Condividi:

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on email

Esplora:

PER UN’ECONOMIA POLITICA ALTERNATIVA. Di Chris Herdel.

Nel 1614, in pieno mercantilismo, Antoine de Montchretien (1575-1621) pubblicò la sua “Economia Politica “, indirizzata al Re di Francia. Era un’opera generica di regole per un buon governo attraverso la comprensione di processi economici come la relazione tra credito e produzione di merci.

Nel 1705 Bernard de Mandeville pose per converso le basi teoriche del sovra-consumo dei ceti ricchi come metodo per avere un’economia sana e giusta. L’eccesso di ricchezza venne così inteso come fonte di lavoro per i ceti meno abbienti della società, giustificando le estreme differenze di condizione socio-economica. Scrisse: “la fame (dei poveri ) è terribile, ma chi non è diventato ricco e prospero grazie alla povertà degli altri? “. Nella pubblicazione del “the grumbling hive” (l’alveare scontento) Mandaville, con intento satirico, spiegava che il vizio privato generava reddito per le classi umili, una teoria ancora oggi seriamente sostenuta: il surplus genera in ogni fascia della popolazione migliori condizioni di vita. Ma non sfugge, d’altra parte, genera ulteriori profonde diseguaglianze.

Economisti come David Ricardo cercarono risposte alla questione del prezzo della merce e del funzionamento del libero mercato, come con la teoria del “vantaggio comparato”: perché vi sia vantaggio non è necessario che un paese – o un’impresa privata – goda di un vantaggio assoluto rispetto ad un altro paese nella produzione di un determinato bene, è sufficiente che il vantaggio sia comparato, cioè che il paese sia relativamente più efficiente, ad esempio avendo un costo di manovalanza inferiore o un accesso alle materie prime con costi inferiori.

Notiamo in accordo a Max Weber che già in un’epoca proto-liberale, influenzata fortemente dal Calvinismo, le strutture socio-economiche si liberarono dalle restrizioni culturali del Cattolicesimo, dal principio di sussidiarietà, e dall’utilizzo della ricchezza sovrastante per opere di carità ed arte.

Da allora vediamo una lotta incessante tra queste due forze: egoismo liberale individualistico da una parte, e dall’altra comprensione olistica della dipendenza dell’individuo da fattori generali, sociali e comunitari.

Nella situazione odierna uno dei fattori determinanti è la creazione continua di denaro da parte delle Banche Centrali con un tasso d’interesse negativo. La BCE sola, prima con Draghi e poi con Lagarde, genera 60 miliardi di EURO al mese: denaro senza controvalore reale, che finisce nell’inflazione e nella speculazione immobiliare e borsistica. Paradossalmente il concetto di “mercato libero”, proposto dai neoliberisti, potrà fallire per colpa della creazione di masse monetarie molto ingenti nelle mani di pochi. E questa creazione di denaro artificiale che mantiene il livello di produzione di merce e del suo commercio globale, con cicli di sostituzione sempre più rapidi, prodotti più scadenti, generando anche in gran parte inquinamento ambientale e la sua conseguenza, l’idea di una rivoluzione green, quest’ultima teorizzata per altro da molti di coloro che hanno guadagnato dal sistema neoliberista in essere.

A partire dagli anni Novanta del Novecento si e’ sviluppata la tecnologia informatica con le sue nuove promesse. Ma quel che sempre più è diventato chiaro è che la digitalizzazione non serve a diminuire i flussi delle materie prime da una regione all’altra del mondo, ma al contrario facilita l’estensione dell’approvvigionamento e dello spostamento delle merci che, ovviamente, impatta fortemente anche sull’inquinamento del pianeta.

Con il progredire della tecnologia informatica si scopre oggi possibile un controllo sempre più perfezionato delle persone e chi ne denuncia i pericoli impliciti viene silenziato dai media o ridicolizzato da un vero propio mobbing, entra in vigore un’opinione unica che non ha più bisogno delle forme e riti dei sistemi totalitari del passato. La pandemia odierna ha dato l’opportunità di accelerare questo processo.

L’ aspetto psico-sociale del neoliberismo è l’egoismo. Se è vero che l’egoismo corrisponde, almeno in parte, alla natura umana, il neoliberismo lo ha favorito e spinto ad oltranza.

Ormai tutti gli attori economici tentano con ogni mezzo di acquisire un massimo per dare in cambio un minimo. Quando il valore interno dei prodotti viene sempre più minimizzato il loro consumo diventa consumo di simboli. Simboli a cui viene tolto il loro riferimento trascendente, simboli del materialismo e della scalata del successo mondano, il proliferare delle vanità. Con questo si perde il senso del bene pubblico, della res pubblica, sopratutto si perde la facoltà dell’empatia verso l’altro.

Le gravi diseguaglianze create dal sistema globalista ci portano alla necessita’ di ripensare un’economia politica alternativa. E’ necessaria la riduzione della massa monetaria in circolazione e specialmente la riduzione della speculazione, con nuove regole più stringenti che incontrino la volontà umana nell’applicarle. Questa massa monetaria ampliata volontariamente da anni deve essere riproporzionata all’economia reale. La BCE deve rialzare i tassi di interesse. Una pauperizzazione di certi ceti sociali deve essere compensata dai contributi dei più ricchi, e in particolare da tutte quelle società di capitali i cui utili strabilianti vengono nei fatti agevolati da vere e proprie elusioni fiscali autorizzate, consentendo loro di pagare le tasse nei paradisi fiscali, o in paesi con tassazione incredibilmente agevolata, anche nel cuore dell’Europa stessa. A questo come hanno risposto fino ad ora i politici e burocrati della EU?

Quando la spesa per la sopravvivenza (alloggio, vestiario, cibo, educazione) corrisponde al reddito del consumatore, abbiamo un mercato funzionante con un’offerta pari alla domanda. Per tanti ceti sociali i redditi non corrispondono al prezzo inflazionato della merce. Esempio: il mercato immobiliare in Europa è pervertito dalla possibilità – quasi ormai un obbligo – di comprare la casa a credito con mutui a 20-30 anni e interessi al 2%, ma con un prezzo dell’immobile raddoppiato. La volontà di guadagnare il più possibile oltre ad un fabbisogno oggettivo è il segno di quell’egoismo avido che non si e mai fermato davanti alla sproporzione delle possibilità, né tantomeno alla miseria degli uomini.

Quale spazio per la tradizione artistica europea in questo contesto? In Europa non solo l’arte era “funzionale” ma portava un messaggio estetico-morale attraverso immagini e simboli, anche nelle arti applicate: mobili, vestiti, vasi e attrezzi per lavorare, armi, ecc.

In questo contesto la produzione artistica deve rivalutare il ripristino di norme morali ed il risorgere di valori tradizionali. Pittura, fotografia, film, musica, l’arte dovrebbe contribuire alla ricostruzione, che non può essere disincentivata da burocrati statali conniventi con il nichilismo di fondo implicito al sistema socio-economico neoliberista.

Nell’incentivare con soldi pubblici la produzione artistica – ri-orientata verso le proprie radici, arte per l’uomo e non l’arte per l’arte – si potrà ridurre almeno parzialmente la massa enorme di denaro in eccedenza in circolazione, che nella globalizzazione si traduce nella ricerca di nuove speculazioni finanziarie ad alto rendimento, senza che abbiano alla lunga un impatto positivo sull’economia reale. Il problema rimane la sovrabbondanza pervicace della burocrazia, che blocca ogni ri-voluzione – in senso etimologico – attraverso una regolazione ad oltranza e la volontà – o quantomeno l’effetto collaterale – di non offrire un corrispettivo servizio pubblico qualitativamente all’altezza.

Rinnovamento e ri-voluzione significano partecipazione: il cittadino deve uscire dalla sua passività e torpore per partecipare attivamente al dibattito sociale ed economico. Nello stesso tempo deve utilizzare il suo tempo libero per educarsi, approfondendo temi che lo interessano direttamente ma che di norma lascia decidere ad altri. In definitiva si tratta di trasformare un’economia “immanente” in un’economia “trascendente”: comprare meno, riparare, riciclare, ritornare al valore della qualità di contro a quello della quantità, ma anche non eccedere freneticamente un bisogno oggettivo con l’accumulo di un superfluo che non ha ragioni d’essere se non l’ambizione eterodiretta. Ritrovare un dominio su stessi, ritrovare i valori, non contrari alla libertà individuale, ma che possano far partecipare l’individuo a un senso collettivo di giustizia.

Condividi:

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Dai blog