno sul granducato che ho avuto l’onore di moderare presso il consiglio regionale della Toscana, il presidente del consiglio regionale Eugenio Giani ricordava en passant e in tono scherzoso, di come in occasione del plebiscito il fattore “trascinasse” con sé al voto gli altri contadini. Il presidente Giani è persona onesta e buon conoscitore della storia toscana e posso capire che non potesse dire di più. Ma la realtà è ben diversa. Già la famosa “pacifica rivoluzione” del 27 aprile 1859, che si vorrebbe addirittura promuovere a “festa regionale” fu semplicemente una mascherata orchestrata da Torino, con tanto di carabinieri travestiti da agitatori di piazza. L’obiettivo era il solito, che sarà tragicamente sperimentato con successo anche e soprattutto in seguito: provocare l’incidente e farci scappare il morto. Ma Leopoldo rifiutò di tentare la benché minima reazione, anche se per questo fu poi accusato di debolezza. Il plebiscito fu altrettanto farsesco: il voto non era segreto e soprattutto Ricasoli e c. esercitarono pressioni di varia natura. Sarebbe come prendere per buono un referendum nella Corea del Nord ….”
Dunque il plebiscito unitario toscano non espresse realmente una volontà popolare? Fu espressione di interessi di diversa natura?
“Ma quale volontà popolare! In Toscana il governo granducale era popolare e amato, avendo garantito ben tre secoli di prosperità e di civiltà! Sia i Medici che i Lorena erano veramente animati dalla consapevolezza che governare significa anzitutto tutelare il bonum commune. Gli interessi “tutelati” dal plebiscito furono quelli di parte della aristocrazia e della borghesia che pensavano di aver da guadagnare nell’annessione al Piemonte, anche perché così gli era stato fatto credere. E ovviamente ci fu chi ebbe il proprio tornaconto. Certo non il popolo toscano.”
Nel caso del Veneto, il plebiscito organizzato poneva poca scelta al ristretto campo degli aventi diritto al voto; difatti il Veneto fu ceduto al Regno d’Italia dalla Francia di Napoleone III – che lo ebbe in “dono” dall’Austria -, a patto che la cessione fosse sancita dal plebiscito. La scelta poneva i veneti tra l’accettare l’Italia oppure, col rifiuto, l’ignoto. I toscani, al pari, furono posti davanti una scelta concreta o, viceversa come i veneti, non ebbero altra possibilità che l’unità?
“Scelta? E quale? A parte le minacce e le intimidazioni orchestrate soprattutto da quel “galantuomo” del Ricasoli, degno compare dell’altro “galantuomo” torinese, i votanti il giorno stabilito per il referendum poterono scegliere tra due opzioni: “Unione alla monarchia costituzionale di Re Vittorio Emanuele II” o un non meglio precisato “Regno separato”. La possibilità di richiedere la restaurazione della famiglia Granducale non era neppure contemplata nelle schede! Per non parlare poi dei fortissimi sospetti – per non dire certezze – di brogli elettorali, rivelati dallo storico dei servizi segreti Giuseppe de Lutiis, che si verificarono anche nell’ex granducato.”
Domus Europa ringrazia il prof. Del nero per la propria disponibilità