“Ce lo chiede l’Europa”. Può esserci una frase più offensiva, arrogante e soprattutto falsificante di questa? E’ con questa proposizione ricattatoria e liberticida che i sostenitori del regime di Bruxelles pensano infatti di impedire qualsiasi critica alle spesso demenziali imposizioni dell’Unione Europea.
Dobbiamo rinunciare ai combustibili fossili? “Ce lo chiede l’Europa”. Dobbiamo smettere di produrre auto a benzina o diesel? “Ce lo chiede l’Europa”. Dobbiamo mandare in rovina migliaia di piccoli imprenditori, artigiani, liberi professionisti, lavoratori indipendenti come tassisti e balneari? “Ce lo chiede l’Europa”. Dobbiamo distruggere le nostre industrie e soprattutto la nostra agricoltura per le antiscientifiche, ma ferocemente dominanti, gretinate ecologiste? “Ce lo chiede l’Europa”. Dobbiamo introdurre leggi-bavaglio che censurino le opinioni in nome della lotta alla cosiddetta “omofobia” e rendere obbligatori i gay-pride? “Ce lo chiede l’Europa”. Dobbiamo accogliere tutti, ma proprio tutti, gli invasori clandestini trasportati sulle nostre coste da potentissime e ben pasciute ONG immigrazioniste che ignorano bellamente il reato di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”? “Ce lo chiede l’Europa”. Dobbiamo patire il freddo (o il caldo) per continuare a sanzionare la Russia e permettere all’Ucraina di continuare a bombardare e massacrare i russi del Donbass? “Ce lo chiede l’Europa”. Purtroppo potremmo continuare per pagine e pagine. Questa oscena frase ora viene messa in scadenza, come una cambiale, anche fuori dall’UE. Il dittattore Zelensky ha appena annunciato che esaminerà la proposta di introdurre il matrimonio dei sodomiti in Ucraina. Cosa dirà ai suoi compatrioti? Ecco, sì, appunto: “Ce lo chiede l’Europa”. L’Ucraina vuole l’Unione Europea? Che ne accetti le pervertite imposizioni. Poi seguiranno l’equivalente della legge Zan e via disgustando.
Ma ciò che più è irritante è la falsificante, strumentale e menzognera identificazione tra Europa e Unione Europea. Vogliono ingannarci, vogliono farci credere che l’Unione Europea sia l’Europa. E’ un falso colossale: da un punto di vista civile, politico, storico, geografico e soprattutto dei valori.
L’Europa è una comunità storica, etnica e culturale (includente ovviamente la Russia) che, nelle sue diversità, e grazie alle sue diversità, ha creato una grande civiltà millenaria che oggi subisce i colpi mortali della negazione e del tradimento delle sue radici, della politically correctness, della cancel culture e, soprattutto, della mortale Grande Sostituzione dei popoli voluta dal supercapitalismo liberal e mondialista.
L’Europa è una bellissima fanciulla narrata, non casualmente, da un mito greco citato nell’Iliade e tramandato anche da Esiodo: “Zeus, vedendo in un prato Europa, la figlia di Teti, una delle Nereidi, la stirpe delle fanciulle di Oceano, che insieme a delle ninfe coglieva fiori, se ne invaghì, e là giunto si trasformò in toro, la prese sul suo dorso e portatala sino a Creta si unì a lei.” E Orazio vaticinò: “Una parte del mondo porterà il tuo nome”. Innumerevoli sono le rappresentazioni del mito di Zeus ed Europa nell’arte antica: dipinti parietali, rappresentazioni musive e su vasi e crateri. Tema ripreso nell’arte rinascimentale e poi barocca e persino nell’anti-iconica, iconoclasta pittura moderna. A dimostra di quanto questo “mito fondativo” sia ben radicato nella cultura europea.
L’Europa è figlia della cultura greco-romana e del cristianesimo (la cui eredità l’Unione Europea ha arrogantemente rifiutato). Il termine “europei” venne usato dai cronisti dell’epoca per indicare i vincitori della battaglia di Poitiers del 732 che fermò l’invasione islamica nel nostro continente. L’Europa del Medioevo ci ha dato il “candido manto di novelle chiese”, come lo definì il cronista dell’epoca Rodolfo il Glabro, la più grande letteratura mondiale, il Rinascimento e le vette della pittura e della scultura, le grandi scoperte geografiche e lo sviluppo scientifico e tecnologico così diffamato oggi dai tristi sostenitori di improbabili “decrescite felici”. Se la scienza si è sviluppata in Europa è grazie all’idea cristiana di un Creato razionale e quindi conoscibile.
Checché ne dicano anticolonialisti, antirazzisti, odiatori dell’Europa bianca e cristiana, sostenitori della cancel culture, papi che si profondono in scuse per l’opera di civilizzazione e conversione, vale quanto ci ha lasciato scritto lo storico Federico Chabod: “L’Europa dei letterati, degli uomini uniti nel culto della intelligenza, dei dotti, che apportano luce di civiltà là dove altrimenti non sarebbe se non barbarie.”
Questo l’incipit del saggio Die Christenheit oder Europa, “La Cristianità ovvero l’Europa” scritto dal poeta romantico tedesco Novalis nel 1799, durante il triste sacco d’Europa a opera di Napoleone: “Erano tempi belli, splendidi, quelli dell’Europa cristiana, quando un’unica cristianità abitava questo continente di forma umana e un grande e comune disegno univa le più lontane province di questo ampio regno spirituale.” Questa l’Europa di Carlomagno, di Federico II, delle Crociate, di Carlo V, di Filippo II, di San Pio V, di Lepanto, dei difensori di Vienna. Della civilizzazione portata in Africa e nelle Americhe.
Cosa ha a che fare questa splendida Cattedrale umana, storica e civile con l’Unione detta Europea? Nulla, assolutamente nulla. Nell’Europa distrutta da una guerra insensata e resa colonia dagli americani e sovietici, nel 1951 nasce, nella parte occidentale, la CECA, la Comunità Europea del carbone dell’acciaio, con l’obiettivo di razionalizzare i mercati europei di queste due merci. E’ il primo embrione della futura UE. Chi sono i “padri” di questa Europa monca del suo “polmone orientale” e asservita all’atlantismo? Vediamoli: Alcide de Gasperi, quello della DC “partito di centro che guarda a sinistra”, che Pio XII bandì dal Vaticano per il suo sinistrismo, Altiero Spinelli, antifascista sedizioso a tal punto da essere mandato al confino dal regime, nel dopoguerra eletto al parlamento europeo nelle liste del Partito Comunista Italiano, poi il francese Jean Monnet, intriso di valori repubblicani e giacobini, fuggito negli USA e là ascoltato consigliere del presidente Roosevelt che incitò più di una volta a entrare in guerra. Secondo le sue parole, l’America doveva diventare “l’arsenale delle democrazie”, e ancora il lorenese Robert Schuman che votò i pieni poteri a Pétain a cui seguì la costituzione dell’État français, il cosiddetto regime di Vichy, ma poi lo tradì schierandosi con de Gaulle e i partigiani comunisti.
Se i valori dell’Europa sono stati la Cristianità, la Bellezza, la cultura greco-romana su cui i filosofi e pensatori europei salirono come “nani sulle spalle di giganti”, la civilizzazione dei popoli, quali sono i “valori” dell’Unione Europea? Ce li abbiamo sotto gli occhi: i cosiddetti “diritti civili”, la distruzione della famiglia, l’apologia dell’omosessualismo, del genderismo, la negazione della realtà naturale (è vietato dire che i sessi sono solo due e che esistono gli uomini e le donne), l’appecorarsi obbediente alla NATO, l’ossessivo controllo, tipicamente socialista e totalitario, di ogni aspetto della vita anche quotidiana. Già, quante volte abbiamo riso dell’UE che disciplinava la curvatura delle zucchine? Ma la pesantissima, grottesca intrusione burocratica dell’UE non ha riguardato solo le zucchine, ma anche lo standard degli sciacquoni, le dimensioni dei preservativi, la pesca delle acciughe nel golfo di Biscaglia, il consumo di carne, i fari dei trattori, l’esportazione di uova d’anatra, le tipologie di peperoni, la lunghezza dei pomodorini, il calibro dei piselli, le categorie di melanzane (da calcolare: “il diametro massimo della sezione equatoriale all’asse longitudinale del frutto”. Semplice, no?). Formidabile il metodo indicato dall’UE per stabilire se i lupini sono dolci o amari: “tagliare il lupino in senso trasversale secondo il metodo scientifico elaborato da Von Sengbusch, Ivanov, Eggerbrech tra il 1939 e il 1947 e immergere le parti così ottenute in una soluzione chimica […] Se dopo 15 giorni il lupino assumerà un aspetto esterno di colore bruno saremo in presenza di semi amari”. E potremmo proseguire con migliaia di altre “regolamentazioni” analoghe. (Devo questo esilarante elenco di scemenze europoidi a Roberto Locatelli, autore di un articolo significativamente intitolato N-Eurolandia, ovvero la nuova URSS, pubblicato su Quaderni Padani). C’è purtroppo poco da ridere: questa vocazione alla legiferazione su tutto, fino a dettagli ridicoli, a voler regolamentare ogni minuto aspetto della vita è un evidente segnale della vocazione sovietica dell’Unione Europea. Come si può provare non dico patriottismo, ma solo rispetto per un’entità che somiglia più a un’occhiuta agenzia fiscale o all’ufficio di controllo merce di un mercato generale o, peggio, al Ministero della Verità di orwelliana memoria? Ma la realtà è che l’Unione Europea è persino peggio: è accentramento politico e amministrativo, distruzione delle identità e dei popoli, delle tradizioni locali, omogeneizzazione di stili di vita e di costumi, progetto di meticciato, odio per la famiglia in quanto resistente corpo intermedio naturale, distruzione della morale tradizionale.
Eppure, nonostante gli euro-entusiasmi in mala fede dei Prodi e degli Amato e di tutti gli altri che ci avevano gabbato come salvifico il Trattato di Maastricht e fonte di ogni benessere lo sciagurato euro, in molti ci avevano avvisato: Ida Magli, ad esempio, che già nel 1997 nel suo libro Contro l’Europa (e poi ancora nel 2010 con La dittatura europea) così ci ammoniva: “Il progetto europeo, con l’omologazione degli Stati e dei cittadini, è un’idea comunista”. E ancora: “La morte delle Nazioni è uno degli scopi dichiarati dell’unione Europea”. E a chi difendeva la “democraticità” dell’Unione visto la presenza di un parlamento europeo, così rispondeva: “Il Parlamento di Bruxelles è un fantoccio, senza poteri decisionali, creato apposta per permettere, al riparo da curiosità indiscrete, l’organizzazione vera del comando: accentrato in pochissime mani, quelle che formano la Commissione.” Ce ne siamo accorti troppo tardi. E sulla “lingua di legno” delle istituzioni europee, menzognera e falsificante: “Si tratta di un linguaggio distorsivo, privo di obiettività, indirizzato esclusivamente a presentare l’Unione come il Bene. Pace-Bene-Fratellanza-Solidarietà-Armonia, grondano dall’Europa molto più che dai Fioretti di S. Francesco.” Possiamo tuttavia osservare che i recenti comportamenti aggressivi e guerrafondai dell’Ue ultra-atlantista di oggi contro la Russia contribuiscono a svelare il vero volto, fazioso e schierato, del consesso europoide.
Può essere l’Unione Europea considerata una nostra, anche solo futura, “patria delle patrie”? Ci risponde Alain de Benoist: “Io rifiuto la sovranazionalità dell’Unione Europea, che costituisce solo un’Europa-mercato acquisita all’atlantismo e all’ideologia dominante.” E sull’anima socialista dell’Unione uscita dal trattato dagli accordi di Unione ci ammonì Gianfranco Miglio che denunciò che “i parametri di Maastricht vennero interpretati come un mandato a tassare, un vincolo sovra-nazionale a togliere risorse dal settore privato per trasferirle nel settore pubblico”.
Ecco che allora è legittimo chiedersi se l’Unione Europea non sia in realtà un tradimento dell’eredità e dell’identità europea così come ce l’hanno lasciata i nostri avi, un esperimento di pervertente ingegneria sociale per distruggere la nostra civiltà in nome di un meticciato mondialista, del trionfo dell’economicismo e della grande finanza fondato sul disprezzo dei valori tradizionali.
Cosa ha a che fare tutto questo con l’Europa del mito, con la bellissima fanciulla cantata da Omero, da Esiodo, da Ovidio?
Antonio de Felip