Parla Antonio Maria Rinaldi, docente di Economia politica e Finanza aziendale
«Savona è un convinto europeista»
«Ormai si contrappongono due visioni dell’Europa»
In questi giorni tutte le televisioni se lo contendono per conoscere il suo punto di vista sul futuro dell’Europa e dell’Italia. Antonio Maria Rinaldi è un economista di lungo corso e docente universitario. È anche uno dei più stretti collaboratori di Paolo Savona, quasi ministro del quasi governo del cambiamento a guida Lega e M5S mandato, momentaneamente, in soffitta dal Presidente della Repubblica.
Professor Rinaldi, il governo del cambiamento è naufragato per il no opposto dal Quirinale a Paolo Savona. Un veto decisivo per le posizioni indipendenti dello stesso Savona?
A mio modestissimo avviso, Savona è stato un po’ il capro espiatorio in questa vicenda. Alla base ci sono motivazioni che vanno al di là della persona professor Paolo Savona, in quanto sono universalmente riconosciute la sua competenza, la sua correttezza e la sua costruttiva visione delle criticità. Su molti giornali invece è stato fatto passare come il peggiore degli anti-europeisti. La realtà dimostra tutto il contrario. Se si legge davvero con coerenza quello che ha scritto il professor Savona, si nota chiaramente che egli è il primo degli europeisti.
Abbiamo avuto ministri con la terza media ed il diploma ed il Capo dello Stato non ha mai eccepito nulla…
Non la metterei in questi termini. Anche se il riferimento può riguardare alcuni ministri del Governo a guida Gentiloni, che non avevano tutte le competenze per guidare un dicastero. Savona avrebbe rappresentato un netto cambiamento, per quanto riguarda le politiche economiche da adottare per la permanenza nell’area euro e la prosecuzione dell’adozione della moneta unica. Fino ad ora, l’Italia ha tentato, senza riuscirci in maniera proficua, peggiorando la proprio situazione macroeconomica, di attuare una politica orientata alla austerity. Le ricette del famoso documento, sottoscritto dalla Lega e dal Movimento Cinque Stelle, miravano ad invertire la rotta di centottanta gradi con una politica economica espansiva. Siccome il professor Savona è stato sempre un sostenitore di questa visione, molto probabilmente si è ritenuto di non prenderlo in considerazione e non modificare qualsiasi dettame proveniente dall’Europa. Lo scontro è nato proprio su questo punto. Abbiamo sempre adottato le stesse politiche economiche, senza dare adito a nuove soluzioni.
Criticare l’euro o proporre politiche alternative significa oggi toccare dei fili ad alta tensione?
A dire la verità, questo avviene solo in Italia. In altri Paesi il dibattito sulla costruzione della moneta unica è aperto e costruttivo da moltissimi anni. Ha, tra l’altro, come protagonisti economisti di fama internazionale. Non si capisce perché in Italia discussioni così importanti non avvengano. In Germania e Francia il dibattito è aperto da tanto tempo. Non si capisce perché in Italia ci siano posizioni prevenute di un certo mondo politico, giornalistico e mediatico.
Il diritto, per il governo degli Stati, ha ceduto il passo ai meccanismi finanziari? I giuristi hanno definitivamente fatto posto a finanzieri e banchieri?
Questa è ormai la sensazione comune. Nei dibattiti, al di là delle forzature politiche e propagandistiche in funzione elettorale, la domanda dovrebbe essere fatta in altro modo. Mi spiego meglio.
Dica pure…
La classe politica e dirigente italiana dovrebbe dire molto chiaramente al popolo italiano cosa intende fare. Abbiamo una Costituzione. Si intende rispettarla o modificarla per adattarla ai cosiddetti vincoli europei? Fino a quando esiste un modello economico di tutele, disattese dalla partecipazione alla moneta unica perché basate sulla svalutazione salariale, passando dal contenimento dell’inflazione, sulla stabilità dei prezzi, e sul rigore dei conti fino al pareggio di bilancio, tutto il dettame costituzionale in materia economica non può essere realizzato. Se questa è la via da seguire, gli uomini alla guida delle istituzioni lo rendano noto agli italiani altrimenti si rischia il corto circuito.
Le entità sovranazionali hanno fagocitato i popoli?
Come dicevo prima, bisogna verificare se gli italiani sono favorevoli alla modifica dell’impianto della Costituzione. La nostra Carta afferma che la “sovranità appartiene al popolo” e quindi prendere atto, dandone la precedenza, delle decisioni prese dal popolo italiano nei modi previsti dalla stessa Costituzione. Chi è contrario dichiari l’esistenza di una sorta di governo sovranazionale che travalica i poteri conferiti al popolo italiano. Bisogna chiarire questo aspetto. In caso di ambiguità ci saranno gravi contrapposizioni. Lo stiamo appurando con la crisi istituzionale e di governo.
Quali scenari politici ed economici ci sono all’orizzonte, dopo l’arrivo di Cottarelli?
Se da una parte l’establishment europeo è rassicurato da una figura come Cottarelli, alto dirigente del FMI, dall’altro lato si pone la questione del sostegno parlamentare. Senza quest’ultimo, ipotesi molto realistica, potremmo assistere ad una ulteriore lacerazione del Paese. Cottarelli dovrà inevitabilmente perseguire politiche di austerity. Alle elezioni europee, in programma fra un anno, il pericolo per l’establishment sarà quello di avere un parlamento europeo composto da rappresentanti non solo italiani, ma di tutta Europa, contrari all’attuale visione. Per la governance europea ci saranno grandi difficoltà con tentativi scomposti volti a cambiare quello che non sta riuscendo a modificare ora. Per questo, secondo me, varrebbe la pena mettere mano adesso a quei meccanismi che hanno provocato una crisi di sistema ormai permanente.