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SULL’UNICO MONDO POSSIBILE. Di Gianluca Kamal

Forse non ce ne accorgeremo mai. Molto probabilmente, può essere, ne siamo intimamente consapevoli ma non fino al punto di ammetterlo. Forse, più di queste ed altre ipotesi, lo sappiamo e ne portiamo fieri la bandiera. Per coloro i quali si sforzano di unire i puntini e cercare di intravedere contorni e sagome del grande e complesso disegno che va compiendosi a ritmo vertiginoso giorno dopo giorno intorno a noi, non risulterà difficile cogliere l’ampiezza della tragedia, geopolitica e culturale, che sta investendo il cosiddetto “mondo occidentale”. Sul piano geopolitico, assunta la dimensione multipolare dell’attuale contesto globale, la scomparsa dell’Europa come possibile polo alternativo agli Stati Uniti, un sogno partorito tra le macerie ancora fumanti di una guerra comunque persa (al di là dei singoli attori belligeranti) a livello continentale e proseguito con la nascita dell’Unione nel 1993 tra i grigi dipartimenti di Maastricht, si è sciolta nei liquami copiosi della quasi totale dipendenza americana. Il meccanico allineamento ai dettami d’oltreoceano prima sulla vicenda pandemica e poi nel conflitto in Ucraina, gravato quest’ultimo dal sostegno alle sanzioni dirette contro la Russia, testimoniano uno stato di asservimento mai forse così imbarazzante. Non si riescono neppure a scorgere differenze di una qualche rilevanza tra gli atteggiamenti osservati dalle maggiori potenze europee: Germania e Francia, in teoria le più accorte quando in gioco è la difesa dell’interesse nazionale e del proprio tornaconto politico ed economico, si sono limitate a tiepidi mugugni, mentre dell’Italia sarebbe offensivo per qualsiasi intelligenza mettersi a discutere se si guarda (sgomenti) allo scodinzolamento, modesto persino per il padrone, con il quale attornia il volere dell’amministrazione statunitense. Perché ciò accade? La capillare presenza di basi militari NATO/USA in buona parte del territorio europeo, sul piano strategico, e la totale dipendenza dei nostri sistemi di telecomunicazione dai colossi privati che “muovono” la rete mondiale, sul piano tecnologico, spiegano solo in parte uno stato di cose vigente dal 1945. L’Europa è innanzitutto una colonia culturale americana. Prendete soltanto il modo che abbiamo oggi di vedere le cose attraverso il medium televisivo o lo schermo di un telefonino: le strade di Roma, i vicoli storici di Parigi, il glamour di Milano, per quanto ci appaiano del tutto reali e autentici, sono filtrati dalla patinatura filmografica americana, con tutto il suo carico di messaggi  e di condizionamenti ideologici che con essa annulla ogni distanza, ogni differenza. Oppure, ancora più marcatamente, prendete la nascita del “movimento” Black Lives Matter: una questione che attinge alla storia nordamericana (il razzismo, l’eredità schiavista) assurta, quasi in simultanea nei quattro angoli del pianeta, a lotta planetaria per diritti dei “neri”, con l’Europa coinvolta politicamente ed eticamente pur trattandosi di un tema del tutto estraneo al vissuto storico europeo (la parola “fondamentalismo” non nasce nella Cancelleria del Reich o dentro qualche moschea, ma trae la sua origine dal protestantesimo anglosassone del XVII secolo e sviluppatasi poi nelle colonie del Nuovo Mondo). Noi europei non siamo più in grado nemmeno di immaginare forme di vita diverse da quelle fittizie proiettate dal sistema di potere americano. I nostri occhi, che senza saperlo sono gli occhi di Hollywood, concepiscono l’alterità e la diversità come residuati di folklore o di buffa eccentricità, offrendo così non soltanto una malcelata e sottintesa forma di razzismo ma il concetto fondamentale che non esista altra realtà possibile nel mondo rispetto alla nostra di euroamericani. Modelli, format e contenuti made in USA formano integralmente la nostra visione del mondo, tanto quella delle èlite europee tanto quella delle masse “cresciute” a film e talk-show d’importazione, ed è questa la ragione profonda per la quale non è pensabile oggi opporsi alle volontà americane. Tutti gli argomenti, tutti i modelli, tutto il complesso immaginario  con i quali una formidabile macchina monopolistica di manipolazione delle menti ha forgiato generazioni di europei, portano all’unico assunto universalmente accettato secondo cui “nessun altro mondo è possibile”. Cos’è il resto dell’umanità se non irrazionalità, incomprensibili brutture, residui dogmatici? Per difendere il paradigma ideologico entro cui sappiamo o non sappiamo di muoverci e per ritardare il più possibile il risveglio da questa tragica illusione, non vi è altra soluzione che brandire simboli assurti a feticcio (una bandiera, una mascherina…) per i quali in fondo non si prova nulla e la sensibilità per la “causa” è un orpello da caricarsi sulle spalle (o sul volto) in favore di telecamera, e tappare la bocca a chiunque osi azzardare ragionamenti, proporre riflessioni, avanzare critiche o sospetti. Il “noi” occidentale, che altro non è se non l’idealizzazione mediatica e fascinosa della american way of life, vive di realtà in fondo fittizie,teletrasmesseci da un mondo liberaldemocratico astratto o comunque presentatoci come l’unico mondo degno di essere abitato. E mentre altre potenze come la Cina emergono, altri universi come la Russia risorgono dalle ceneri protesa alla conquista di nuovi spazi (che poi sono i propri) e altri mondi come quello islamico rivendicano le proprie ragioni storiche e spirituali, noi opponiamo al mutamento la nostra cecità intrisa di intolleranza. Così sopravvive l’Ameuropa, così definita da Franco Cardini. Così viviamo la nostra quotidiana fiction.

Gianluca Kamal

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