Proviamo a mettere in fila alcuni degli attentati alla nostra qualità della vita che l’Unione Europea, in nome di una indimostrata, presunta “crisi climatica di origine antropica”, ha già deciso o ci sta preparando. La casa: vogliono obbligarci ad adeguare le nostre case ad assurde norme green: cappotti termici, infissi, divieto di riscaldamento con combustibili fossili e molto altro. È stato calcolato che l’adeguamento di un appartamento medio costerà una cifra, minima, tra gli 80 e i 100 mila euro. Per le case singole, molto di più. In ogni caso, si moltiplicheranno i costi per riscaldamento, acqua calda e cucina. Per l’Italia, paese di proprietari di casa, sarà un vero esproprio e una festa per le fameliche multinazionali immobiliari.
L’auto: il divieto di vetture con motori a combustione termica rappresenta un attacco alla libertà di movimento e alla libertà tout court. Oggi, quasi qualsiasi famiglia si può permettere un’utilitaria, anche usata. Domani solo i benestanti potranno permettersi le carissime auto elettriche, con costose batterie con una durata limitata, inefficienti nei tempi di ricarica, costruite con metalli di cui la Cina ha un sostanziale monopolio, che hanno il preoccupante vizietto di incendiarsi più di quanto non capiti alle vetture “normali”. Centinaia di posti di lavoro andranno perduti nel settore europeo dell’automotive. Tuttavia il pubblico sta incominciando a comprendere la verità sulle auto elettriche: a causa del crollo nella domanda, ad esempio, la Volkswagen ha comunicato una sostanziosa riduzione nella produzione di queste vetture.
L’agricoltura: se il terroristico programma agricolo-alimentare UE venisse attuato, avremmo la distruzione di decine di migliaia di allevamenti (che secondo i tecnocrati di Bruxelles sarebbero “inquinanti”), come sta già avvenendo in Olanda dove gli agricoltori sono è scesi minacciosamente in piazza e dove un neo-costituito “partito agricolo” ha vinto in elezioni regionali. Ma la minaccia riguarda tutta l’Europa, non solo l’Olanda.
Il buon cibo: l’Unione Europea sta finanziando con ingenti fondi esperimenti per la “fabbricazione” (che altro termine si può usare?) di carne sintetica prodotta in laboratorio e già molte multinazionali-avvoltoio svolazzano intorno a questo nuovo, lucroso business. Secondo gli euro-burocrati e i sostenitori verdi della decrescita e della decivilizzazione dovremmo ridurci a cibarci di questa “carne” di sintesi o di insetti a favore dei quali già abbiamo visto il sospetto, propagandistico entusiasmo di noti testimonial e influencer.
La pesca: sono state approvate nuove norme europee contro alcuni tipi di pesca, quella a strascico in particolare. I danni per le flotte pescherecce italiane saranno gravissimi: molte barche non potranno più pescare e alcuni tipi di pesce scompariranno dai mercati o li importeremo da altri continenti a caro prezzo.
I nostri paesaggi: non si ferma la loro distruzione voluta e incentivata anche dalla UE, che è un’aggressione alla bellezza dei nostri panorami e della nostra agricoltura, con i famigerati “parchi” (“parchi”?) di enormi pale eoliche, inquinanti visivamente e acusticamente e la cui costruzione necessita di migliaia e migliaia di tonnellate di cemento, oltre a materiali sintetici e metalli rari. Altra minaccia: ettari ed ettari di buon terreno coltivabile occupati da “campi” (“campi”?) di pannelli solari. Di questi strumenti è notoriamente assai dubbia l’efficienza: cosa succede quando non tira vento, è buio o non c’è il sole?
I nostri soldi: la Banca Centrale Europea, diretta dalla gelida Christine Lagarde, alza i tassi per “contenere l’inflazione”, mettendo in forte difficoltà famiglie e imprese. Tuttavia molti economisti fanno notare che l’attuale aumento dei prezzi non ha cause monetarie o di eccesso della domanda: sono principalmente una conseguenza dell’aumento spropositato dei costi dell’energia dovuto alle sciagurate sanzioni alla Russia ma anche alle scriteriate politiche UE che disincentivano, ad esempio con i “diritti di emissione”, i famigerati ETS e il costante aumento del loro costo, investimenti nel settore degli idrocarburi.
Le nostre campagne: la cosiddetta “legge Natura” (“Nature Restoration Law”) fortemente voluta dal commissario Timmermans e dai suoi compari ecologisti, è stata approvata anche grazie al tradimento di alcuni deputati del Partito Popolare. Questa disastrosa legge ordina che quote di territorio (il 30%, secondo altri calcoli anche il 50%) vengano riportate allo stato selvaggio, 25.000 km di fiumi privati di dighe e di argini con gli intuibili gravissimi pericoli di immensi danni che abbiamo già visto in Romagna, il blocco del drenaggio delle zone bonificate con il ritorno delle paludi e della malaria, aree oggi incivilite dall’agricoltura e antropizzate fatte tornare all’incolto. Vietata la manutenzione dei boschi (con i connessi rischi di incendio), vietate le recinzioni private dei terreni in odio alla proprietà privata. Prezzi dei prodotti agricoli alle stelle. Tutto in nome di quel nuovo idolo per semi-colti che è la “bio-diversità”, di uno scriteriato animalismo e di un antiumano, regressivo e decivilizzante ambientalismo.
“Ascoltate la Scienza” grida isterica Greta Thunberg, la Pulzella di Svezia che ha toppato un’ennesima profezia: aveva vaticinato che l’umanità sarebbe scomparsa entro il 21 giugno del 2023. Ci risulta che l’umanità sia ancora qui. (Si chiede giustamente il giornalista Giulio Meotti: “Come abbiamo fatto a rincretinirci al punto di prendere sul serio le lacrime e gli sguardi di Greta Thunberg?”). Sentiamo anche dire: “Tutti gli scienziati sono d’accordo sul riscaldamento climatico di origine antropica”. Falso. Scienziati come Antonini Zichichi, il premio Nobel Carlo Rubbia, Franco Prodi e molti altri lo hanno negato. 1.500 scienziati di varie discipline e nazionalità, tra cui decine di climatologi, hanno sottoscritto un appello contro questa mistificante credenza di un “effetto serra” prodotto dalle attività umane. Un gruppo di scienziati internazionali ha dato vita alla “Climate Intelligence Foundation (Clintel)” con lo scopo di approfondire il tema con analisi scientifiche credibili senza ideologismi dogmatici voluti da politici interessati come quelli dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), emanazione dell’ONU.
Una ventina tra gli scienziati italiani di questa Fondazione, geologi, fisici, geofisici, ingegneri, chimici, geografi, climatologi, tutti docenti e ricercatori con vaste esperienze internazionali coordinati dal professor Alberto Prestininzi, ha prodotto un volume: Dialoghi sul clima. Tra emergenza e conoscenza, co-edito dall’Università la Sapienza di Roma e dall’editore Rubettino. Altamente consigliabile per chi crede a un approccio scientifico al presunto riscaldamento climatico, ora pudicamente ridefinito dagli ecologisti “emergenza climatica”. Il libro smentisce le apodittiche certezze riguardo alla presunta “unanimità degli scienziati” sul tema e fornisce indicazioni utili per capire le cause e la genesi di questa credenza. Scrive il professor Franco Battaglia nel suo contributo intitolato significativamente “Non esiste alcuna emergenza climatica”: “Da circa trent’anni l’opinione pubblica viene allarmata da annunci di una imminente catastrofe climatica causata dalle emissioni di CO2 conseguenti all’uso dei combustibili fossili nelle attività dell’uomo. Ma l’allarme non ha alcun fondamento. Di conseguenza non ha alcun fondamento ogni impegno a ridurre le emissioni.” E viene riportata l’opinione di Harold Warren Lewis, professore di fisica ed ex-presidente del dipartimento dell’Università della California: “il riscaldamento globale è la più grande e riuscita frode pseudoscientifica che abbia mai visto nella mia lunga carriera di fisico”. Ma la presunta tesi della “unanimità degli scienziati” viene anche smentita dagli stessi sostenitori del “riscaldamento climatico”, quando alcuni di questi chiedono l’esclusione dal dibattito degli studiosi contrari alla tesi antropogenica dei presunti cambiamenti. Ad esempio Mario Tozzi, eco-geologo ben presente in TV, che ha chiesto la censura per questi scettici, oppure Roberto Saviano che li ha paragonati ai “terrapiattisti”. Addirittura sul sinistrissimo quotidiano Domani tale Gianfranco Pellegrino ha scritto un articolo la cui tesi è nel titolo “Il negazionismo climatico dovrebbe essere un reato”. Quindi, se i talebani del clima chiedono di togliere ai “negazionisti” il diritto di parola, allora esistono numerosi scienziati renitenti al dogma del riscaldamento globale e a non esistere è invece la presunta “unanimità degli scienziati”.
D’altronde è un dato di fatto che la “verità” del presunto riscaldamento climatico ci viene imposta con una massiva opera di disinformazione, di propaganda, di censura dei confronti dei pensatori “non conformi”. Giuliano Guzzo, su LaVerità, ci ha svelato che esiste un piano per indottrinarci sul clima: circa 400 tra le principali testate al mondo hanno aderito a un accordo per promuovere “un’azione coordinata” sul tema. L’intento è quello di imporre, come sottolinea l’autore di Ecotopia, Ernest Calenbach, “un modello ecologico-coercitivo di comportamento individuale”. Anche attraverso la scuola e i libri di testo. Il ministro dell’Istruzione nel governo Conte bis, Lorenzo Fioramonti, quello che intimò alle scuole di considerare giustificate le assenze degli studenti in sciopero per i gretini Fridays for future, nel 2019 ammise di voler “innovare la didattica introducendo temi legati alla sostenibilità in ogni materia, dalla scienza alla storia”. Nei programmi televisivi, la terroristica propaganda ecologista sulla prossima “fine del mondo” provocata dal “riscaldamento globale” è pervasiva, aggressiva, martellante, senza contradditorio, onnipresente nei programmi d’informazione, nei talk show, nei documentari, persino nelle fiction e nella pubblicità. Eppure, l’opinione pubblica europea, pur disinformata dai media e dai governi, ha sviluppato un forse confuso, ma radicato scetticismo, se non un aperto spirito di rivolta contro la “dittatura verde”. Lo dimostrano le ribellioni dei Gilets jaunes in Francia contro l’aumento dei carburanti dovuto all’introduzione di una “tassa ecologica” o le rivolte degli allevatori e agricoltori in Olanda. Persino nella ubbidiente Italia crescono le proteste di comunità locali contro l’imposizione delle orribili pale eoliche e la conseguente distruzione dei paesaggi, fonte di ricchezza con il turismo. E’ capitato in Sardegna, in Toscana, in Puglia, in Sicilia. E’ ben nota la battaglia di Vittorio Sgarbi contro questo scempio ambientale: “Le pale eoliche stuprano il paesaggio”.
Anche nel Parlamento europeo, probabilmente a causa dell’approssimarsi delle elezioni europee, incomincia a serpeggiare qualche dubbio sulle politiche volute dagli ambientalisti, come ha dimostrato la maggiore difficoltà a far approvare i più impopolari e sciagurati diktat ecologisti.
Tutto questo dimostra che un ipotetico “mondo verde” piace solo a una minoranza di europei, quei radical-chic benestanti e abitanti delle città, che detengono sì un’egemonia culturale e uno sproporzionato potere politico, ma che rappresentano, appunto, solo una minoranza dell’opinione pubblica. La maggioranza è sospettosa nei confronti di espressioni menzognere come “sviluppo sostenibile” oppure “decrescita felice”. Ben interpreta questo sentimento profondo Matthew Hoffman, ricercatore del Mises Institute: “Quelli come noi che non si guadagnano da vivere sostenendo che il mondo finirà presto, lo sviluppo sostenibile può solo fornire ciò che di meglio il governo è in grado di fornire: la povertà”. Che l’ambientalismo realizzato comporti un pericoloso e crudele totalitarismo è ormai chiaro a molti: dittatura verde, povertà, fame, distruzione della libertà di movimento, della medicina, regressione e decivilizzazione, riduzione drastica della popolazione. Scrive il saggista cattolico Guido Vignelli nel libro “Da Dio al Bio. L’ecologismo come religione del Nuovo Ordine Mondiale”: “l’ecologismo pretende di plasmare il futuro dell’umanità e ormai sta ottenendo mezzi e poteri istituzionali per farlo, anche contro l’esplicita volontà dei popoli”. E ancora: “la nuova “civiltà ecologica” in realtà prepara una sorta di anti-civiltà disordinata e miserabile”. Citiamo ancora Giulio Meotti che nel suo “Il dio verde. Ecolatria e ossessioni apocalittiche” ci mette in guardia “sull’avvento dell’ecotopia. Ma per raggiungerla c’è un prezzo da pagare: la perdita della libertà […] L’ecologismo si dirige verso il totalitarismo antiumanista”.
Che un “mondo verde” sia attuabile solo per mezzo di un regime oppressivo lo ha esplicitato, due anni fa, Eric Heymann, Chief economist della Deutsche Bank: “Se l’Europa vuole attuare il Green deal deve imporre un’eco-dittatura”. E’ quello che il premio Nobel per la medicina Christian De Duve auspicò come “controllo sociale da parte delle persone competenti”. Lo abbiamo appena visto con la dittatura sanitaria, lo rivedremo, lo stiamo già esperimentando, con l’eco-dittatura.
Serge Latouche, economista e filosofo che si definisce “anti-utilitarista”, inventore di una auspicata “decrescita” (ma la l’irritante espressione “decrescita felice” è di un italiano, Maurizio Pallante), nemico persino del cosiddetto “sviluppo sostenibile”, che considera una contraddizione, ha esplicitamente auspicato un “eco-socialismo”. Non può che essere questo l’esito necessario dell’ecologismo: un neo-comunismo tribalista, liberticida e regressivo. Pascal Bruckner, filosofo e saggista, autore tra l’altro de: “Il singhiozzo dell’uomo bianco” nel suo recente: “Il fanatismo dell’apocalisse. Salvare la Terra, punire l’Uomo” ci ammonisce: “Tutte le sciocchezze del bolscevismo, del maoismo, del trotzkismo vengono in qualche modo riformulate, nel nome della salvezza del pianeta” e ci avvisa: “L’ambientalismo è inquietante perché s’insinua negli aspetti più intimi della vita, nelle scelte alimentari, di abbigliamento, energetiche, per controllarle meglio. Leggendo le sue raccomandazioni, abbiamo l’impressione di sentire la porta pesante di una cella che si chiude dietro di noi”.
Possiamo sommessamente ricordare che il regime che nella storia recente più si è avvicinato all’oscura, antiumana distopia verde è stato quello della crudele e sanguinaria “Kampuchea democratica” di Pol Pot e dei suoi khmer rossi che odiavano la città corruttrice e imponevano il ritorno obbligato alla campagna e a un’agricoltura primitiva per fondare “una nuova Cambogia contadina” in opposizione alla civiltà europea?
Antonio de Felip