…ma il governo israeliano non ci sta.
JEWISH VOICE FOR PEACE: UN APPELLO NECESSARIO
Qualche centinaio di arresti per un sit-in non autorizzato alla Grand Central Station di New York in favore del cessate il fuoco in Palestina. Non si tratta di militanti arabi e tantomeno di antisemiti, ma di ebrei newyorkesi che appartengono al movimento Jewish Voice for Peace. Poiché non mi pare che i nostri media abbiano dato sufficiente spazio alla notizia, e poiché mi pare invece importante per sottolineare che lo scontro non è fra ebrei e musulmani (magari ricordando la presenza di cristiani a Gaza, inclusi i diciotto morti nel bombardamento della Ortodossa di San Porfirio), propongo la lettura dell’appello che hanno lanciato sul loro sito e che vogliono presentare all’opinione pubblica americana. Per quanti volessero leggere l’originale, si trova. Qui: https://www.jewishvoiceforpeace.org/2023/10/27/no-more-grieving-families/
Mai più famiglie in lutto in Palestina e Israele.
“Gli eventi delle ultime settimane hanno chiarito ciò che abbiamo sempre saputo: le vite di palestinesi e israeliani sono intrecciate e la sicurezza può venire solo dalla giustizia, dall’uguaglianza e dalla libertà per tutti.
Proviamo un sollievo viscerale per il ricongiungimento dei quattro ostaggi israeliani con le loro famiglie. Ci ricorda per cosa stiamo combattendo: Che ogni singolo civile – palestinese e israeliano – dovrebbe essere in grado di vivere in sicurezza nelle proprie case, con le proprie famiglie al fianco, senza paura. Che questo sia un modello per preservare, attraverso la diplomazia, ogni singola vita preziosa in questo momento.
L’unica strada percorribile è il cessate il fuoco.
Abbiamo detto cessate il fuoco ogni giorno di questo periodo orribile, quindi vogliamo essere specifici. Chiediamo che i nostri funzionari eletti, compreso il Presidente Biden, chiedano quanto segue:
Chiedere che il governo israeliano cessi immediatamente i bombardamenti su Gaza.
Consentire l’ingresso a Gaza di tutti i beni umanitari salvavita, compresi acqua, carburante, cibo e medicine.
Avviare negoziati diretti per gli ostaggi israeliani.
I bombardamenti e l’assedio israe liano su Gaza hanno spazzato via intere famiglie o hanno lasciato solo uno o due sopravvissuti a portare la memoria di generazioni. Altre migliaia sono intrappolate sotto le macerie. In tutta Gaza non c’è più carburante per far funzionare le attrezzature di soccorso e gli ospedali sono rimasti senza elettricità. Milioni di palestinesi a Gaza stanno affrontando un assalto militare genocida senza sapere a chi rivolgersi. Migliaia di palestinesi sono stati arrestati da Israele dal 7 ottobre, raddoppiando il numero di prigionieri politici palestinesi in Israele in due settimane. Anche la vita degli oltre 200 ostaggi israeliani rimasti a Gaza è in pericolo a causa degli attacchi aerei indiscriminati di Israele e le famiglie attendono con ansia il ritorno dei loro cari.
Ma i funzionari del governo israeliano sono stati dolorosamente chiari: sono più intenti a compiere violenze genocide contro i 2,2 milioni di pales tinesi che vivono a Gaza che a negoziare per la vita degli ostaggi israeliani.
Non esiste una soluzione militare. Chiediamo che non ci siano più famiglie in lutto e che il cessate il fuoco sia immediato per salvare vite umane.
Stiamo continuando a lottare al Congresso.
Mercoledì scorso, la Camera dei Rappresentanti ha votato a stragrande maggioranza per adottare una risoluzione unilaterale e crudele che garantisce il sostegno incondizionato degli Stati Uniti a Israele e non dice nulla degli oltre 7.000 palestinesi uccisi da quando l’esercito israeliano ha iniziato a bombardare Gaza. Al momento della sua approvazione, la risoluzione aveva raccolto ben 425 co-sponsor, a dimostrazione di quanto lavoro ci sia ancora da fare per smantellare l’alleanza USA-Israele e porre fine alla complicità degli Stati Uniti nell’apartheid israeliano.
Questo non vuol dire che la nostra organizzazione non stia avendo un impatto straordinario.
Ci sono stati anche 16 membri del Congresso che si sono rifiutati di votare “sì”, compresi alcuni voti “presenti” che provenivano da membri del Congresso che inizialmente erano co-sponsor della risoluzione – e poi hanno cambiato idea sotto la pressione dell’opinione pubblica.
Questo dimostra ciò che già sappiamo: Che c’è un’immensa pressione politica su ogni politico statunitense per sostenere il regime di apartheid di Israele. E, nonostante questo, quando spingiamo al massimo, possiamo e riusciamo a far sì che i nostri funzionari eletti si schierino per la giustizia.
La nostra richiesta è il cessate il fuoco.
È chiaro che il governo israelian o è più interessato a continuare la sua guerra genocida contro Gaza che a salvare una sola vita. Ed è chiaro che negli Stati Uniti i soldi delle nostre tasse finanziano ogni giorno questa indicibile violenza.
È un’emergenza di proporzioni storiche: chiamate il Congresso ora, più tardi, domani, ogni giorno, e chiedete un cessate il fuoco.”
Estremisti? A me pare un richiamo al buon senso contro gli estremismi di entrambe le parti, in favore di un processo di pacificazione messo in crisi dall’attacco di Hamas e dalla risposta di Israele, entrambe mirate contro soldati e indiscriminatamente contro civili. Ma precedute e accompagnate dallo strangolamento economico di Gaza e da un’occupazione nel West Bank che ogni giorno ha registrato soprusi gravissimi contro i palestinesi da parte dei coloni, soprusi ignorati se non facilitati dal governo attuale. Ricordiamo inoltre che, se la presa degli ostaggi di Hamas è deprecabile, altrettanto condannabile è l’utilizzo della carcerazione amministrativa da parte del governo israeliano, ossia da una carcerazione senza processo, anche a danno di adolesce nti; nonché delle punizioni collettive come l’abbattimento delle case di famiglie palestinesi un cui membro si è reso colpevole di attacchi contro israeliani. Una ritorsione che, per non essere considerata apartheid (per riprendere l’espressione del documento di Jewish Voice for Peace), dovrebbe essere estesa a quegli israeliani che si sono resi colpevoli di violenze antipalestinesi, ma che spesso invece restano impuniti. Si può e si deve insomma solidarizzare con le voci della ragionevolezza come quelle del Segretario generale delle Nazioni Unite Guterres e degli Ebrei per la Pace: il conflitto non è cominciato il 7 ottobre.
Marina Montesano