Guerra, di Louis Ferdinand Céline, edito da Adelphi, è il ritorno di un narratore senza confronti, dentro e fuori il ventesimo secolo. Nel settembre 1930, Céline, in piena stesura del capolavoro Voyage au bout de la nuit, scrive in una delle ventotto lettere a Joseph Garcin, decorato con la Croce di Guerra :” … Ma io ho dentro di me una riserva di mille pagine di incubi e quello della guerra è naturalmente il primo… in questo fango e questo sangue e questa merda e questa coglionaggine degli uomini…”.
Nel fango e nel sangue, ferito al braccio e alla testa, Bardamu, che si rivolge ai lettori con il vous, nel fragore che gli rimbomberà nel cranio fino all’ultimo, nella catalessi schiantata dagli obici sotto il diluvio, tocca il cadavere di un commilitone semisommerso in una pozzanghera. Si rialza, si allontana nella notte, un soldato inglese lo sorregge verso il campanile di Ypres, insieme riguadagnano le linee alleate. Si è vergini della voluttà come dell’orrore anche qui, nelle Fiandre dove il brigadiere Ferdinand, ferito a Poelkappelle il 27 ottobre 1914, in un loop di fedeltà letteraria e infedeltà di cronaca, sinapsi di autobiografismo e creazione – nomi e luoghi cambiano più volte – narra la convalescenza fino alla partenza per Londra con una prostituta e il suo attempato cliente-benefattore. Soldati e cavalli sventrati, topi che se ne cibano, putrefazione, macerie, panorami sconvolti, civili trucidati: è la declinazione dell’effetto-domino di Sarajevo.
Céline non guarirà: Rigodon, terminato a poche ore dalla morte, il primo luglio 1961, è la prova che la cesura, tra il prima e il dopo, è stata incurabile. Altro che non se ne parli più. Un ospedale da campo in una chiesa poi abbandonata, brande e bare, necrosi e acido fenico, il trasbordo in treno tra i commilitoni martoriati e morti. Un nosocomio a Puerdue-sur-la Lys, le “attenzioni” dell’infermiera L’Espinasse, il coagulo degli artifizi per non soccombere raccattati nel bugliolo negli istinti ancestrali – sentivo che di vita dentro ne restava ancora molta– memorizzati, tutti, i rumori degli uomini e della terra e il silenzio dei delatori in un giorno pieno di spavento per il Consiglio di Guerra e il plotone d’esecuzione, la coprolalia mentale dei generali, la copula di pance indentro e petti in fuori. L’angoscia va più a fondo dei pensieri. Penso a coloro che devono trovare la forza interiore dopo il tempo del disincanto, scriveva Balzac. Io la guardavo la vita, lì pronta a torturarmi, scrive Céline.
L’amicizia con Bébert- come il gatto sepolto a Meudon e il nipote della concierge Bérenge- un macrò. Non mi chiamo mica Cascade, e nemmeno Gontran, mi chiamo Julien Boisson: fucilato all’alba per autolesionismo, dietro il muro del seminario, denunciato dalla moglie Angèle, che spilla soldi ai clienti con un complice che piomba in camera da letto fingendosi il marito. Vite vendute, tutte, dal primo respiro. Tu non sai cosa può combinare una donna in certi casi…Non c’è la parola “romanzo” ma, come per Guerre che Gallimard ha pubblicato nel 2022, Guerra è a cura del Pascal Fouché di Ça a debuté comme ça, che prende il titolo dalle cinque prime parole del Voyage e autore, con J. P. Dauphin, della Bibliographie des écrits de Louis-Ferdinand Céline, 1918-1984. C’è la premessa di François Gibault, cofondatore della Société des Études Céliniens, autore della biografia in tre volumi di Mercure de France. A corredo, nota editoriale, alcuni fogli manoscritti, un’appendice sul testo nella vita e nel corpus céliniano, il regesto dei protagonisti, un prontuario di argot e di terminologia militare e medica e l’avvertenza del traduttore – nomen omen!- Ottavio Fatica: dopo Alex Alexis, tradurre Céline fa tremare i polsi. Dunque, lo spazio per filologici salti in avanti e tesi antagoniste, è quello delle legittime opinioni.
Guerra è una costola del Voyage, troppo lungo ed “esplicito”, asportata su richiesta dell’editore? Da una lettera alla segretaria Marie Canavaggia del 1936: Non c’è dettaglio per
quanto piccolo che mi possa spaventare! Me li accollo tutti! La minima virgola mi appassiona! Non conosco, odio la stravaganza e il felice ripiego. Categoricamente no. Céline pensava a un romanzo in tre parti: Infanzia, Guerra, Londra. Verosimilmente, questo è la prima stesura della seconda parte, databile tra il 1933- un anno dopo l’uscita del Voyage– e il 1934. Mort à credit è del 1936. Ma che cos’è, da subito, questa materia, autonoma quale che sia la collocazione temporale! Tra Gallimard e Céline il conto è aperto da novant’anni: Voyage, rimpallato fuori tempo massimo dalla redazione che pensava a non pochi tagli, fu pubblicato dallo squattrinato Denoël. Nel dopoguerra, Gaston Gallimard, che Céline apostrofava come tagliagole, accettò il consiglio di Roger Nimier e pubblicò lo scrittore più odiato di Francia- esclusi i tre pamphlet antisemiti- riconoscendogli diritti d’autore ben oltre il venduto e un fisso mensile.
Gallimard ha già edito Londres; a mo’ di sottotitolo, édition etablie et présentée par Regis Tettamanzi, studioso céliniano. CÉLINE INEDIT. “Inedito”, come ha precisato Tettamanzi, perché metà testo è di prima stesura. Faldoni manoscritti per cinquemila trecento ventiquattro pagine erano stati rubati nel 1944 nell’appartamento di Céline, forse dal suo contabile, Oscar Rosembly, sedicente resistente, un mariuolo. Lui e i complici cercavano la pistola fumante per accusarlo di collaborazionismo con Vichy e i nazisti: non la trovarono. Céline era fuggito il 17 giugno con la moglie Lucette a Sigmaringen, in Germania, tappa verso la Danimarca, dove finirà in galera. La cronaca è in Da un castello all’altro. Jean-Pierre Thibaudat, collaboratore del quotidiano di sinistra Libération, secondo cui gli scritti a sue mani erano stati recuperati da Yvon Morandat di France Libre, morto nel 1972, subentrato nell’appartamento di Céline, ha restituito il tutto dopo che gli aventi diritto, il già citato Gibault e la saggista e amica della vedova Destouches, Véronique Robert-Chovin gli hanno fatto causa. Le pagine comprendono la Légende du roi Krogold e parti di Casse-pipe. Nell’attesa di nuove pubblicazioni- e polemiche- manteniamo le posizioni, restiamo ben oltre le aspettative.
Donatello Bellomo