Ammettendo che l’arte è il fingere in modo assoluto dimentichi della finzione, nemmeno alla politica manca l’arte. In questi tempi di pandemia la politica ha scelto di mostrare i muscoli e continuare a percorrere la via intrapresa a dispetto dei dubbi che mano a mano venivano a galla. Negli scorsi mesi abbiamo troppo spesso assistito alla mancanza di un dibattito pubblico e franco su quanto accadeva. Nessun passo indietro, nessuna ammissione di aver agito tardi nel definire e tracciare il contagio e poi di aver agito sproporzionatamente, tantomeno si è compreso quanto potesse essere profondo il tonfo dell’economia. Anzi si ribadisce anche in questi giorni che l’Italia è stata un esempio e che tante vite sono state salvate. Peccato che all’estero si siano spesso messi in luce i difetti dell’approccio italiano, i più benevoli sottolineando l’imprevedibile e non invidiabile fatto di essere stati colti dalla diffusione del Sars CoV 2 per primi in Europa, un virus dimostratosi assassino quando incrocia persone con malattie pregresse o con un sistema immunitario deficitario, i cosiddetti vulnerabili. Ma l’essere stati colti di sorpresa è vero fino ad un certo punto, visto che il Governo italico aveva deliberato lo stato d’emergenza a fine Gennaio dell’anno corrente.
Quando il Primo Ministro Conte rimarca che ha preso le proprie decisioni “in coscienza e in scienza” si può perfino non dubitare che possa essere sincero. Ma prendere decisioni in coscienza non è alcun argine alla stupidità. I risultati delle scelte prese in coscienza sono concretissimi: dal drastico calo del PIL nazionale alle attività commerciali portate avanti da generazioni che chiudono i battenti, fino alle proliferazioni di regolamenti che rendono alcuni esercizi impossibili. Un bilancio dello Stato che potrà risentirne al punto di non garantire interamente neppure quelli che per ora si sentono più al riparo, come i pensionati ed i lavoratori statali. Risultati di una fatalità, qualcuno tra i banchi della Maggioranza piagnucola, convintamente o meno.
La scienza poi in questi mesi ha ben mostrato il processo che la distingue – perfino in riviste mediche internazionalmente rinomate che molto raramente prima di questo nuovo virus avevano pubblicato studi non peer review, non precedentemente dibattuti e selezionati – ovvero quanto il metodo sia intrinsecamente soggetto a interpretazione e continua rielaborazione, la scienza non ha dogmi se non quello della relatività della conoscenza, in continuo dialogo con i dati empirici e sperimentali. Così le posizioni ed i convincimenti dei vari esperti hanno subito tremende oscillazioni e divergenze. I grandi scienziati sono umili. Purtroppo ve ne sono anche che hanno perduto il senso del ridicolo, e tra le varie amenità quelle delle proiezioni matematiche sulla presunta entità del contagio e delle sue conseguenze, che hanno avuto l’enorme pecca di basarsi sull’insufficienza dei dati disponibili. Quanto si è fatto per ovviare alla situazione? Ci si è organizzati, come un qualsiasi normodotato avrebbe pensato, per fare esami su larga scala e rendere finalmente visibile la reale entità del contagio?
Dopo mesi quel a cui si assiste è un qualche campionamento di popolazione per i test sierologici e un numero di tamponi ancora insufficiente che eredita il pensiero fallace che i tamponi andassero fatti solo alle persone che presentavano sintomi. Recentemente sono stati testati a Bergamo con gli esami sierologici quasi diecimila cittadini, il 57% dei quali è risultato positivo mostrando anticorpi al covid.
Correlazione, non causalità. Esempio: decessi avuti direttamente per il covid, è la causalità, persone decedute per un’insieme di malattie o fattori e che erano positive al covid, è la correlazione. In altri termini, repetita iuvant, tentare di far chiarezza sui dati della mortalità. Ma probabilmente è tardi. Non si comprende nemmeno come potessero essere sconsigliate le autopsie da una circolare ministeriale. Nessuna autocritica in vista all’orizzonte. E’ l’inopportunità dell’autocritica quel che delinea permanentemente il politico, quantomeno in tempi di mediocrità.
Si esclude categoricamente che il nuovo coronavirus sia mai stato molto più diffuso di quanto i dati ufficiali per ora hanno delineato? Lo si dimostri con altri studi epidemiologici seri. Una buona volta saremo prossimi a conoscere la reale mortalità percentuale da covid-19. Ma il tempo corre veloce, il tempo che non è mancato, il tempo che potrebbe diventare l’oblio della nuova normalità. Politicamente è conveniente? Questa è un’altra domanda, di sicuro interesse per Conte&Co.
Non dimentichiamo mai che l’uomo è anche spirito creativo, d’avventura, ricerca la molteplicità dell’esperienza, non può diventare socialmente alienato e privato della facoltà di scegliere. L’arte, la filosofia, la passione, la tensione verso la scoperta del non conosciuto, sono importanti quanto la salute in una civiltà evoluta.
Sospendere a colpi di dpcm le libertà sancite dalla Costituzione non può continuare in futuro a rappresentare un’opzione, per quanto annacquata la democrazia possa essere intesa, ciononostante quanto accaduto rappresenta un precedente che potrebbe riemergere in una qualche forma in un Autunno “caldo”. Non a caso il Presidente del Consiglio pensa di estendere la cassa integrazione fino a fine anno per evitare l’insorgere di tensioni sociali, o quantomeno ritardarne la possibilità. Significativa anche l’affermazione pentastellata che “le priorità per il futuro sono il cloud, la banda larga, la digitalizzazione, la cyber security, la robotica, l’intelligenza artificiale”. Ricerca e sviluppo tecnologico, in un mondo demograficamente crescente in cui vi sarà una sempre più decrescente richiesta di lavoratori. Nuove e temibili sperequazioni in vista. La strada è tracciata, il nuovo coronavirus pare aver offerto l’occasione per accelerare nella direzione dell’obiettivo dichiarato dalle grandi potenze mondiali, dal Pentagono, alla Russia, alla Cina. E d’altronde ciascuno di noi contribuisce inavvertitamente a creare l’intelligenza artificiale ogni qual volta utilizza un motore di ricerca su internet. Che la robotica e l’intelligenza artificiale possano essere utilizzate a fin di bene, a favore dell’umanità, o con altre più minacciose intenzioni, resta da vedere. Tra le varie ricerche a stelle e strisce compare un’inquietante impianto nello scalpo umano che consentirebbe di essere interconnessi con un super-computer, on-line h24. L’uomo nuovo, un cyborg che accederebbe ad un differente livello cognitivo ed a una sconfinata quantità di dati immediatamente disponibili, oltre che ad una comunicazione telepatica istantanea con altri umani sottoposti al medesimo impianto. Per quanto futuribili questi scenari possano apparire, pensare che l’intelligenza artificiale potrà rimanere sempre sotto il controllo umano è già agli albori una valutazione pericolosa.
P.A.