Si sarebbe dovuto trattare di una giornata da ricordare. Le attese, tante. Le ragioni di una mobilitazione fortemente voluta anche per recapitare un messaggio politico chiaro e inequivoco a certa “destra” impedita dalle pastoie incapacitanti di un conservatorismo di marca anglosassone ormai fuori dalla storia, molte. Gli stimoli generati dalle tensione elettrizzante del ritorno sulle piazze dopo un biennio di errori ed orrori, molteplici. Ebbene, nulla di tutto questo si è visto tradito in una manifestazione che, addobbata di tricolori sventolanti (le uniche bandiere ammesse), ha acceso letteralmente le vie del centro di Milano, già proiettate ai preparativi natalizi i cui segni e decorazioni mostravano uno stato sorprendentemente (ma non troppo) avanzato.
Una varietà di anime, sigle, gruppi e movimenti, per una volta affratellati sotto le insegne del neonato Coordinamento Uniti contro la guerra, nuova forza aggregativa sui cui intenti, come la stessa denominazione suggerisce, restano assai pochi dubbi. Dallo stop all’invio di armi (già confermato peraltro dal nuovissimo governo Meloni) al governo ucraino del fantoccio Zelensky al no alle sanzioni economiche inflitte alla Russia da parte dell’Unione Europea, dalla richiesta di un immediato “cessate il fuoco” nei campi di battaglia all’invocazione di una pace giusta sola in grado di ridare respiro al sistema produttivo europeo sottraendolo alle tenaglie di una crisi economica e sociale sempre più drammatica.
A scrivere quest’altro capitolo di un libro, quello delle iniziative e delle azioni comuni volte a fermare la più insensata e masochistica delle guerre mai combattute sul suolo europeo, alcune delle più note e rappresentative realtà politiche e associative dell’attuale panorama identitario nazionale: da Grex Milano, protagonista delle lotte anti-Green pass durante la funesta emergenza Covid, alla Rete dei patrioti, da Exit di Simone Di Stefano ai ragazzi di Magnitudo Roma, da Italia Unita a Fortezza Europa, a Terra dei Padri, al movimento Ancora Italia, molto attivo sul fronte della difesa dei diritti e delle libertà civili bersaglio delle ultime politiche draconiane messe in campo dai governi Conte e Draghi con la scusa della pandemia. Tutti sotto la guida organizzativa e politica di Lealtà Azione, capofila assieme all’associazione Vento dell’Est e al Comitato Fermare la guerra ideato da Gianni Alemanno di questo nuovo fronte di lotta politica, unica vera novità in fatto di contenuti rispetto ad uno scenario, quello italiano, le cui tinte di mesto conformismo paiono non aver troppo risentito del recente cambio di governo.
Eccola quindi la vera “discontinuità”, invocata oggi più forte da tutto un filone di pensiero e di militanza genuinamente europei, che non cerchi invano un “salvatore” fuori da quei confini appartenenti per Sangue, Mito e Civiltà ma che ritrovi dentro sè i motivi per una autentica rinascita all’altezza del proprio passato storico. Discontinuità sostanziale rispetto a scelte di politica estera dettate da altri, le cui conseguenze gravano però in misura drammatica sul presente economico di ogni singolo popolo, politicamente condannato alla sudditanza o, peggio, all’irrilevanza internazionale. Riprendere in mano il proprio destino, proporsi forza di mediazione diplomatica tra le parti, riaffermare la centralità di un’Europa rimodellata secondo principi e valori il più lontani possibile dagli “esempi” di un Occidente liberale giunto al culmine della sua volontà autodistruttiva.
Ci vorrà coraggio. Il “fuoco di pace” scoppiato a Milano potrebbe non bastare.
Gianluca Kamal