Spesso e volentieri Emmanuel Macron “profetizza” : “ è probabile una crisi alimentare a causa della guerra tra Ucraina e Russia, i due maggiori produttori mondiali di grano”. L’allarme è giusto , la diagnosi è sbagliata. Le cause dimorano più a Bruxelles che a Kiev, ma parlare male dell’Ue …non si può. Luigi Scordamaglia , consigliere di Filiera Italia si prende questa responsabilità. Filiera Italia rappresenta la prima vera alleanza tra campi e industria per valorizzare il meglio dell’Italia agroalimentare e Luigi Scordamaglia rincara:
“ credo che l’emergenza alimentare esista e tra le prime cause c’è la miopia dell’Ue che sta costruendo da tempo un mondo ideale lontano dalla realtà. Il conflitto in Ucraina è una drammatica sveglia. Non si può delegare ad altri né l’energia né il cibo . Invece Bruxelles ha fatto esattamente questo, si è consegnata alle produzioni altrui e questa Commissione Europea ha accentuato questa visione. “È vero che ci sono difficoltà nell’ approvvigionamento dedico mangimi ed è un altro fallimento dell’Europa , perché la prima fonte di crisi è in Ungheria , che ha cercato di bloccare l’esportazione di mais e sono convinto che i loro silos siano pieni per ragioni speculative . Si condanna il sovranismo però poi ognuno fa come gli pare, ma le forniture di mais si sbloccheranno in fretta . Bisogna sostenere gli allevamenti, come va salvaguardata la filiera del latte. C’è molta retorica in chi dice che che l’agricoltura si apre ai giovani, se vogliamo che i giovani si dedichino a questo meraviglioso lavoro, dobbiamo garantire loro redditi dignitosi e parità di condizioni. Solo così potranno accettare di stare 365 giorni all’anno ad accudire gli animali. Sulla zootecnia si sono fatti danni enormi , in Italia non abbiamo più vacche nutrici e non ho mai visto un allevatore abbattere un animale per risolvere una crisi “.
La crisi Russo-Ucraina ha un impatto limitato, pesa del 6% sulle importazioni italiane dei cereali. Il blocco dei cereali nei porti di Odessa e Mariupol e le contro sanzioni russe infiammano, per speculazione, i mercati. Così come lo stoccaggio e le misure protezionistiche nell’ agroalimentare hanno prodotto quotazioni folli oltre che di mais e grano ( Ungheria ), o sui semi oleosi dall’Argentina. La soia sta creando grossi problemi. Il punto di rottura sono i fertilizzanti: la Russia è il primo produttore mondiale, ci vende 400 mila tonnellate di concime e senza quello addio semine e addio mangimi . La soluzione sarebbe attingere ai biodigestati che usiamo per produrre biogas e siamo il quarto produttore al mondo. Non accedervi dimostra che …la crisi energetica non è risolvibile in poco tempo. Si è pensato di tenere la terra incolta e le conseguenze le pagheremo per almeno dieci anni , si è creato il “ Farm to fork” ( km zero ) ben sapendo che riduce la produzione del 30% : ci sono studi a iosa sull’impatto di queste misure. Si sono fatti accordi con il Mercosur per avere materie prime ben sapendo che non hanno standard di qualità paragonabili a quelli europei. Si pratica la discriminazione alimentare, chi può si compra la poca produzione di qualità , chi non può …si alimenta con il cibo importato da altre fonti . Tutto questo mentre la Cina stoccava il 60% del mais, del grano e del riso . Purtroppo non c’è un cambiamento di rotta : vogliono stoccare la carne di maiale nel momento in cui c’è più bisogno. Hanno proposto un intervento straordinario di 500 milioni diviso tra 27 Paesi : all’Italia toccano 50 milioni per fare fronte ad una crisi gigantesca. È lo stesso principio del no agli energy-bond . Senza mutualità non si esce dalla crisi energetica che si mangerà dal 2 al 4% del Pil europeo. Naturalmente la crisi energetica mette a rischio 27.000aziende e almeno 230.000 dipendenti. E non è solo un problema di energia ; carta, plastica, tutto costa carissimo. Ci sono aziende che si sono fermate e stanno usando la cassa integrazione d’emergenza. Ma quando finisce , ci sono da subito 40.000 persone senza lavoro. Per l’industria alimentare, soprattutto la stragrande maggioranza di piccole dimensioni, perdere un dipendente formato e fidato , è una tragedia. Per esempio nel settore della carne, tra tagliare un filetto in un modo o nell’altro significa buttare via il prodotto. A questo si aggiunge il costo dei trasporti. Gli autotrasportatori hanno ragione da vendere e infatti l’agroalimentare è stato il primo settore ad andare incontro sulle tariffe. Siamo spaventati dall’atteggiamento della GDO che non fa scaricare i maggiori costi sui prezzi e non protegge il valore della produzione. Una parte della GDO ha compreso e informa il consumatore avvertendo che non si faranno più promozioni e sconti, un’altra parte invece apre all’importazione di prodotti di scarsa qualità. Temiamo un crollo dei consumi , è stato chiesto al governo di azzerare l’IVA , inoltre accrescendo le filiere, si può risparmiare sui costi a beneficio dei consumatori senza comprimere i margini di chi produce.
Nel 2021 l’export italiano ha conseguito il record di oltre 51 miliardi , ma con questi costi sarà difficile, l’anno scorso il kilowattora costava 6 centesimi, ora 40 ! Purtroppo c’è un altro problema: fanno di tutto per ostacolare l’esportazione. Pensiamo al Nutri-score : è chiarissimo che fa spazio alle multinazionali alimentari, in questo modo avallando produzioni agricole di basso valore . Oggi tutto il Sud Europa è contro il Nutri-score perché è una palese manifestazione di miopia dell’Ue , convinta che tra agricoltura e ambiente ci sia un conflitto , in realtà inesistente, che penalizza la qualità. L’Italia, pur con terre agricole limitate, ha la produttività più alta al mondo è le coltivazioni più sostenibili. Produciamo 74 miliardi di valore agricolo aggiunto emettendo 30 milioni di tonnellate di CO2, contro i 77 della Francia e i 65 della Germania . L’Ue però considera tutti uguali: chi dal latte fa una sottiletta e dalla carne un hamburger è sullo stesso piano di chi , dal latte fa il Parmigiano reggiano o il Grana padano e dal maiale il culatello di Zibello. Il prodotto agricolo e alimentare italiano è un bene culturale, non difendere questi valori è ingiusto. Dobbiamo sbloccare un milione di ettari di terreni incolti così da poter mitigare la dipendenza dall’estero. La carta tutta italiana è qualità ed integrazione delle filiere e distribuire gli utili equamente: dagli agricoltori all’industria al commercio. L’agricoltura deve tornare protagonista in Italia. Gli strumenti ci sono : i fondi PNRR, i contratti di fornitura a lungo termine che legano i campi alla trasformazione.
Bisogna rivalutare il mondo rurale.
Giuseppe Russo