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LA N.A.T.O.: STORIA DI UNA DISCUSSA ORGANIZZAZIONE. di Nicolò Dal Grande

Le recenti dinamiche internazionali hanno visto l’improvviso divampare della crisi diplomatica russo-turca. Il clamoroso quanto inaspettato abbattimento di un caccia russo da parte dell’aviazione turca ha portato sullo scenario globale il rischio di una nuova guerra; da un lato la Turchia accusante le forze russe di invadere il proprio spazio aereo durante gli attacchi diretti alle postazioni del cosiddetto “Stato islamico”, dall’altro il diniego della Russia, che a sua volta sottolinea il presunto traffico

La bandiera ufficiale della N.a.t.o.

petrolifero siglato tra turchi ed Isis; Ankara accusa la Russia di attaccare non solo il califfato ma anche i cosiddetti “ribelli moderati” per favorire Assad nel suo tentativo di mantenere il potere in Siria, Mosca replica sostenendo gli appoggi di Ankara al califfato per abbattere il presidente siriano per i propri fini.
Qualunque sia la verità sugli avvenimenti, il rischio di un conflitto su ampia scala, per quanto remoto, è pur sempre reale. Su questo spauracchio sembra puntare la Turchia; non è un caso che il governo di Ankara, dopo l’incidente del 24 Novembre, abbia contattato il comando N.a.t.o. anziché il governo di Mosca, che si attendeva delle scuse ufficiali. Membro integrante del “patto atlantico”, la Turchia avrebbe pieno titolo, se attaccata, ad invocare l’articolo 5 secondo il quale ogni paese membro dell’alleanza atlantica dovrebbe obbligatoriamente intervenire al fianco dell’alleato aggredito. Se dunque la Russia decidesse per un’aggressione armata contro la Turchia, dagli U.s.a. all’Italia, ben ventotto Stati sarebbero tenuti a scendere militarmente al fianco turco, dando inizio ad un conflitto su scala mondiale.
Il rischio concreto di una guerra e le dinamiche causanti hanno spinto una grossa componente dell’opinione pubblica a rispolverare una vecchia ma attuale polemica, ovvero dell’utilità e la necessità nel mantenere attiva la N.a.t.o.; numerosi sono coloro che sostengono la necessità dello scioglimento dell’alleanza atlantica, giudicata antistorica e ormai priva dei propri scopi originali.
Il cosiddetto “patto atlantico”, siglato a Washington il 4 aprile 1949, fu la conseguenza di una crescente preoccupazione per un’eventuale espansione dell’allora minacciosa Unione Sovietica verso l’Europa occidentale, specialmente dopo i fatti di Berlino del 1948 e al blocco sovietico attuato nei confronti della zona occidentale della città simbolo della cosiddetta “Guerra Fredda” – dal 1961 divisa  dal celeberrimo muro – . Fu il risultato di una serie di trattati e concordati, che culminarono nella nascita della North Atlantic Treaty Organization – Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord –, comprendente in origine dodici Paesi, estesa dagli Stati Uniti Canada, dalla Francia all’Italia. Un patto difensivo che prevedeva l’intervento armato di tutti i Paesi sottoscrivendo l’alleanza qualora un solo aderente al patto subisse un’aggressione da parte di un Paese ostile (art. 5).
La contrapposizione tra “Patto Atlantico” e il “Patto di Varsavia” – siglato per “reazione” sovietica il 14 maggio 1955 tra i Paesi aderenti al “blocco comunista” –, caratterizzò la storia globale per tutti gli anni della guerra fredda. Un confronto mai sbocciato in uno scontro armato – sebbene le occasioni non siano mancate –, in parte grazie al terrore suscitato dal rischio di una guerra nucleare, il cui spettro aleggiò per mezzo secolo sull’Europa e il resto del mondo, sino alla caduta del muro di Berlino e al collasso del blocco comunista nel 1989.
La fine della guerra fredda, coincisa con lo scioglimento dell’Unione Sovietica e la fine del patto di Varsavia, non ha visto un contemporaneo scioglimento del patto atlantico. Al contrario, si è osservato un progressivo allargamento dell’organizzazione, il cui ampliamento era iniziato già negli anni seguenti alla propria nascita; un allargamento che ha visto l’adesione di numerosi Stati un tempo appartenenti al blocco “nemico”, dalla Romania alla Polonia, dalle Repubbliche baltiche all’Ungheria: oggi la N.a.t.o. conta ventotto Stati aderenti.
Anziché sciogliersi con la fine del contrapposto blocco comunista, la N.a.t.o. ha progressivamente visto modificare il proprio scopo e il proprio ruolo, divenendo da alleanza difensiva uno strumento garante della Carta O.n.u. tramite una collaborazione tra i paesi aderenti. Un’organizzazione non solo difensiva, ma pronta a diventare offensiva. Qui è il punto per il quale la N.a.t.o. è oggi posta sotto una visione critica da più parti. È realmente un’alleanza garante dei diritti dei popoli o è piuttosto lo strumento al servizio di interessi altrui?
Proprio dalla conclusione della guerra fredda, paradossalmente, la N.a.t.o., sovente su iniziativa degli Stati Uniti, ha visto il proprio potenziale realmente applicato; è del 1999 il primo intervento militare dell’Alleanza atlantica, nella nota guerra del Kosovo, ufficialmente intervenuta per fermare il genocidio attuato dai serbi ai danni delle componenti albanesi della regione, conclusasi con la creazione del discusso Stato kosovaro; il 2001, a seguito del celeberrimo attentato dell’ 11 Settembre a New York e Washington, ha visto invece, per la prima volta, l’applicazione dell’art. 5, invocato dagli U.s.a., che ha portato al conflitto afgano, ancora in atto. E se la seconda guerra del Golfo in Iraq del 2003, si è svolta senza un ufficiale intervento dell’organizzazione ma semplicemente in un’offensiva di una ristretta coalizione a guida U.s.a. che ha portato alla caduta di Saddam Hussein, l’offensiva scatenata in Libia nel 2011 al fianco delle forze ribelli ostili al Regime di Gheddafi, condotta da Francia, Inghilterra e U.s.a., fu un ulteriore scenario nel quale la N.a.t.o. intervenne, con non poco clamore in quanto senza esplicita autorizzazione dell’O.n.u.
Lo schieramento contrario alla N.a.t.o. critica apertamente l’operato dell’Alleanza atlantica, giudicata non solo priva di senso storico, ma anche inefficace in quanto non tanto garante dei millantati diritti dei popoli che si pretenderebbe liberare, quanto di uno stato di caos di difficile soluzione, come gli scenari iracheno, libico e da pochi anni siriano – sebbene l’alleanza non sia ancora ufficialmente intervenuta se non tramite aiuti e finanziamenti ai ribelli anti Assad – sconvolti da guerre civili sembrano dimostrare. Secondo questa linea di pensiero, la N.a.t.o., succube delle decisioni statunitensi, altro non sarebbe che uno strumento utilizzato per gli scopi di ristrette lobbies internazionali, interessante ora a fonti energetiche, ora a risorse o a infrastrutture di date aree, le quali non si farebbero scrupoli a favorire conflitti per i propri obbiettivi.
Non solo. I contrari al mantenimento della N.a.t.o. pongono in luce anche i rischi e i costi che il mantenimento dell’apparato bellico comporta sui paesi aderenti. Senza contare, proseguono i critici, al rischio che le suddette istallazioni militari presentano per il territorio e la popolazione locale a causa dell’arsenale nucleare presente in alcune di esse.
Vere o presunte che siano le accuse delle correnti contrarie, al giorno d’oggi l’operato della N.a.t.o. è sovente al centro dell’attenzione dei media; non soltanto per ciò che concerne la tensione russo-turca, ma anche per gli scenari in atto nell’Est europeo, dove il continuo allargamento dell’organizzazione ha portato al sorgere di forti tensioni con la Russia, come si evince dalle attualissima crisi in Ucraina e Crimea, nonché con le recenti proposte di adesione offerte – e in forte stato di avanzamento – al Montenegro, aspramente criticate da Mosca, che sembrerebbe essere un bersaglio di continue provocazioni.
L’attuale scenario siriano, con le tensioni russo-turche, l’ombra del califfato e le proposte di coalizione per arginarlo dense di intrighi e contrasti politici, religiosi e – non ultimi – economici, sono solo uno dei tanti tasselli dove la N.a.t.o. potrebbe essere chiamata ad un intervento dalle incerte conseguenze, in quella che in molti cominciano a vedere come preludio di un terzo conflitto mondiale.

Nicolò Dal Grande

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