“O Tosco, ch’al collegio degli ipocriti tristi se’ venuto”
Divina Commedia, Inferno XXIII
La mistificazione dilagante condotta dai mezzi di comunicazione di massa annebbia le menti di una società occidentale che prona, è lungi dallo sforzo dell’analisi critica e dalla capacità di ragionamento. Legittimo è propinare immagini di videogame e fotogrammi come reportage di guerra, utilizzare scatti a sostegno di tesi palesemente ribaltate a discapito della verità dei fatti.
Non è un caso che, oggi, i liberi pensatori rimasti in circolazione (pochi) ricorrano frequentemente a similitudini evidenti tra lo scenario attuale e il mondo distopico narrato da Orwell in “1984”. Si rende necessario cancellare il passato per modificare il presente e condizionare il futuro. La gabbia dorata della globalizzazione, per quanto seducente, si è rivelata un giogo nelle mani dei soli potenti della Terra. Questo raggiro, tuttavia, non interessa esclusivamente gli aspetti economici delle nazioni democratiche, esso coinvolge e infetta soprattutto le questioni sociali dei popoli tutti, mira alla costruzione di cittadini alienati dalla realtà, dalla verità e da sé stessi. Chimera indiscussa e promessa di ricchezza culturale, il pensiero globalista, al contrario, ha infiltrato ogni spiraglio di creatività uniformando gli individui, soffocato gli spiriti liberi, arrestato il vento del pensiero discordante, finanche indirizzato il mondo dell’informazione con censure e impedimento di contraddittorio.
Le notizie divulgate dai quotidiani nazionali sono volte alla riproposizione della medesima versione dei fatti, senza distinzione alcuna da parte delle linee editoriali; dalle bolge infernali nessun eco contrario. Ciò che ne deriva è una comunicazione preconfezionata e infiocchettata per il cittadino libero (?) che credendo di essere informato viene, suo malgrado, uniformato. La semplificazione poi, di fatti complessi, che meriterebbero analisi accurate, annichilisce la fioritura del ragionamento, assecondando la logica quanto mai multinazionalista del “fast” basata su una fruizione facile del prodotto. Per una maggiore presa sul pubblico, largo ricorso ad effetti spettacolari o drammatici che mirano a suscitare le emozioni del cliente-cittadino, il quale, preso da ira, compassione, tristezza, paura e sgomento, viene interdetto dalle facoltà di intelletto. In questo modo è possibile credere che la guerra sia pace, che la libertà sia schiavitù, che l’ignoranza sia forza.
Virginia Chiavaroli