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7 ottobre 1571: LA GIORNATA DI LEPANTO. di Nicolò Dal Grande

Paolo Veronese, La Battaglia di Lepanto (1572-1573)

Vi sono avvenimenti che si incidono nella memoria e scrivono pagine di immortali destinate a rimanere scolpite e ricordate. Possono essere incoronazioni o rivoluzioni, ascese dinastiche o crolli imperiali. Punti che segnano una svolta nel corso della storia e talvolta vengono adottati dalla storiografia per indicare l’inizio di una nuova era, con il lampante esempio del 476 d.C. con la caduta dell’Impero d’Occidente e l’inizio convenzionale del Medioevo, o il principio di una nuova fase, come il sacco di Roma del 1527 e la fine del Rinascimento. Se il tema della periodizzazione è uno dei più controversi e discussi in ambito storico, non vi è dubbio che alcune date legate a particolari episodi incidano in modo tale da condizionare lo svolgersi della storia. Una battaglia, anche se non decisiva, può condizionare il corso degli eventi in modo determinante; lo fu Poitiers nel 732 d.C., poco più che una scaramuccia ma sufficiente a scacciare l’incubo di un’ulteriore espansione musulmana nella ex Pars Occidentis dell’Europa; lo rappresentò Legnano nel 1176 d.C. , con la sconfitta del Barbarossa e la compromissione dell’autorità imperiale in Italia; indubbiamente lo è stata la celeberrima battaglia di Lepanto, del 7 ottobre 1571.

Descritta dal grande storico Fernand Braudel come la più grande e sanguinosa battaglia dell’evo moderno, Lepanto è di diritto considerata un punto cruciale della storia veneziana, europea e mediterranea. Il contesto  cui si lega lo scontro è noto; rientra nel grande duello che tra il XV e il XVII secolo vide contese le acque del Mediterraneo dalle tre grandi potenze navali dell’epoca, ovvero la Repubblica di Venezia, la Diarchia cattolica degli Asburgo di Spagna e l’Impero ottomano, all’epoca al culmine della propria potenza. In costante espansione e desiderosa di rafforzare il controllo sul Mediterraneo orientale, la “Sublime Porta” mosse guerra a Venezia con la volontà di strappare Cipro, dal 1489 parte integrante ed estrema propaggine dello Stato da Mar veneziano.

La Guerra di Cipro (1570-1573) rappresentò uno dei conflitti più cruenti dell’epoca, con le stragi di Nicosia, la capitale dell’isola, e di Famagosta, fortezza caduta dopo un’eroica resistenza conclusasi con la perdita di 80.000 uomini per i turchi e l’orribile morte del comandante veneziano Marcantonio Bragadin (1523-1571), scorticato vivo dopo il tradimento degli ottomani, che avevano promesso di risparmiare gli occupanti in caso di resa. Culmine del conflitto fu la battaglia navale del golfo di Corinto fra le forze ottomane e quella della Lega Santa, l’alleanza militare comprendente in primis la monarchia asburgica e la Serenissima, conclusasi con la distruzione della flotta turca e il trionfo di quella cristiana. Nonostante la grande vittoria militare, la guerra non condusse come auspicato ad una vittoria; di lì a poco il conflitto entrò in stallo e si concluse con una pace che vide Venezia cedere al sultano Cipro e a pagare un indennizzo di guerra, in cambio della pace e di alcuni privilegi commerciali. Si trattò quindi di una sconfitta.

Perchè Lepanto dunque rappresenta uno dei punti cruciali della storia moderna? La risposta si trova non in chiave politica o militare, ma in quella simbolica. Lo scontro rappresentò la prima grande vittoria cristiana contro quello che allora sembrava un avversario invincibile. Se è vero che lo scontro del golfo di Corinto non fu la prima vittoria contro i turchi – era del 1565 la vittoriosa difesa di Malta, dall’esito forse più importante sul piano politico rispetto a quello di sei anni dopo -, ma fu comunque la più grande per dimensioni, perdite umane – quasi 40.000 i caduti complessivi – e valore psicologico; sino allora infatti i turchi ottomani non avevano mai perso in modo così schiacciante, né perduto un conflitto – Malta a parte -: Lepanto aveva sfatato un mito e rinvigorito la Cristianità e gli Stati cattolici del Mediterraneo.

Il valore simbolico e morale fu tale che quando si narra della guerra cipriota sembra quasi che la battaglia navale rappresenti un

I comandanti della Lega Santa: Don Giovanni d’austria, Marcantonio Colonna e Sebastiano Venier

evento a sé; i nomi dei protagonisti sono fra i più noti e conosciuti; da Sebastiano Venier (1496-1578), il Capitano generale da Mar veneziano, in seguito doge della Serenissima, al comandante della flotta cristiana, Don Giovanni d’Austria (1547-1578),  fratellastro del re di Spagna Filippo II, passando per Miguel de Cervantes(1547-1616) – celeberrimo autore del Don Chisciotte –  sino a Papa Pio V Santo (1504-1572), ideatore e artefice della Lega Santa, vero e proprio “miracolo” diplomatico capace di unire potenze ostili tra loro; non Spagna e Venezia, ma anche la Repubblica di Genova, il Granducato toscano, il Ducato di Savoia: tutti uniti nel nome della Cristianità contro l’incubo ottomano. Un caso più unico che raro nell’età moderna.

Una Cristianità, cattolica, che trasse nuovo vigore, in un’età che la vedeva minacciata all’esterno dall’Islam ottomano e all’interno dalla Riforma protestante; il conflitto infatti fu vissuto in un clima “profetico” e “apocalittico” che da tempo non si avvertiva sui campi di battaglia; la vittoria fu vista come un segno di Dio e rafforzò questo clima; papa Pio V – che secondo la tradizione avrebbe avuto visione della vittoria – consacrò alla Madonna della Vittoria – oggi del Rosario – la giornata del 7 Ottobre, mentre si rafforzava parimenti un’interpretazione dell’immagine della Vergine ritta sopra una mezza luna dell’Apocalisse in chiave anti – islamica e anti – ottomana.

L’Impero ottomano iniziò da allora il proprio lento declino, sebbene costituisse per almeno un altro secolo una costante minaccia per l’Europa; pur vittorioso nel conflitto, non giunse mai a controllare il Mediterraneo, né ad invadere le coste europee e occidentali; avrebbe proseguito  una politica espansiva, sia navale – nel 1669 strappava a duro prezzo Creta ai veneziani – che continentale, con  il secondo, inutile, assedio di Vienna del 1683, che avrebbe rappresentato un ulteriore snodo storico: l’inizio della controffensiva europea che avrebbe portato gli Asburgo d’Austria a riconquistare all’Europa cristiana i Balcani aprendo la grande crisi della Sublime Porta e della sua lenta agonia.

San Pio V Papa, ritratto di El Greco

Rimane un ultimo punto di riflessione sulla giornata di Lepanto, ovvero che sarebbe successo se le forze della Lega Santa avessero sfruttato la vittoria? Se la conclusione del conflitto fu negativo sul piano politico, lo si dovette sostanzialmente alla scomparsa del grande pontefice Pio V nel 1572; senza di lui, la fragile unità dell’Alleanza cristiana si sciolse come neve al sole, consacrata con l’autonoma pace siglata da Venezia a dispetto dei patti della lega. Gli intrighi e le antipatie fra Madrid e la Serenissima pesarono come macigni, con entrambi ben guardinghi dall’appoggiare eventuali azioni offensive contro il turco, gravemente colpito dalla disfatta navale, che portassero eventuali vantaggi all’alleato. Ma, sfuggendo per un momento al dogma storicista – tutt’altro che infallibile – che la storia non si può fare con i “se”, ci si può domandare legittimamente che sarebbe accaduto se, poste da parte antipatie e rivalità, le due potenze cattoliche avessero marciato compatte contro l’ottomano? Se Venezia e Madrid avessero attaccato le isole egee e le coste greche, sfruttando la debolezza navale turca del momento e l’astio mai del tutto sopito dei greci – bizantini autoctoni verso il dominatore turco? Se la Cristianità avesse ripreso Cipro e poi da lì puntato all’Egitto e alle porte del Mar Rosso? E più audacemente, addirittura, avessero successivamente mirato alla perduta Costantinopoli, riportandola alla Cristianità? Forse gli eventi che oggi studiamo nei libri di storia avrebbero avuto un esito diverso. Ma così non è stato.

 Nicolò Dal Grande

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