Sebbene, con sentenza del 16 giugno 2015 (C-62/2014, Gauweiler) la Corte di Giustizia dell’Unione Europea abbia stabilito che il programma di Operazioni Definitive Monetarie (Outright Monetary Transactions o OMT) della Banca Centrale Europea fosse compatibile con i Trattati dell’UE, alcune settimane fa la Corte Costituzionale Tedesca è tornata ad esaminare, per la seconda volta, la legalità delle OMT.
La pronuncia della CGUE, seguita al rinvio pregiudiziale promosso ai sensi dell’art. 267 TFUE, dalla Corte Federale Tedesca, ha risposto alle valutazioni critiche da questa espresse nel 2014, per cui venivano sottoposte all’attenzione dell’organo giurisdizionale comunitario i propri dubbi in ordine alla compatibilità di tali operazioni con quanto previsto dai Trattati in relazione alle competenze della BCE.
Adottato con la decisione del Consiglio direttivo della BCE del 6 settembre 2012, il programma di OMT prevedeva l’acquisto, potenzialmente illimitato, da parte della BCE di titoli di debito pubblico a breve termine emessi da Paesi in difficoltà macroeconomica grave e conclamata, che avevano richiesto l’intervento del Meccanismo Europeo di Stabilità, accettandone le riforme e i tagli che questo comporta. Il piano sulle OMT difatti veniva adottato in una situazione connotata dalla profonda crisi dei debiti sovrani, quando lo spread, il differenziale tra i titoli di debito pubblico, aveva raggiunto valori tali da far temere una frantumazione dell’unione monetaria. In tale occasione, nel luglio 2012, il presidente della BCE, Mario Draghi, si era pronunciato dichiarandosi disposto ad adottare qualsiasi misura pur di salvare la moneta unica. Tuttavia, da quell’ormai famoso discorso di Londra, le OMT non sono state mai attuate, poiché allora furono sufficienti le parole dichiarate per far abbassare lo spread e calmare i mercati finanziari.
È altresì molto improbabile che tale strumento in futuro venga attivato, mancandone – al momento – perfino la normativa di attuazione. Tuttavia, le parole dell’attuale presidente della BCE, oltre ad aver placato le turbolenze finanziarie della crisi, tra i vari effetti sortiti, hanno procurato una certa preoccupazione in Germania, ove si è auspicato che al rinvio pregiudiziale la CGUE decidesse nel senso di una limitazione all’attivismo mostrato da Draghi. Ciò nonostante, la Corte con sede a Lussemburgo non ha raccolto i suggerimenti dei giudici tedeschi, escludendo che il programma di OMT eccedesse le competenze della BCE e che violasse il divieto di finanziamento del debito pubblico degli Stati membri, di cui all’art. 123 TFUE, il quale vieta di concedere “scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia a istituzioni, organi od organismi dell’Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito”.
Il ricorso della Corte federale tedesca contro la BCE muove, dunque, dalla convinzione per cui quest’ultima, per mezzo delle OMT, sarebbe andata oltre il proprio mandato, attuando misure di politica economica e non monetaria, definite “ultra vires”.
La c.d. “dottrina ultra vires” si basa sul fatto che la BCE, attuando misure che superano il proprio mandato, finisce per produrre potenziali oneri per il bilancio tedesco, posti al di fuori dal controllo del Bundestag e quindi incompatibili col principio della sovranità popolare e della democrazia sanciti dalla costituzione tedesca (dal momento che il Parlamento tedesco ha accettato soltanto le limitazioni di sovranità provenienti dai trattati) e pertanto non applicabili da parte delle istituzioni tedesche. In passato, in occasione del giudizio sul MES, la Corte Federale ha già precisato la necessità di un previo coinvolgimento del Parlamento nazionale su tutte le decisioni che possano avere impatto sulle finanze pubbliche tedesche.
È importante notare che, nell’ordinanza di rinvio, la Corte costituzionale federale tedesca poneva determinate condizioni per mezzo delle quali sostanzialmente si riservavano la facoltà di non disattendere la decisione della Corte di giustizia, per cui la decisione che introduce il programma OMT sarebbe potuta essere compatibile col diritto UE ove avesse rispettato una serie di vincoli, fra cui figurano il divieto di cancellazione anche parziale del debito dei paesi beneficiari, il rispetto della condizionalità dei programmi EFSF e MES da parte degli stessi, la previsione di un tetto massimo per gli acquisti e il divieto di interferire con la formazione dei prezzi di titoli. Si tratta in buona sostanza di un’ulteriore applicazione della giurisprudenza sul controllo ultra vires.
In tal modo la Corte costituzionale finisce di fatto per rivendicare il ruolo di arbitro finale circa l’estensione delle competenze dell’unione europea tedesca, per mezzo di un generalizzato potere di controllo sugli atti delle istituzioni europee che appare in contrasto con il principio di uniforme applicazione del diritto dell’Unione. Senza contare che tale impostazione lascia trasparire un atteggiamento assai poco cooperativo nei confronti della Corte di Giustizia. Risulta, pertanto, quantomeno anomalo che una corte nazionale possa attribuirsi il potere di porre scelte in merito a questioni fondamentali, quali quelle di politica economica, che dovrebbero invece essere di competenza degli organi democraticamente eletti dei singoli Stati membri, e che sono destinate ad avere effetti che si ripercuotono ben al di là dei confini nazionali.
LA FESTA DI CRISTO RE. Di Francesco Mario Agnoli.
Certamente non è per caso che la dottrina sulla regalità sociale di Cristo, che ha portato all’istituzione, nel 1925 ad opera di Pio XI (enciclica