L’ordine del giorno che, approvato, su proposta dalla deputata M5S Stefania Ascri, dalla Camera quasi all’unanimità (nessun voto contrario, tre astenuti), impegna il governo “ad astenersi dall’intraprendere iniziative di carattere anche normativo volte ad eliminare o limitare il sistema di tutele garantito dalla legge n. 194 del 1978”, merita, accanto a quelle politiche, qualche considerazione di carattere giuridico. Quanto meno per sgomberare la strada dall’ipotesi di una sua natura giuridicamente vincolante. Pur trattandosi della delibera di uno (ma solo di uno) dei rami del Parlamento, cioè dell’organo sovrano (in rappresentanza dei cittadini) del nostro sistema costituzionale, l’ordine del giorno potrebbe (insisto sul condizionale) essere ritenuto politicamente vincolante, ma non ha forza di legge , in ambito giuridico, non possiede alcuna valenza precettiva e tanto meno coattiva non solo nei confronti del governo, ma nemmeno degli stessi deputati che lo hanno votato e che, al di là dei problemi di coerenza, personale e partitica, restano liberi di cambiare idea e di votare o addirittura di farsi promotori di disegni di legge modificativi o abrogativi della 194.
Di natura sostanzialmente giuridica, anche se espressa soprattutto in termini e a fini politici, è anche la questione sollevata dai fan dell’ “aborto per sempre”. Costoro concordano nell’attribuire (giustamente per quanto si è appena detto) all’ordine del giorno in questione un significato poco più che simbolico, ma vi aggiungono il rilievo che la maggioranza parlamentare di centro-destra potrebbe aggirare l’impegno impostogli e conseguire lo scopo di privare le donne del “diritto all’aborto”, così accontentando la parte cattolica del proprio elettorato di riferimento, senza effettuare il benché minimo intervento sul testo normativo della legge 194. Citano a sostegno della loro tesi i disegni di legge proposti dall’inizio della legislatura da alcuni parlamentari ed in particolare quello del sen. Roberto Menia, che, riprendendo un’analoga iniziativa del sen. Gasparri (quest’ultima significativamente presentata, quasi a titolo programmatico, il primo giorno di questa XIX legislatura), non si occupa della 194, ma propone di sostituire l’attuale art. 1 del codice civile, “la capacità giuridica si acquista dal momento della nascita”, con un nuovo testo: “ogni essere umano ha la capacità giuridica fin dal momento del concepimento”. Una modifica che – sostengono – comporterebbe “la possibilità di considerare il concepito una vittima di omicidio in caso di aborto”.
L’obiezione nasce in realtà da una lettura inesatta dell’ordine del giorno, che, nei limiti in cui gli si riconosca efficacia, non riguarda solo gli interventi direttamente incidenti sul testo normativo della 194, ma, come hanno perfettamente compreso i critici della parte opposta, che, difatti, accusano i partiti di centro-destra di totale cedimento, per incapacità o connivenza, alla cultura abortista, a qualunque iniziativa, di qualsiasi natura e genere volta “ad eliminare o limitare il sistema di tutele garantito dalla legge n. 194 del 1978”, quindi anche disegni di legge che, come quelli Gasparri e Menia, attribuiscano personalità giuridica al nascituro se il loro effetto comporti l’eliminazione o la limitazione delle pratiche abortive consentite dalla 194. E’ altamente probabile – diamolo pure per scontato – che appunto a questo mirino (o miravano, dal momento che l’iniziativa è stata, per così dire, archiviata dai partiti di riferimento) i proponenti e sostenitori di queste proposte di legge, dirette a rafforzare la posizione giuridica del concepito. Attualmente non soggetto, ma oggetto di diritto. Altrettanto probabile che la loro approvazione riproporrebbe, in termini in parte nuovi rispetto all’attualità, un potenziale conflitto fra la disciplina dell’interruzione volontaria di gravidanza di cui alla 194 e questo nuovo testo dell’art. 1 del codice civile. Conflitto che imporrebbe, più prima che poi, l’intervento del giudice, costituzionale o ordinario. Tuttavia tutt’altro che scontato l’esito a favore della vita (e, quindi, del nascituro vittima di omicidio) dal momento che la giurisdizione potrebbe (ed è questa l’ipotesi di gran lunga più verosimile) dare comunque la prevalenza, nel conflitto di interessi fra due soggetti di diritto – madre e concepito -, a quello che viene definito il diritto della donna alla salute fisica e psichica pressoché esattamente con gli stessi argomenti utilizzati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 27/1975 (la stessa che, cancellando il reato di aborto, ha aperto la strada alla 194) e dalla Corte di Cassazione civile nella sentenza n. 16754/2012. Entrambe le Corti riconoscono infatti che il nascituro, pur non essendo soggetto, ma oggetto di diritto, gode di piena tutela giuridica anche in ordine al suo interesse all’esistenza. La Corte costituzionale fonda questa tutela sugli artt. 2 e 31 Cost., mentre la Cassazione, dopo avere precisato che ”la protezione del nascituro non passa necessariamente attraverso la sua istituzione a soggetto di diritto” si spinge fino a ritenere più efficace la tutela assicurata dall’oggettività. Del resto lo stesso art. 1 della 194 proclama solennemente che lo Stato tutela la vita “fin dal suo inizio”. Resta il fatto che, tutela oggettiva o soggettiva, già la sentenza costituzionale del 1975, in seguito mai smentita o contraddetta, ha fatto prevalere sulla vita del nascituro la “salute” della madre. Se questo è esatto si può arrivare – forse con un pizzico di audacia interpretativa – a sostenere che proposte di legge intese ad attribuire la soggettività giuridica fin dal concepimento restano estranee al divieto di cui all’ordine del giorno, come del resto sostengono i fan dell’aborto per sempre.
Si è sopra riconosciuta la potenziale esistenza di un vincolo politico a seguito dell’approvazione dell’ordine del giorno, ma si tratta di individuarne destinatario – certamente, nell’intenzione dei proponenti, il governo – e limiti. Determinante a questo fine il fatto che l’ordine del giorno sia stato approvato solo dalla Camera dei deputati. Ne consegue che esso non può incidere né sulle iniziative del Senato e dei singoli senatori, come, per l’appunto, Menia e Gasparri, né sui rapporti fra governo e Senato. Dal momento che votando l’ordine del giorno i deputati hanno, implicitamente, ma necessariamente, affermato che la legge 194 va bene così com’è e, quindi, non deve essere cambiata, si sono, sempre politicamente parlando, autovincolati a non modificarla. Di conseguenza risultano gli unici veri destinatari del proprio ordine del giorno.
Francesco Mario Agnoli.