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INFANTILISMO COGNITIVO. Di Valentina Ferranti.

L’ antropologia, prima della scienza antropologica, nasce probabilmente intorno al 1799 quando Louis-François Jauffret fonda la Société des Observateurs de l’homme. Il professore di scienze naturali dichiarò di voler illuminare i punti oscuri e della storia primitiva, sdoganando il giudizio poco edificante che al tempo si aveva riguardo a differenti gruppi umani. Tale spinta augurale fu forse il primo tentativo di configurare un progetto scientifico e quindi uno studio comparato delle diverse società umane, supportato dal confronto e basato sullo studio delle diversità sociali, linguistiche e fisiche dei così detti popoli selvaggi. Termine che per lungo tempo fu abbinato, sostituito e sinonimo di “primitivi”.  Già vi era ampia letteratura a riguardo. Missionari, viaggiatori, commercianti, cartografi e avventurieri d’ogni sorta avevano descritto le strane popolazioni incontrate, ma lo sguardo era solo quello dell’osservatore e l’osservato restava su uno sfondo muto. La “differenza” non proferiva parola ed il diverso restava confinato al giudizio etnocentrico. Tale macchia fu colonna portante di buona parte degli studi antropologici/etnologici che però ebbero, visti alla luce dell’oggi, il merito, seppur con storture interpretative, di produrre infinito materiale etnografico leggibile successivamente con chiave interpretativa differente e che solo superando l’ideologia trionfalista della società ottocentesca, capitalistico industriale, diede vita alla scienza antropologica priva di pregiudizio. Ma quel passaggio fu necessario, anzi, rispolverato per adagiarlo su uno studio dell’uomo contemporaneo, sorprende per la sua potenzialità. Intendo dire che grazie a quelle analisi possiamo rimodulare l’immagine dell’uomo e del suo pensiero attuale. Come?  Dovremmo nuovamente abusare di superiorità, spostare l’analisi antropologica ottocentesca, da un piccolo gruppo umano, degno di vivere secondo i parametri della propria cultura, e traghettare il concetto di primitivismo, questo sì con accento negativo, alla nuova umanità globalizzata. Cambio di paradigma. Prendiamo in prestito alle antiche teorie l’analisi interpretativa. Ciò necessita di un chiarimento disciplinare: la contrapposizione tra culture così dette complesse e culture semplici riguardava il pensiero articolato e quello primitivo, quest’ultimo incapace di raziocinio poiché modulato sul pensiero magico (almeno per quei primi osservatori che ne ignoravano la razionalità del fare). L’accusa velata e non era proprio questa: irrazionalità cognitiva. Per non parlare delle superatissime teorie evoluzionistiche. Ebbene, il nuovo schema che qui si avvia, prevede di applicare quelle teorie all’attuale umanità affetta da primitivismo. Concetto spogliato d’ogni dignità e quindi d’ogni riferimento a culture differenti da quella egemonica. Parleremo quindi di primitivismo inteso come infantilismo cognitivo di cui soffre l’umanità contemporanea. Lo faremo non occupando una posizione privilegiata e dominante, bensì da un luogo simbolico simile alle riserve che costrinsero gli autoctoni indiani ad un orizzonte di confino. Siamo quindi una minoranza reietta, che però non è inciampata nell’irrazionalismo ritualistico dei molti. Un esempio: il togliere e mettere un presunto dispositivo sanitario se si è seduti o se si sosta in piedi di fronte ad un bancone. Tale atto, irrazionale, merita di essere incasellato così come facevano i primi antropologi, nel più ridicolo comportamento magico e prelogico. Ma mentre nei contesti di differenti culture considerate “semplici” e/o subalterne, prelogico non è “non logico”, bensì funzionale ad uno specifico fare che si basa su logiche differenti da quelle di altri gruppi umani, nel contesto dell’uomo contemporaneo non ha logica alcuna. Perché? Non ha base strutturale fondante ovvero non riguarda comportamenti identificativi di una data cultura ed è inquadrabile su logiche provvisorie di comportamento. Logiche irrazionali, non mediate dal pensiero cosciente. Ed è proprio osservando queste pratiche che applaudiamo a quanto concettualizzato da Émile Durkheim che riassunse determinati atteggiamenti nella frase effervescenza collettiva. Per effervescenza collettiva, il sociologo intese la partecipazione emotiva come sentimento di appartenenza degli individui alla vita morale e sociale di un dato gruppo. Il problema consiste, mutuando quanto osservato dallo studioso, rispetto all’uomo contemporaneo, in forme comportamentali e di pensiero, assoggettate non più a sentimento religioso-mistico bensì a sentimento più simile al bi-pensiero orwelliano. C’è di più. e idee dell’uomo contemporaneo hanno carattere aprioristico di verità assolute. I fatti inattesi che abbiamo vissuto negli ultimi tempi, hanno generato caos. La sicurezza del vivere consiste nella regolarità degli avvenimenti usuali; ogni eccezione è un atto arbitrario. Come si vive quell’atto inatteso è specchio impietoso del livello di coscienza di una società e degli individui che la compongono. Ebbene temiamo che il risultato sia un atteggiamento globale emotivo di foggia infantile. Un infantilismo cognitivo che ha rivelato una umanità non più differenziata, affetta da pensiero prelogico. Ancora una volta scomodiamo gli studi antropologici, stavolta facendo il nome dell’etnologo, sociologo e filosofo francese Lévy Bruhl. Lo studioso elaborò il concetto di legge della partecipazione mistica per spiegare come, nei così detti e sempre peccando di etnocentrismo: popoli primitivi, la suggestione prevaleva sull’osservazione.

Suggestione quindi, convincimento che si impone alla coscienza spesse volte in virtù di una forza esterna, cui non si riesce a opporre argomentazione logica. Di fronte alle contraddizioni, evidenti, di una narrativa vacillante come quella cui assistiamo per l’attuale situazione Russo-Ucraina o per quella della situazione pandemica, l’umanità globalizzata, affetta da pensiero primitivo, cade nell’irrazionalismo obbediente.

Realizza di peggio, non ha più un pensiero distinto dalla massa trainata dal grande Leviatano: il sistema massmediatico. L’apparato informativo diviene in tal senso, l’unico dio da seguire. Questo decadimento culturale globale, preparato ad arte, in decenni (atto finale) di manipolazione, ha portato non solo ad una desacralizzazione del pensiero religioso ma ha avuto la capacità di scardinare la radice stessa dell’occidente cristiano. In balia e senza più radici, l’uomo “nuovo” ha scelto altre suggestioni cui affiliarsi. In tal luce, le masse rimbecillite si sono e si affidano alla nuova adunanza di politologhi da strapazzo, virologi presenzialisti, rozze figure di giornalisti che per loro assoluta colpa, avrebbero potuto fare la differenza ed invece hanno preferito asservirsi all’impero globale. Non solo. Dovremmo nuovamente disturbare pensatori acuti del secolo scorso come Jean Piaget. Il pedagogista, biologo e filosofo svizzero, analizzò il pensiero infantile asserendo che l’onnipotenza di quel pensiero è dovuta al fatto che il bambino non distingue il suo fare/pensare da quello degli altri poiché non ha coscienza del proprio io ed ogni suo gesto comanda il mondo. Non distingue o distingue male sé stesso dal mondo esterno/madre-padre.

Grazie alle differenti fasi della crescita, inizia a differenziare, a pensare come singolo e non come soggetto assoluto del tutto.  L’umanità attuale è regredita alla fase infantile. È divenuta una enorme massa che rispetta regole irragionevoli, e non si pensa separa dal pensiero della massa/mondo. Le regole imposte nonché le politiche attuali sono, sempre per restare nel campo della pedagogia di Piaget, dettate da un gruppo di individui, che l’uomo primitivo attuale vede come madre e padre. Se verranno rispettate le regole, saranno buoni e giusti e mamma e papà li premieranno. Un po’ di libertà oggi, un viaggio domani, un ristorante aperto per cena, uno straordinario show televisivo da gustare. Premi che si scartano come regali se ci si comporta secondo regola.

Ci spingiamo oltre asserendo che nello sviluppo psichico dell’individuo c’è una sorta di regressione che non permetterebbe di oltrepassare mai completamente la fase successiva relativa all’attaccamento ai genitori. A causa di ciò, i padroni del pensiero unico, possono modulare ogni aspetto della realtà certi del totale asservimento che ne consegue. Inoltre, trovandosi dinnanzi dei bambini giocano sull’ aspetto emotivo per muovere corde sensibili del sentire comune. La pace senza sé e senza ma; la tutela della salute di tutti poiché si è altruisti etc. Questa incontrollata emotività giostrata molto bene nelle immagini dei vari telegiornali, nonché nei discorsi dei vari premier (solo per fare un esempio), è vincente poiché l’uomo primitivo-infantile, non avendo fatto un percorso di crescita interiore, possiede una emotività non mediata da virilità. Forza necessaria al mondo.

Nella triste fase storica che stiamo attraversando, l’umanità/massa è appunto regredita. Vi è inoltre un altro aspetto interessante. Parlavamo di radice divelta, ebbene la distruzione della vera fede ha aperto le porte a nuovi credo come quello ecologista e della nuova scienza sanitaria (solo per citarne alcuni); la nuova religione è affetta da ritualismo simile agli atti magici dei così detti primitivi. Le azioni abituali devono essere reiterate sennò si inciampa in imprudenze. Il rispetto rituale delle regole, fa sì che il negligente/dissidente diventi il possibile pericolo. La paura rende irriflessivi mentre l’automatismo tiene al sicuro.  La fede nel papà/dio/governo è il nuovo credo. Spengiamo le luci poiché così vuole il bene; inoculiamoci farmaci per salvaguardare i deboli; manifestiamo per la pace applaudendo a chi richiede la NO FLY ZONE.

Questa forma di irrazionalità cognitiva che muove la massa come organismo unico, non prevede forme di contestazione. Chiamerei questo aspetto degenerativo: affezione da sindrome globale del pensiero prelogico. Giungiamo quindi all’ultimo tassello che spiega l’antefatto che abbiamo narrato. L’uomo contemporaneo è apolide: non possiede più nulla ed è felice di non possedere più nulla. Non possiede nemmeno più un pensiero personale e logico. Non ha radice culturale; ha dimenticato la vera fede e rincorre la nuova, quella colorata della giustizia radical-social indifferenziata; è perso nelle città che sono le nuove jungle ipertecnologiche; ha aggiunto al corpo dispositivi elettronici insostituibili…per questo viene maneggiato così abilmente, non è più umano oltre ad essere affetto da infantilismo cognitivo. Dato questo breve e non completo elenco, la vita delle società a tradizione semplice, non può che sembrarci più umana, poiché più vicina alle leggi della natura e quindi a Dio. Il progresso è pertanto divenuto regresso spirituale e cognitivo. L’umanità ha forse definitivamente perso la speranza di essere migliore. Ci ritroviamo così a vivere l’ora più buia della storia; è pur vero però che quando tutto sembrerà perduto, un nuovo trionfo del bene ci stupirà. Ma questo pensiero è riservato ai pochi che ancora, ogni giorno, si misurano con i veli dell’ignoranza e della menzogna imponendosi una disciplina esistenziale volta al bene.

Valentina Ferranti

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