Ed ecco ad un, ch’era da nostra proda,
s’avventò un serpente che il trafisse
là dove il collo alle spalle s’annoda.
Inferno, XXIV
Come spiegare il gioco sottile dei mezzi di comunicazione? Il loro compito è quello di fagocitare la mente del pubblico. Le tecniche oratorie del pensiero dominante hanno il compito di anestetizzare chi legge al punto da fiaccarlo; e con retorica sibillina farlo capitolare. Un’attività quasi diabolica che attacca la capacità di giudizio del lettore la avvolge e la costringe ad arrendersi, sotto il peso della menzogna inestricabile. Il senso che ne deriva è un misto tra sgomento e incomprensione, tale è la loro abilità. La frustrazione derivante dalla difficoltà di capire i ragionamenti, sapientemente invertiti, si mischia alla nausea per argomentazioni vacue, il cui oggetto distoglie sempre dal punto focale del ragionamento, allontana dal vero problema. Con la mente indolenzita, frastornato e stanco, al lettore non avvezzo a simili giochi, non resta che annuire, restare immobile, come sotto le spire di un serpente che avvolge con tenacia la sua preda.
Parlerò per immagini, dacché un grande poeta è riuscito prima di noi a descrivere la morsa costrittiva del serpente. Nei canti XXIV e XXV dell’Inferno, Dante Alighieri racconta le pene inferte ai dannati della settima bolgia. I serpenti aggrediscono i corpi nudi delle anime, rubando loro le fattezze umane. Ai ladri, il poeta riserva supplizi di malvagia natura. Nei canti annoverati leggiamo infatti, metamorfosi tra le più fantasiose e barocche. Vivide rappresentazioni che metaforicamente si accostano al lavoro dei “ladri” contemporanei: gli intellettuali che oggi mirano a rapire la mente delle masse. Semanticamente rapinare e corrompere sono legati alla stessa radice che troviamo nel verbo latino rapere. Proprio come i serpenti di Dante, schiere di giornalisti asserviti, che battono le mani come foche ammaestrate in un circo, privano i cittadini di una mente pensante, poiché in molti hanno smesso di informare. Dunque, non si tratta di un rapimento fisico, ma più finemente la tecnica moderna si fa psicologica e culturale, volta ad un progressivo imbarbarimento delle coscienze.
Per questo si ricorre ancora ai meccanismi strategici della tensione; alla diffamazione e alla calunnia di coloro che sono antagonisti della narrazione unica. La macchina mediatica tenta di sminuire e semplificare quadri complessi per confondere e lasciare il pubblico nella più completa ignoranza, intorpidito e indifeso. O in alternativa, si lancia sul pettegolezzo: desta sempre frivolo interesse l’uomo politico sulle riviste patinate. Non fraintenda il lettore, non riservo ai ladri dell’informazione moderna la stessa legge dantesca del contrappasso, poiché la nostra è una rivoluzione culturale; ma auspico, con la guida di Dante, un imminente risveglio del pensiero popolare per tornare a riveder le stelle.
Virginia Chiavaroli.