Lo riferisce La Croce quotidiana.it., adesso c’è anche un programma, ispirato alla Dottrina sociale della Chiesa in 26 punti di orientamento, che si possono discutere e certamente vanno approfonditi, soprattutto se qualcuno di quelli che li propongono o li fanno propri saranno in concreto chiamati, alle prossime elezioni amministrative, a contribuire all’amministrazione di qualche comune italiano. Stiamo parlando del Partito della Famiglia, che ha così superato l’obiezione principale (l’unica seria) che gli veniva mossa. A differenza della pur lodevole “lista elettorale” promossa nel 2008 da Giuliano Ferrara, non è un movimento monotematico, ma un autentico partito, in grado di dire la sua sui problemi che la realtà pone ogni giorno alla politica,
Antonio Righi nell’articolo “Profezia (?) sul Popolo della Famiglia (!)” pubblicato nel sito di “Libertà e Persona” si azzarda ad attribuirgli, quanto a consensi, una discreta partenza già alle prossima consultazione elettorale nelle città dove riuscirà a essere presente. Si può sperare che la profezia si avveri, ma anche se questa prima sortita fosse un flop (il tempo a disposizione per organizzarsi è pochissimo) occorre avere il coraggio e la forza di insistere. Una discreta fetta della società sente sempre più forte l’esigenza di una proposta politica ispirata ai principi cristiani. Si tratta solo di fare capire che l’iniziativa è seria e non si fermerà al primo ostacolo, alle prime, forse inevitabili, delusioni.
Da almeno una ventina d’anni politici e politologi e, a volte addirittura più forte degli altri, ecclesiastici si affannano a proclamare che oggi non vi è spazio per un partito “cattolico” o, più genericamente, “cristiano”. Ma, a parte il richiamo “storico” al dissolvimento, alla fine del secolo scorso della Democrazia cristiana (da tempo sedicente partito cristiano) si tratta di una tesi apodittica, priva di argomenti a sostegno. L’unica argomentazione è che un partito di questo genere non potrebbe contare sull’appoggio della Chiesa cattolica, che, avendo compiuto una scelta religiosa e pastorale, ha ripudiato il collateralismo politico.
Se i cattolici vogliono rimanere in politica, facciano pure, ma, come singoli, distribuiti, a seconda delle loro convinzioni nei vari partiti dell’intero arco politico. Una prospettiva che nei fatti si è rivelata un abbaglio, che ha trasformato i politici cattolici in sherpa di proposte altrui e condannato il mondo cattolico all’insignificanza.
Quale sia l’attuale situazione dei cattolici politici l’ha ben descritta, inaugurando la seconda edizione della Scuola diocesana di Dottrina Sociale della Chiesa, mons. Giampaolo Crepaldi, Vescovo di Trieste, presidente della Commissione “Caritas in veritate” del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, nonché fondatore (nel 2004) e presidente dell’Osservatorio di Dottrina sociale della Chiesa Cardinale Van Thuan. Mons: Crepaldi ha preso spunto dal voto del Senato sulla legge Cirinnà (“una pessima legge approvata col voto decisivo dei cosiddetti cattolici”) per una riflessione che ha necessariamente implicazioni più ampie del singolo caso: ”Durante la votazione a Palazzo Madama abbiamo assistito a molti atteggiamenti indecorosi da parte di molti senatori cattolici (di “cattolici senatori” credo che non ce ne sia più nemmeno uno). Qualcuno di loro ha perfino chiamato a testimone del proprio voto Giovanni Paolo II, con una citazione corsara del paragrafo 73 della Evangelium vitae. Altri hanno rispolverato il trito (e falso) argomento del “male minore” che avrebbe evitato il male maggiore. Altri ancora si sono intestati meriti che non esistono, come aver evitato l’adozione per le coppie omosessuali.
Sembra non esservi bisogno d’altro, per dare per accertato che la strategia (supposto che di questo si trattasse e non di semplice, vile e forse complice, ritirata) di chi sosteneva che i cattolici presenti in parlamento nei vari partiti per poi convergere uniti su leggi alta rilevanza etica , era (nel migliore dei casi) una pia illusione, coltivabile solo da chi non conosce né i fatti della storia né le regole della politica. Al riguardo Mons. Crepaldi osserva (in questo caso nel corso di un’intervista) che, in mancanza di un partito cattolico, la prevista convergenza sarebbe certamente auspicabile, ma “i fatti ci dimostrano che non viene mai attuata. Le recenti prese di posizione sul disegno di legge Cirinnà lo ha ulteriormente dimostrato. Questa legge sembrava essere, a detta di molti degli stessi parlamentari sedicenti cattolici, il limite non oltrepassabile ed invece è stata oltrepassato”.
In tutta franchezza questi “parlamentari cattolici” hanno fato il loro tempo e quanto all’inutilità di un partito cattolico si è trattato di una affermazione sbagliata fin dal momento in cui venne formulata. Tuttavia, anche ammesso che fosse corretta allora, certamente non lo è oggi, con un potere politico che più che mai intende incidere sulle leggi naturali (quelle che la greca Antigone, disposta alla morte pur di non violarle, definiva le sacre e immutabili leggi degli Dei), per sostituire alla morale naturale una nuova morale cosiddetta “laica”.
Vi è, quindi, grande bisogno di un partito che apertamente dichiari di ispirarsi, in quanto tale, cioè come formazione politica, ai principi etici, sociali ed economici del cattolicesimo e tuttavia bene hanno fatto i fondatori ad escludere dalla denominazione qualunque aggettivazione che comporti un richiamo diretto al cattolicesimo o al cristianesimo. Non solo e non tanto per la negativa assonanza con l’ultima Democrazia cristiana, ma perché non poca parte della gerarchia cattolica è oggi, politicamente parlando, tutt’altro che affidabile. Se vorrà benedire tanto meglio, ma è indispensabile non darle titoli che le consentano di intervenire in certo qual modo dall’interno, quale titolare dell’imprinting, sulle iniziative politiche dei laici cattolici. Troppi ecclesiastici hanno optato per una scelta religiosa che – come dice mons. Crepaldi nell’intervista – “anche nelle versioni più recenti, è un modo per negare un rapporto strutturato tra la Chiesa e il mondo, come se la Chiesa non avesse un “corpo” dentro la storia e una “dottrina” per fer luce sul mondo”.
Come ogni corpo la Chiesa ha molte membra e quella competente ad operare nel mondo della politica è costituita oggi dal laicato cattolico, al quale in questo campo spetta decidere se vuole rinchiudersi nel privato e nelle sagrestie, come pretendono i partiti laicisti e anche, purtroppo, non pochi chierici, o invece operarvi come collettività organizzata, scegliendo autonomamente modalità e strumenti della propria azione, incluse la presenza parlamentare in forma partitica e, quelle manifestazioni di piazza che non piacciono a quegli stessi chierici, che anche di recente le hanno criticamente definite inutili “prove di forza”.
Francesco Mario Agnoli