Il passaggio dalla società industriale verso quella post-industriale si può identificare coi bisogni quantitativi di denaro, successo e potere, contrapposti a quelli qualitativi nati con la post-industrializzazione, come ricerca dell’amore, della solidarietà, aumento dell’emotività e della comprensione dell’amicizia come paradigma di un modello sessuale di tipo androgino. Se nell’era dell’industrializzazione si viveva la “ricerca della felicità” secondo una prospettiva connessa al modello consumistico e industriale (producendo un circolo vizioso basato sul produrre e consumare), oggi si è indirizzati verso un nuovo sistema di tipo consumistico basato su estetica, etica, soggettività, virtualità e una differente ricerca della qualità della vita.
Questo passaggio epocale ha finora prodotto insicurezza e paure difficilmente conciliabili con l’accumulo di beni materiali che precedentemente svolgevano un ruolo di palliativo per i mali dell’animo. La ricerca del benessere passa, oggi, per una maggiore richiesta di soddisfazione emotiva e di relazioni basate sulla fiducia e sul valore etico delle persone, cosa che spesso non trova riscontro nell’interlocutore, causando cortocircuiti e instabilità di tipo ansioso. L’insicurezza odierna è velocemente verificabile tanto nel consumo di psicofarmaci quanto nella crescente richiesta di aiuto a psicologi e affini. La transizione verso il nuovo modello sociale a cui siamo soggetti è devastante e la società del primo mondo ne è sconvolta come annientata.
Alcuni sociologi definiscono quanto avviene una divisione tra soggetti digitali e analogici. I primi sono coloro per cui il destino del pianeta va verso un’ottimizzazione, grazie alla tecnica e all’informatica, divenendo sempre più “cittadini del mondo” e accettando con maggiore facilità i nuovi dogmi (parità dei sessi, controllo delle nascite, società monorazziale, globalizzazione, l’inesistenza di appartenenza a una terra/cultura/tradizione et similia). Sicuri di sè, sono certi che la vita sia unica e vada vissuta in tutte le sue forme possibili senza limiti, hic et nunc. La loro esistenza non fa differenza alcuna tra giorni lavorativi e festivi, così come tra giorno e notte, e non sono disinvolti e aggressivi verso il sesso. In opposizione questi troviamo, gli “analogici” spaventati dalle novità e dallo sviluppo demografico come dall’immigrazione. La tecnologizzazione della società viene vista come un male da questi indivuidui ancorati a una visione tradizionalista della vita, che rifiutano il controllo delle nascite e l’eutanasia, ponendo il concetto di vita come sacro e inviolabile. Spesso temono il futuro mitizzando il passato mantenendo un sostanziale distacco strutturale nei confronti della modernità.
Mentre i primi, i digitali, vivono senza senso di appartenenza, gli analogici sono alla ricerca e alla riscoperta della loro identità e valutano l’esistenza come un passaggio verso un’esistenza differente. La società post-industriale mette a confronto e indirizza le due anime a uno scontro di civiltà, in cui i primi rappresentano l’idea di progressismo e i secondi un’idea di conservatorismo.
Fabrizio Fratus