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STESSA SPIAGGIA, STESSO MARE? Di Antonio de Felip.

Quando in Italia eravamo poveri, io potevo stare in vacanza con mia mamma per due/tre mesi all’anno. Il papà ci raggiungeva durante i fine settimana e un po’ ad agosto. Oggi, che siamo ricchi, le famiglie si possono permettere al massimo una settimana, quindici giorni di ferie all’anno. Le nostre erano vacanze al mare e vigeva la regola: “stessa spiaggia, stesso mare”. Per anni, negli stessi bagni, in Liguria, gestiti da un’intera famiglia: padre, madre, due figli che alle sei del mattino erano già in spiaggia per rastrellare la sabbia. Poi a fare i bagnini, i baristi, i compagni di gioco dei bambini, gli spazzini, fino alla sera inoltrata.

Sono cresciuto, con quei bagni: ho visto la prima baracchetta per i caffè, i gelati e i pezzi di focaccia ligure (proibito mangiarla prima del bagno), poi un bar vero, poi le nuove cabine, poi un ristorantino che serviva pesce freschissimo, pescato nella notte, poi la cucina allargata per tema di una “visita” dei burocrati dell’occhiuta e inflessibile ASL, o come diavolo si chiamava all’epoca. Le feste al nostro arrivo. I saluti a settembre (“ci vediamo l’anno prossimo”). Amicalità, cortesie, “ma come sono cresciuti i tuoi ragazzi”, auguri a Natale. Ci sono cresciuto, in quei bagni: le prime uscite serali da solo, le prime ragazzine, le prime discoteche.

Manco da decenni: mi dicono che, allargati e ancora migliorati, quei bagni ci siano ancora, con lo stesso nome, gestiti dalla stessa famiglia, figli, fratelli, nipoti. Prima o poi ci voglio tornare, per immelanconirmi un po’. Ma dovrò sbrigarmi perché i Padroni d’Europa hanno deciso che “ci deve essere più concorrenza nel settore dei balneari”. Non ho capito bene cosa voglia dire: perché, i gestori di bagni oggi non pagano la concessione governativa? Non hanno migliorato, a spese loro, i servizi ai vacanzieri? Non hanno investito in strutture, piscine, mini parchi-giochi? Non tengono in ordine, sempre a spese loro, tratti di costa? No: “le concessioni devono essere messe a gara” hanno proclamato i dittatorelli europoidi. E il governo italiano prono ad una masochistica obbedienza assoluta. Dunque, via i gestori di sempre, via le famiglie, via le piccole imprese. Tutti espropriati, non solo loro, i gestori dell’impresa, di un’attività pluridecennale, ma anche noi dei legami, dei ricordi, della simpatia data da un rapporto personale e non solo economico. La realtà è che, secondo i politici/burocrati di Bruxelles, odiatori seriali di tutto ciò che è bello e giusto, aizzati dagli oligarchi di Davos à la Soros, le gestioni familiari, le piccole imprese devono scomparire.

Affermano di agire nel nome della concorrenza e del libero mercato, ma in realtà hanno metodi e fini sovietici, stalinisti. Interi tratti di costa cadranno nelle grinfie feroci e impersonali delle multinazionali, qualche immigrato per bagnino, pesce congelato servito da qualche cooperativa, nessun miglioramento, nessun investimento: non ne vale la pena, visto che le multinazionali dovranno “vincere le gare” e quindi i costi e i prezzi saliranno e non di poco. Oggi i comuni costieri, le capitanerie, gli enti pubblici svolgono un severissimo, talvolta persino ottuso controllo sugli stabilimenti balneari, minacciando multe e provvedimenti punitivi se questi sgarrano anche di poco nella gestione degli spazi, della sicurezza, della ristorazione, del lavoro. Avranno la stessa severità quando avranno a che fare con potenti multinazionali?

Ecco: in questi giorni quando alla TV vedo i neo-trinariciuti che ci governano da Bruxelles e i loro arroganti valletti italiani, mi vengono in mente i miei bagni in Liguria, l’ombrellone che ogni anno ci veniva dato nella stessa fila, nella stessa posizione, il sapore della focaccia dopo il bagno e le facce cordiali della famiglia dei gestori che, in nome della concorrenza, saranno cacciati dall’Unione Socialista Europea e sostituiti da una famelica multinazionale oppure, e sarebbe persino peggio, da qualche cooperativa rossa politicamente appoggiata e quindi, come sempre, “favorita” nelle gare. E, Dio mi perdoni, qualche maledizione non riesco a trattenerla.

Antonio de Felip

 

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