Spesso sentiamo sostenere che la società in cui viviamo funziona ed è la migliore possibile (Popper), spesso i luoghi comuni rovinano la vita e la complicano. La società post moderna è basata su paradigmi assolutamente errati e i dati lo confermano, la qualità della vita non è migliorata se comparata con quella del passato (cfr La ragione aveva torto, Massimo Fini), ma al contrario è peggiorata e il futuro non promette nulla di buono.
Per avere una qualità della vita non basta la soddisfazione materiale, anzi, al contrario di quanto si pensa il materialismo conduce a svuotamento interiore peggiorando l’esistenza delle persone. L’Occidente vive in una logica materialista e di consumo ma le persone sono infelici come dimostra l’uso di psicofarmaci, alcol e droghe varie.
In italia oltre un milione e mezzo di persone soffre di depressione, mentre il 10% della popolazione italiana, cioè circa 6 milioni, hanno sofferto di depressione nel corso della loro vita. Ma questi dati non sono nulla se si ha modo di studiare le previsioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che sostengono un dato allarmante: nel 2020, tra poco più di 2 anni, la depressione sarà la seconda malattia dopo le malattie cardiovascolari.
I più colpiti sono gli anziani e le donne tra i 40 e i 50 anni lo sono il doppio degli uomini. Tra i fattori che portano alla depressione possiamo individuare tanto la solitudine quanto un senso di inadeguatezza alla vita (ciao, Werther).
Ma come mai oggi viviamo questa sensazione di solitudine e inadeguatezza? Perché il benessere non ha creato condizioni per una vita migliore e più soddisfacente?
Le maggiori cause di questa situazione sono:
- Individualismo;
- Assenza di traguardi;
- Mancanza di comunità;
- Desiderio e consumo.
L’individualismo è una delle maggiori cause che producono depressione nella società occidentale, pensare solo al proprio interessa porta a una vita di solitudine in cui l’unico scopo è quello di accumulare beni materiali o prestigio sociale.
Se in passato le persone avevano uno scopo che poteva essere la creazione di una famiglia e il crescere dei figli sacrificandosi per loro, oggi, per diverse cause, il sacrificio e l’impegno verso una vita familiare diviene un problema sostanziale per la realizzazione degli interessi individuali: mancando una famiglia e uno scopo, con il passare degli anni si appesantisce un vuoto interiore crescente, dettato dalla solitudine e dal rendersi conto che la propria vita non ha avuto senso: si lavora, si guadagna, si acquista e si attendono le vacanze in una ripetizione senza senso.
L’appartenenza a una comunità contribuisce a progettare la propria vita, a condividere regole e ambizioni. La famiglia è la prima cellula di una comunità che, venendo a mancare, contribuisce a disgregare la società stessa atomizzando gli individui
Il sistema consumistico si realizza creando continui desideri fittizi e facendo crescere un senso di insoddisfazione per tutti coloro che cadranno nel ciclo produci/consuma. Infatti, come un bambino desidera un qualsiasi gioco, appena potrà averne possesso in lui nascerà un nuovo desiderio e nell’adulto questo processo indurrà a una situazione di insoddisfazione perché non sarà in grado di potere soddisfare tutti i nuovi desideri.
Individuate alcune cause del mal di vivere e necessario introdurre soluzioni realizzabili e sostenibili; tra queste soluzioni sicuramente vi è la riscoperta del sacro e di Dio (se la religione doveva sopperire davanti alle scoperte della scienza oggi siamo certi che ciò non è avvenuto e, al contrario, il rivolgersi a Dio può assolutamente ridare un senso alla vita migliorando la stessa). Avere regole e progetti conduce a una esistenza migliore, con obiettivi da raggiungere e soddisfazioni reali. La riscoperta della religione è la medicina alla depressione e ai mali della società post-moderna, il ritorno di Dio può riportare l’uomo e la donna a comprendere lo scopo sociale del sacrificio per la famiglia e, quindi, alla realizzazione di un scopo della vita. Con il ritorno della famiglia sarà possibile rifondare il senso di appartenenza alla comunità e quindi essere complici partecipi di una vita sociale.
Fabrizio Fratus