Condividi:

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on email

Esplora:

I COLORI DELLA MARINERIA VENEZIANA. DALLA REPUBBLICA ALLE SOGLIE DEL XX° SECOLO. Di Riccardo Pasqualin

Per avere un’idea di quanto sia profondo il legame tra Venezia e il mare, spesso rappresentato come un’unione mistica, basta riflettere che una tra le più antiche feste veneziane è quella della Sensa (l’Ascensione). In quel giorno dell’anno si celebrava lo sposalizio del mare, in ricordo della conquista della Dalmazia da parte delle navi capeggiate dal Doge Pietro II Orseolo (961-1009), nell’anno 1000.

Si trattò di una vittoria fondamentale; liberò l’Adriatico dalla pirateria e rese la città lagunare Regina del Mare. Si decretò che ogni anno, il Doge e il Patriarca, con grande solennità, si recassero fuori dal porto del Lido per benedire le acque. In seguito, nel 1177, Papa Alessandro III (1100 ca.-1181) donò al Doge Sebastiano Zani (1102 ca.-1178) un anello d’oro, quale ricompensa per l’aiuto che aveva ricevuto nella conciliazione con l’Imperatore Federico Barbarossa, ribadendo la sovranità della Repubblica sul mare. Da quel momento in poi si consolidò la tradizione secolare del matrimonio con il mare, cantato in tutti i secoli da innumerevoli poeti.

La festa era la più grandiosa che si potesse immaginare; il Serenissimo Principe, accompagnato da squilli di tromba, saliva sul Bucintoro – la sua nave di rappresentanza – seguito dalle autorità del clero, dai capi del Consiglio dei Dieci e dagli eventuali ambasciatori stranieri presenti in città. Sul pennone della sontuosa imbarcazione veniva issato lo stendardo ducale, mentre l’Ammiraglio dell’Arsenale impartiva gli ordini. Il Bucintoro era attorniato da un folto corteo di legni di ogni forma e colore, tutti parati a festa.

Guardando con curiosità una delle tante raffigurazioni della gloriosa ricorrenza, viene spontaneo domandarsi che significato avessero, per i veneziani, i colori con cui dipingevano le loro barche.

Lo studioso Gianfranco Munerotto, da anni impegnato in ricerche sui materiali attinenti alle imbarcazioni tradizionali, con il suo libro I colori della marineria veneziana Dalla Repubblica alle soglie del XX secolo (Cierre Edizioni, 2019) ha il merito di aver provato a fare chiarezza su questo tema.

Nella storia l’uomo ha sempre sentito la necessità di colorare le barche con cui navigava, pescava e combatteva; è sempre esistito il bisogno di farsi scorgere dagli amici e dai nemici; i veneziani, popolo di navigatori, non potevano certo fare eccezione.

Convinto sostenitore dell’archeologia sperimentale, nel suo ultimo coinvolgente lavoro, Munerotto guida i suoi lettori alla scoperta di un argomento molto specifico, trattandolo con passione e dovizia, congiungendo la necessità di un taglio divulgativo, con la precisione delle ricostruzioni e il desiderio di avanzare ipotesi ragionate riguardo il recupero di un aspetto della navigazione che ha ricoperto una grande importanza nella vita dei veneziani del passato, ma di cui non sempre ci sono rimaste molte notizie. Con l’onestà che è d’obbligo, l’autore avverte di aver limitato la sua raccolta ai dati certi «vincendo la tentazione di colmare i vuoti con illazioni (quanto mai pericolose, data la propensione alla leggenda nella storiografia veneziana di tutti i tempi)».

Muovendosi sull’esteso arco di tempo preso in esame, il saggista è riuscito a fornire un’opera molto ricca di spunti che aspira a riassumere il percorso di evoluzione tecnica della saggezza navale veneziana. Un simile testo non poteva prescindere da un ricco apparato figurativo con riproduzioni di alta qualità, ed è anche qui che si viene colpiti dall’abilità del ricercatore, il suo studio si sviluppa nell’attenta osservazione di dipinti provenienti da musei veneti e di varie parti del mondo, nonché da collezioni private; questa grande mole di materiale, ha permesso allo scrittore di elaborare ulteriori disegni che completano le sue osservazioni, fondate anche sui documenti emersi indagando gli archivi.

Anche in epoche a noi prossime, riporta lo scrittore, le colorazioni delle navi (pur di nazioni diverse e nemiche) ebbero delle analogie cromatiche sostanziali e spesso gli scafi erano distinguibili più facilmente per categoria che per paese di provenienza: «Non si può infatti dire che le navi inglesi fossero gialle, quelle veneziane rosse, quelle turche verdi ecc., come verrebbe oggi spontaneo pensare, abituati come siamo all’uso moderno del “codice colore” per distinguere l’appartenenza nazionale; […] Ciò che veramente contraddistingueva le unità navali – specie belliche – erano le bandiere, vivaci ed esposte senza risparmio».

La questione cromatica talvolta si fa complessa; come si può notare in molti quadri, le galee erano generalmente rosse, un colore che comunica aggressività; a Venezia, però, il rosso era anche la tinta associata all’autorità. Scarlatto era l’abito dei senatori, e l’uso esteso del rosso faceva spiccare una galera generalizia o quella di un Capitano General da Mar. Rosso era anche il fondo di tanti gonfaloni marciani.

Particolarmente interessante è il capitolo dedicato alle bandiere; per i veneziani il Leone di San Marco è «un viscerale simbolo di coesione nazionale. L’intima identificazione del cittadino con lo Stato, il Santo protettore e le sue rappresentazioni, fece sì che emblemi e bandiere nazionali venissero, anche negli atti ufficiali amministrativi, familiarmente e semplicemente chiamati “San Marchi”». I colori nazionali dello Stato Veneto erano l’azzurro e l’oro – soventemente resi con l’uso del turchino e del giallo –, ma non c’è mai stata una codificazione precisa: le direttive specifiche sull’uniformazione delle bandiere sono proprie dei governi moderni.

Al contrario di quanto comunemente si crede, nelle insegne marciane il fondo non era sempre rosso (come è nel gonfalone civico attuale), l’introduzione del libro avvisa che un esame completo dell’araldica dei vessilli in uso a Venezia nelle varie epoche avrebbe travalicato lo scopo principale della pubblicazione, ma non mancano alcuni tentativi di confronto tra le bandiere delle navi e quelle degli eserciti, «Per le armate di terra […] il campo era spesso bianco e/o azzurro»: uno studio che meriterebbe di essere portato avanti e approfondito.

Da ormai più di un decennio, nel Veneto, si è notata la nascita di un sano desiderio di conoscere l’aspetto e i colori delle bandiere, delle divise militari o anche delle imbarcazioni veneziane e al crescente numero di appassionati di tali discipline va assolutamente consigliata la lettura di questo bel volume.

Riccardo Pasqualin

Condividi:

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Dai blog

SANTA PASQUA 2024.

Dalla Associazione culturale Identità Europea : SANTA PASQUA 2024 Identità Europea, il suo Presidente e tutto il Direttivo augura a Soci, amici e compagni di

Leggi tutto