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1919. QUELLA VOLTA CHE PERDEMMO UNA SCOMMESSA. – PARTE SECONDA. Di Andrea Giumetti

SEGUE DALLA PRIMA PARTE – […] I rapporti tra l’Italia e la Georgia invece furono determinati dai desideri dello stesso governo georgiano: temendo un invasione da parte della Russia (in quel periodo questo poteva riferirsi tanto ai bolscevichi quanto ai dittatori bianchi, senza dimenticare che elementi importanti della flotta del Mar nero avevano “disertato” e si comportavano come pirati), e avendo realizzato che c’era poco da sperare nell’Inghilterra quale garante dell’indipendenza georgiana, i rappresentanti del governo puntarono tutto sulla nascente diplomazia internazionale. Chiesero, ed ottennero, al comando inglese rassicurazioni rispetto al partecipare ai lavori della conferenza di pace di Versailles, puntando tutto sull’importanza del diritto di autodeterminazione dei popoli che i quattordici punti di Wilson sembravano porre in ruolo fondamentale. Naturalmente, le aspettative furono ampiamente disilluse: alla delegazione georgiana inviata non furono nemmeno consentiti i lasciapassare per entrare in Francia. Di fronte a questo schiaffo, Ts’ereteli e Voytinsky realizzarono che la Georgia avrebbe potuto ottenere la sua indipendenza solo attraverso la protezione di una Grande potenza, e la scelta ricadde sull’Italia, che era particolarmente affamata di risorse naturali ed essendo un paese a scarsa vocazione coloniale (nonché la meno potente delle Grandi potenze), sembrava poter garantire un trattamento relativamente paritario in una futura partnership. Gli italiani sono molto lesti a rispondere all’invito, e inviano il più rapidamente possibile un nuovo console e una delegazione guidata dal colonnello Melchiorre Gabba, ma è molto ben presente che la situazione internazionale è fortemente instabile, e anche se gli inglesi hanno fatto presente di non essere più in grado di sostenere lo sforzo di gestire la regione, preferendo dirottare gli sforzi verso le effettive colonie dell’impero, bisogna muoversi con cautela per non urtare il colosso britannico, che oltretutto in quei mesi sta consolidando il suo asse di relazioni privilegiate con l’ingombrante alleato statunitense. Detto ciò, i toni con cui sono condotti il primo contatto e le conseguenti relazioni diplomatiche non potrebbero essere più diversi da quelli mantenuti dalla delegazione britannica mesi prima, e sia i diplomatici italiani che i rappresentanti del governo georgiano sono favorevolmente colpiti dalle controparti, al punto che viene organizzata una delegazione georgiana da inviare in Italia a partire dall’Agosto. Ancora una volta, è Voytinsky, che in qualche misura è il capo politico della delegazione, a fornirci una testimonianza di prima mano rispetto a gli eventi: la delegazione viene temporaneamente bloccata a Costantinopoli dalla neonata “polizia interalleata” per via dell’identità “socialista” di molti dei suoi membri, ma i militari che accompagnano la delegazione sono adamantini nel pretendere che gli accordi presi dal Regno siano rispettati. Quelle persone sono sotto la garanzia del governo italiano, e tant’è; chiuso l’incidente di Costantinopoli la delegazione georgiana arriva infine in Italia sbarcando al porto di Taranto, dove viene ricevuta con calore e ufficialità. Le cose sembrano mettersi bene: l’Italia potrebbe guadagnare una fonte privilegiata di minerari rari e petrolio, il che consentirebbe di risolvere lo storico problema dell’importazione di materie prime, e la Georgia potrebbe avere come partner una grande potenza decisamente più rispettosa nei suoi riguardi delle altre… ma il 12 Settembre 1919, giorno in cui la delegazione viene invitata a presenziare ad un ricevimento organizzato dal ministro degli esteri, tutto va in frantumi. Dannunzio e i suoi volontari hanno occupato Fiume. Da quel momento l’affare georgiano passa in secondo piano, sommerso dalle tensioni internazionali che a bravata fiumana causa nel fragile assetto dell’immediato dopoguerra, e successivamente dai disordini civili del biennio rosso: la storia ormai sta facendo il suo corso e i binari dell’Italia e della Georgia si ritoccheranno soltanto dopo lo scioglimento dell’URSS, ma mai con la stessa intensità e reciprocità di quel lontano e turbolento 1919, fatto di grandi ansie, grandi tragedie, ma anche grande dignità e passioni.

Andrea Giumetti

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