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LA RECONQUISTA RUSSA. Di A.M. Codevilla*.

Pubblichiamo un capitolo tratto dall’ultimo libro del politologo Angelo M. Codevilla, America’s Rise and Fall among Nations, del 2022. Le maggiori opere di Codevilla sono state tradotte in italiano: Il carattere delle nazioni, Guida alle relazioni internazionali, La Francia di De Gaulle e si trovano al link https://www.amazon.it/Libri-Angelo-Codevilla/s?rh=n%3A411663031%2Cp_27%3AAngelo+Codevilla

America’s Rise and Fall among Nations fu commissionato a Codevilla dall’Office of Net Assessment al Dipartimento della Difesa dell’Amministrazione Trump ed uscì postumo. Il libro è percorso da riferimenti al sesto presidente degli Stati Uniti, John Quincy Adams, il cui operato  si contraddistinse per una politica cautamente contraria all’espansione in Texas e in Louisiana oltreché al supporto ai moti dei filo-ellenisti, ma incline all’avvicinamento a Cuba.

Sebbene la Russia di oggi non rappresenti una minaccia ideologica pari a quella dell’Unione Sovietica comunista (e sebbene non abbiamo interessi direttamente contrastanti con essa), la Russia è chiaramente un avversario importante in Europa e in Medio Oriente. I suoi contributi tecnici all’esercito cinese e il suo generale allineamento geopolitico con la Cina sono ben preoccupanti per gli Stati Uniti.

Ma qual è il motivo dell’inimicizia tra Russia e America? Cosa motiva i russi se non l’inerzia sovietica e l’orgoglio ferito? Gli Stati Uniti mantengono le sanzioni economiche sulla Russia e si dice che abbiano inserito un malware nel software della sua rete elettrica! Per ottenere cosa? Dove andremo a finire? Il problema essenziale nelle relazioni tra Stati Uniti e Russia è che i desideri di nessuna delle due parti, né il calcolo dei fini e dei mezzi, sono chiari all’altro, o forse anche a se stessi.

Come sempre, l’Ucraina è il punto di intersezione tra la politica interna ed estera della Russia. Con l’Ucraina (e gli Stati baltici), la Russia è potenzialmente una potenza mondiale. Senza di essa, lo è molto meno. Gli orizzonti della Russia post-sovietica si sono ridotti perché gli eventi del XX secolo hanno separato per sempre i popoli dell’Ucraina e degli Stati baltici dalla Russia. Anche la Bielorussia è diventata meno compatibile con la Russia. La Russia d’oggi riconosce con riluttanza l’indipendenza della Bielorussia, così come l’Unione Sovietica, all’apice della sua potenza, riconosceva effettivamente quella della Finlandia.

In sintesi, la Russia post-sovietica è una grande potenza europea, esposta a eventi in Estremo Oriente che non può controllare.

Le forze armate russe, da parte loro, sono ora configurate per la negazione dei una data area piuttosto che per la proiezione di potenza. L’establishment militare, a differenza di quello degli zar e dei sovietici, enfatizza la tecnologia per economizzare la manodopera che, per la prima volta, è scarsa e preziosa. L’affidamento della Russia alle armi nucleari è ben diversa la dottrina di Eisenhower degli anni Cinquanta del “more bang for the buck” [chi più spende, meno spende].

Le aree di operazione previste dall’esercito russo sono, non a caso, quelle in cui l’esercito americano prevede un conflitto: l’area intorno al fiume Niemen, al confine tra Polonia, Lituania, Ucraina e Russia, e l’area a nord della Crimea. Entrambi sono luoghi in cui gli eserciti russi hanno ottenuto vittorie storiche. Sebbene la posizione militare della Russia sia sempre stata e rimanga strategicamente difensiva, la sua dottrina operativa dalla Seconda Guerra Mondiale prevede di prendere l’iniziativa in modo preventivo, massiccio e decisivo. Nei conflitti futuri, i russi utilizzerebbero il sistema di difesa aerea/missilistica S-400 per isolare le forze USA/NATO per via aerea, nonché gli attacchi (o la minaccia di attacchi) con il missile Iskander a capacità nucleare per tagliarle fuori a terra. Le loro forze di terra, guidate dai carri armati Armata, i migliori al mondo, farebbero quindi pressione per intrappolare le forze avversarie.

Sul versante difensivo, al di là dei sessantotto lanciatori sotterranei ricaricabili che proteggono Mosca, le difese strategiche si basano sulla connessione tra i suoi radar periferici e circa trecento sistemi S-400 (che saranno sostituiti dagli S-500 a partire dal 2021) dislocati in prossimità di ogni centro abitato e di altri punti importanti in tutto lo Stato. A differenza dei sistemi statunitensi come Patriot, Aegis e THAAD, gli S-400 sono programmati e lanciati prima di entrare in contatto con i radar locali, sulla base dei dati forniti dai radar di allerta. Sono dotati di testate nucleari per ridurre al minimo la necessità di una precisione estrema. In sintesi, la Russia ha una difesa missilistica valida. I sottomarini nucleari sono schierati in posizioni difensive per negare l’accesso navale ai territori nazionali e alle aree di schieramento dei sottomarini balistici russi ai margini della calotta artica. Le forze armate statunitensi non hanno modo di affrontare questo problema.

L’intervento della Russia in Siria dal 2015 al ‘18 e la sua abile gestione della Turchia hanno realizzato il desiderio storico degli zar di avere un porto nei mari caldi. Ma mentre la sua presa sulle basi navali e aeree del Mediterraneo è salda, mantenersi la Turchia come amica è sempre problematico per la Russia. Senza la Turchia, il controllo della Russia ristabilito sulla Crimea, e anche sulle basi nel Mediterraneo, avrà un valore limitato. Di tutto quel che si potrebbe dire del ruolo della Russia in Medio Oriente, Adams riconoscerebbe che la Russia ha portato un equilibrio più stabile alle forze locali che non ha mai giovato in questo secolo da poco iniziato. Come la maggior parte degli americani, Adams non invidierebbe le nuove responsabilità della Russia nella regione.

Pur concordando sul fatto che le vendite russe di armi avanzate alla Cina e il loro allineamento contro l’America in sede ONU sono questioni serie, Adams rifiuterebbe l’idea che il calcolo che oggi si fa di Stati Uniti-Russia-Cina sia paragonabile alla sua versione in essere tra il 1949 e i primi anni ‘60, quando l’Unione Sovietica portava avanti un’impresa comune a lungo termine e l’ideologia mascherava in qualche modo l’antagonismo razziale di Cina e Russia; né vi sono similarità con il confronto militare sovietico-cinese degli anni ‘70 e ‘80, quando la Cina temeva la Russia e gli Stati Uniti erano nella posizione di alleviare le preoccupazioni cinese. Oggi, una Russia debole vende armi alla Cina forte solo per denaro, il che difficilmente riduce la sua crescente paura delle “orde gialle” che sono più numerose e ricche che mai. A differenza degli anni ‘70 e ‘80, i problemi tra le due nazioni derivano da disparità di fondo. Adams riterrebbe che il meglio che l’America possa fare per se stessa sia non creare nulla che mettesse in ombra queste disparità. Scommetterebbe che senza il sostegno degli Stati Uniti alle relazioni russo-cinesi, i due Paesi sarebbero i principali nemici l’uno dell’altro nel volgere di un decennio.

L’Ucraina è la più grande limitazione pratica alle ambizioni russe. La sua indipendenza è nell’interesse degli Stati Uniti, ma al di là della nostra capacità di garantirla. Adams vedrebbe le relazioni degli Stati Uniti con la Russia circa l’Ucraina come simili a quelle degli Stati Uniti con l’Europa e l’America Latina duecento anni fa. In quel tempo, Adams sapeva che gli europei si erano resi conto (o che l’esperienza li avrebbe costretti a rendersi conto) di non poter controllare nessuna parte dell’emisfero occidentale. Dichiarando l’intenzione dell’America di tutelare i suoi interessi nell’emisfero, e rinunciando al contempo a intromettersi negli affari europei, egli incoraggiò gli europei a pensare e ad agire in modo sensato. Oggi sarebbe fiducioso che la Russia si possa rendere conto di non poter controllare né l’Ucraina, se non nella sua parte russa, né i Paesi baltici, per non dire degli Stati dell’Europa orientale. Rassicurerebbe la Russia sul fatto che gli Stati Uniti non interferiranno con l’ingresso della Russia nel flusso degli affari europei e non useranno le loro relazioni con l’Ucraina o con un altro vicino della Russia per disturbarla. Adams non si impegnerebbe in nessuna ostilità per tentare di definire i limiti della Russia in Europa, ben sapendo che questo va al di là delle capacità americane e restringe le basi per relazioni fruttuose.

Adams non ignorerebbe che la politica americana, attuata con la normale diplomazia, è di favorire l’indipendenza degli Stati baltici e soprattutto dell’Ucraina. Ma saprebbe e direbbe sinceramente alla Russia che l’indipendenza di quei Paesi dipende da loro stessi e considererebbe controproducente cercare di farne delle pedine americane o anche solo dare l’impressione che potrebbero esserlo. Confiderebbe in un’Ucraina che ha smesso di desiderare i confini che Stalin le aveva fissato nel 1927 e che Kruscev aveva accresciuto nel 1954, in un’Ucraina che si sta ritirando nella sua identità occidentale (affermando per esempio l’indipendenza della sua Chiesa ortodossa da quella russa) e che si regge saldamente sulle sue gambe. Adams riporrebbe le sue speranze nell’effettiva accettazione da parte della Russia della sua incapacità di controllare una simile Ucraina. Questa sarebbe la politica ucraina di Adams.

Angelo M. Codevilla

* A cura di Andrea Bianchi

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