Uno dei più importanti messaggi di Aleksandr Solženicyn è di natura metapolitica ed etica: è l’invito a “vivere senza menzogna”. E’ un severo monito ai paesi occidentali, purtroppo inascoltato. Se nel mondo comunista la verità veniva negata con la violenza poliziesca e i gulag, nei paesi cosiddetti liberi la tecnica è meno cruenta ma più efficace: ti tolgono il microfono. La Cappa, come l’ha definita Marcello Veneziani, ti censura, ti impedisce di raggiungere la pubblica opinione, ti nega l’accesso ai media, silenzia le tue opinioni.
E’ quello che sta oggi succedendo in USA e in Europa riguardo al conflitto in Ucraina. La “verità” su questo conflitto si basa su pochi, indiscutibili “fatti evidenti”: Putin è un mostro, Zelensky un grande statista, il paese aggredito è l’Ucraina e l’aggressore è la Russia, i russi sono colpevoli di crimini di guerra, dobbiamo sopportare ogni sacrificio per aiutare l’Ucraina e far soffrire la Russia con le sanzioni. Nessun’altra tesi, nessun distinguo storico vengono accettati nei salotti che contano dell’informazione democratica. Non si può ricordare che nel 1990 la NATO s’impegnò con la Russia a non espandersi ad est in cambio dell’assenso alla riunificazione tedesca. Non si può ricordare che l’Ucraina non ha alcuna tradizione statuale, essendo sempre stata, negli ultimi secoli, parte della Russia e nata sostanzialmente come Stato nel 1991. Non si può ricordare che nel 2014 ci fu un golpe, fomentato dagli USA e dalle ONG di Soros, per destituire Janukovič, il presidente eletto. Non si può ricordare che i governi filo-occidentali dal 2014 ad oggi hanno perseguitato la minoranza russa (in realtà linguisticamente la maggioranza), chiuso tv, radio e giornali russi, assassinato giornalisti, incarcerato politici, massacrato dimostranti filorussi ad Odessa. Non si può ricordare che il regime ucraino ha sciolto tredici partiti politici d’opposizione, compreso il secondo partito del paese. Non si possono ricordare i continui bombardamenti, iniziati nel 2014 e mai cessati, dell’esercito ucraino contro i villeggi e le città del Donbass abitato da russi, con decine di migliaia di civili massacrati, totalmente ignorati dai media occidentali. Non si possono ricordare gli omicidi ad opera dei servizi ucraini, probabilmente supportati dalla NATO, come quello a Mosca di Darya Dugina, figlia del filosofo Aleksandr Dugin, anche lui obiettivo dei terroristi, recentemente “sanzionato” dall’UE per aver difeso le ragioni della sua Patria. Non si possono ricordare gli assassini, sempre ad opera degli ucraini, di centinaia di presunti “collaborazionisti” nei territori russofoni, colpevoli solo di voler essere quello che sono, cioè russi.
La mobilitazione dell’odio russofobico, politico, mediatico, culturale, economico è totalitaria, violenta, liberticida (in Europa tutti i media russi, come Russia Today e Sputnik, sono stati oscurati), l’opinione pubblica sottoposta a una pressione propagandista raramente vista in passato.
Ma non mancano esempi coraggiosi di resistenza culturale alle menzogne atlantiste. Non sono pochi gli intellettuali che, rischiando il silenziamento, la discriminazione, la diffamazione, hanno fatto sentire la loro voce contro la guerra alla Russia che vede un crescente, diretto coinvolgimento militare degli USA e di una asservita UE. Intellettuali di valore, con una provenienza trasversale e diversificate storie politiche.
Nonostante il silenzio dei media, non sono mancati convegni, articoli, interventi nelle tv “alternative” sulla guerra in Ucraina. E anche ottimi libri, ovviamente ignorati dalle trasmissioni “culturali” delle tv di regime e dalle recensioni dei grandi giornali. Ma, proprio per questo, meritevoli di essere acquistati, letti, consigliati. Ecco tre titoli: un po’ di aria pulita in questa nebbia falsificante che è l’informazione ufficiale sul conflitto.
Gianni Alemanno, Luciano Barra Caracciolo, Marco Bertolini, Franco Cardini, Massimo Magliaro, Fermare la guerra, Introduzione di Stefano Vernole, il Cerchio iniziative editoriali.
Il libro raccoglie alcuni degli interventi a un convegno organizzato a maggio a Roma dal centro studi “Eurasia Mediterraneo” e dall’associazione “Identità Europea”. Come indicato nella presentazione del testo, il convegno, considerato l’orientamento prevalente dei relatori, è risultato la più significativa “voce fuori dal coro” che si è levata a destra contro il pesante schieramento atlantista di quasi tutta la politica e la stampa italiana. Sono voci che decostruiscono con i fatti la narrativa della cosiddetta “aggressione russa” all’Ucraina. L’introduzione di Stefano Vernole, vicedirettore della rivista “Eurasia” è significativa sin dal titolo: “L’interesse nazionale è compatibile con l’appartenenza dell’Italia alla NATO?” e ci ricorda che “L’Italia conta sul proprio territorio oltre 100 basi militari USA/NATO, la cui presenza dovrebbe essere finalmente sottoposta a una seria analisi costi/benefici”. La tragedia del Cermis insegni.
Franco Cardini, puntualizza come il conflitto sia stato “l’esito inevitabile di una catena di politicamente ed eticamente inopportune ma tatticamente ben meditate provocazioni condotte da almeno un decennio da parte del governo statunitense e dagli Alti Comandi della NATO nei confronti della Russia.” Cita un convegno a Firenze sulla vera natura dell’Alleanza Atlantica (“La NATO non è un’Alleanza sotto il comando del Pentagono, il cui scopo è il controllo militare dell’Europa Occidentale e Orientale”) e ricorda poi diversi, recenti episodi di censura democratica, in quella che efficacemente definisce “la notte della nostra disinformazione”, che hanno colpito ogni tentativo di fornire una decente informazione sugli accadimenti.
Luciano Barra Caracciolo, magistrato, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, studioso costituzionalista e del diritto internazionale, sottolinea, tra altre riflessioni politico-giuridiche sul conflitto, come l’interventismo statunitense contro la Russia, con forniture di armi e di intelligence all’Ucraina, la guerra cibernetica, il blocco e la minaccia di confisca delle riserve della banca centrale russa, potrebbe ricondurre la posizione degli USA a quello di co-belligerante, con quanto ne consegue sul piano del diritto internazionale.
Nella sua analisi storica di “una guerra che nessuno vuole fermare”, il generale Marco Bertolini, una delle figure più stimate delle nostre Forze Armate, ripercorre i passi che hanno preceduto lo scoppio delle ostilità e il ruolo militare della NATO, ricordando le molte provocazioni, come quelle navali nel Mar Nero del 2021, di paesi atlantici contro la Russia per spingerla verso una legittima, ma imprudente reazione, che non vi fu.
Di particolare interesse è l’intervento di Massimo Magliaro, giornalista di punta dell’area della Destra (e profondo conoscitore della sua storia), già direttore del Secolo d’Italia, capo ufficio stampa del MSI, stretto collaboratore di Giorgio Almirante. Il titolo: “La Destra italiana è sempre stata atlantista?”. La risposta è problematica. Certamente non lo erano i giovani che parteciparono alla fondazione del MSI provenienti dalla RSI e dai terribili Fascists’ Criminal Camp in cui i vincitori rinchiusero i vinti in condizioni disumane. La scelta di De Marsanich, nel 1952, di votare per la NATO fu sempre controversa e dibattuta, fuori e dentro il partito. Qualcuno, per giustificare scelte attuali, ha definito “atlantista” Almirante, che in realtà “fu uno degli esponenti più in vista dell’ala missina contraria alla NATO”. Anche quando sembrò opportuno lo schieramento con la NATO (che comunque non venne mai accettato acriticamente da diverse componenti della Destra), Almirante non rinunciò mai ad ammonire: “alleati sì, servi no”. Conclude Magliaro: “La scelta fu e restò: sì all’atlantismo se è contro la sovietizzazione dell’Europa, no all’atlantismo se è veicolo dell’americanizzazione del vecchio continente. Per mezzo secolo la politica estera missina si mosse all’interno di questo binario. Oggi lo scenario è differente, radicalmente differente. Ripetere lo stesso schema di ieri mi pare un errore storico, che chiude o compromette molte porte del futuro.”
L’analisi di Gianni Alemanno, uno dei principali riferimenti della destra sociale e del sovranismo, già sindaco di Roma e Ministro delle Politiche agricole dal 2008 al 2013 (uno dei pochissimi ministri che difese la nostra agricoltura dalle aggressioni delle politiche dell’UE volute dagli Stati del nord e dalle multinazionali) riporta un punto ben noto ma che merita di essere sottolineato: a proposito delle cause degli aggressivi e non limpidi sforzi degli USA per impedire ogni collaborazione tra Russia ed Europa, che sarebbe geopoliticamente nell’interesse di entrambe, occorre ricordare che: “Dal punto di vista valoriale la Russia di Putin si presenta come una dura negazione della visione della vita e del mondo con cui l’Occidente progressista si è identificato. Gli USA e ancor più l’UE si sono così immedesimati nelle versioni più estreme dell’ideologia dei diritti umani e del laicismo, da non poter tollerare un regime che sta esplicitamente attuando una “rivoluzione conservatrice” fondata su valori tradizionali”.
Paolo Callegari, Contro l’“impero delle menzogne”. L’operazione militare speciale in Ucraina e la fine della globalizzazione nei discorsi di Vladimir Putin, Edizioni di Ar.
A conferma della correttezza dell’analisi di Alemanno e di molti altri sulla natura di “scontro valoriale” del conflitto in corso tra USA/NATO e Russia (il Metropolita di Mosca Kirill ha parlato di “lotta metafisica”), vale la pena citare un passo del discorso di Vladimir Putin del 30 settembre 2022 per la proclamazione dell’annessione alla Russia delle regioni russofone liberate: “Sputano sul diritto naturale di milioni di persone. Sono passati alla negazione radicale dei valori morali della religione e della famiglia. Vogliamo avere, qui, nel nostro paese, in Russia, invece di mamma e papà, genitore uno, genitore due, genitore tre? Vogliamo davvero che le perversioni che portano al degrado e all’estinzione siano imposte ai bambini delle nostre scuole fin dalle elementari? inculcare loro che ci sono presumibilmente altri generi oltre alle donne e agli uomini e magari fare un’operazione di cambio di sesso? Per noi tutto questo è inaccettabile. Una totale negazione dell’uomo, il rovesciamento della fede e dei valori tradizionali. La soppressione della libertà acquisisce i tratti di una religione inversa, un vero e proprio satanismo”. Il richiamo ai “valori tradizionali” è frequente nei discorsi di Putin, fin da quello al Valdai Club (un think tank moscovita) nel 2004. In ogni caso, anche ai fini della comprensione del punto di vista russo sul conflitto, è interessante leggere le sue parole invece di accontentarci delle velenose e ostili sintesi delle tv di regime. Questo testo di Callegari, con una bella prefazione di Claudio Mutti, riporta alcuni dei suoi interventi. Nel suo discorso del 21 febbraio 2022, in cui annunciava il riconoscimento delle due repubbliche di Donetsk e di Lugansk, Putin ripercorreva le ragioni storiche e geopolitiche di questo riconoscimento. “L’Ucraina moderna è stata interamente creata dalla Russia comunista e bolscevica. Lenin e i suoi collaboratori la attuarono in un modo estremamente duro per la Russia, separando e lacerando quello che storicamente è territorio russo”. Ricordò poi il massacro di Odessa, in cui decine e decine di inermi manifestanti filorussi vennero bruciati vivi dai nazionalisti ucraini nella Casa dei Sindacati, in cui si erano rifugiati, evento che faceva parte del feroce piano del governo golpista di Kiev dell’eradicamento della lingua e della cultura russa in tutto il paese. E rammentò la falsa promessa USA del 1990 di non espansione della NATO ad est. Ferma la denuncia dell’aggressione ucraina alle popolazioni russe del Donbass: “Non passa giorno senza che le comunità del Donbass subiscano bombardamenti. L’uccisione di civili, i blocchi sulle vie di comunicazione, le violenze sulla popolazione, inclusi bambini, donne e anziani continuano senza sosta.” La situazione del Donbass viene richiamata anche nel discorso del 24 febbraio in cui annunciava l’inizio dell’operazione militare speciale. “Non si può assistere a ciò che accade nel Donbass senza rimanere turbati. La situazione è diventata intollerabile. Dovevamo fermare le atrocità, il genocidio di milioni di persone che lì vivono e hanno riposto le loro speranze nella Russia.” I civili massacrati nel Donbass dagli ucraini dal 2014 erano, agli inizi del conflitto, non meno di 14.000. Non sappiamo quanti sono ad oggi, visto che i bombardamenti terroristici di Kiev, anche con armi americane, si sono intensificati. Ma nulla di tutto ciò viene raccontato dai media mainstream. Il martirio dei russi del Donbass non esiste per l’occidente. Solo qualche coraggioso giornalista free lance cerca di informarci, su canali alternativi, di quando accade nella martoriata regione.
Infine, è interessante una dichiarazione di Putin al Forum Economico di San Pietroburgo nel giugno 2022 relativa agli effetti “inversi” delle inique sanzioni dell’Unione Europea: “Secondo gli esperti, le perdite dirette e quantificabili dalla UE dovute alla febbre delle sanzioni quest’anno potrebbero superare i quattrocento miliardi”. Già, lo constatiamo giorno per giorno: oltre alle migliaia di rapporti commerciali andati in fumo, alle perdite per il turismo, gli assurdi prezzi del gas dovuti alle sanzioni – ma non ce lo dicono con chiarezza – stanno facendo chiudere migliaia di aziende in tutta Europa e ci faranno stare al freddo quest’inverno per i razionamenti. Perché dobbiamo ammalarci per fare un favore a Washington, a Bruxelles e a Kiev?
Aleksandr Dugin, Maurizio Murelli, Spasibo Russia (Grazie Russia), AGA Editrice.
Il libro è una sorta di “doppio diario” dell’Operazione Militare Speciale con i testi di Aleksandr Dugin, il filoso russo così duramente colpito dai terroristi ucraini con il criminale assassinio a Mosca di sua figlia Darya (ma c’era anche lui nel mirino), e di Maurizio Murelli, storico editore, oggi con AGA Editrice, della “area non conforme” e animatore, negli anni passati, della rivista Orion. Queste riflessioni sono state scritte durante i primi mesi del conflitto, ma sono perfettamente riferibili anche al seguito, fino ai nostri giorni. Nell’introduzione si dice che gli articoli di Dugin “hanno un taglio filosofico, geopolitico e anche metafisico”, e quelli di Murelli “sono ad impronta polemica, cronachistica e storica”, anche se non mancano, nelle pagine di Murelli, osservazioni di vasta portata politica. Gli articoli di Dugin, spesso dei mini-saggi, possono rappresentare un’utile introduzione al suo pensiero, per chi non lo conoscesse, mentre possono offrire, a chi ha già letto qualcosa di lui, nuovi argomenti storici e anche, come si è detto, metafisici: esemplari, a questo proposito, alcune sue osservazioni sull’Anticristo, l’occidente e la Russia.
In ogni caso il libro è una preziosa messe di informazioni sul vero volto della guerra d’aggressione alla Russia da parte occidentale dal 1991 e sulla storia dell’Ucraina che “non ha affatto uno storia statale e che i territori su cui si trova sono storicamente casuali e sono il risultato della creatività amministrativa dei bolscevichi”. Assai interessante anche la sua analisi della formazione storica ed etnosociologica dell’Ucraina (i “piccoli Russi”), della Bielorussia (i “Russi Bianchi”) e della Russia (i “Grandi Russi”). Non manca un accenno a un tema assai profondo teologicamente e metafisicamente: il rapporto tra Russia e la figura escatologica, descritta da San Paolo, del “katéchon”, la “forza che trattiene” l’arrivo dell’Anticristo.
Di particolare rilievo, da parte di Dugin, la sottolineatura che il conflitto in corso è un conflitto di civiltà: il liberalismo occidentale e le sue “sotto-ideologie”, la politica di genere, le provocazioni “LGTB”, la droga libera, la cancel culture, il femminismo sono state inoculate all’Ucraina, trasformandola in una “anti-Russia”, come la definisce il filosofo eurasiatista. Russia che invece rappresenta ancora, sia pure imperfettamente, una “società tradizionale” ove i “valori tradizionali”: “religione, famiglia, fedeltà alla storia, identità, divieto del matrimonio gay sono contenuti tutti nella nostra Costituzione”.
Nelle ultime pagine del libro scritte da Maurizio Murelli sono utilmente ammonitrici le sue parole su quei presunti “identitari” nostrani che, anche sulla base delle falsificanti suggestioni dei simboli di alcuni battaglioni di Kiev, si sono schierati con l’Ucraina: si chiede con sarcasmo: “che problemi cognitivi hanno”?
Torniamo a Solženicyn che definiva “il sistema della menzogna” quello in cui viviamo. Libri come questi ci aiutano, e non poco, a trovare, o ritrovare, la strada per la Verità.
Antonio de Felip