Condividi:

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on email

Esplora:

LA GENERAZIONE SCOMPARSA DELL'ARGENTINA CAMPIONE DEL MONDO. A cura di Gennaro Grimolizzi.

Daniele Biacchessi è autore di un libro sulle atrocità durante il regime di Videla.
A cura di Gennaro Grimolizzi.

Daniele Biacchessi, caporedattore news di Radio24, è da poco in libreria con “Una generazione scomparsa. I mondiali in Argentina del 1978” (Jaca Book). Da sempre appassionato di storia e autore di teatro civile questa volta Biacchessi rivolge l’attenzione ad un Paese, l’Argentina, tanto lontano quanto vicino all’Italia. Il 25 giugno 1978 all’Estadio Monumental di Buenos Aires si disputa la finale della coppa del mondo tra Argentina e Olanda. In tribuna d’onore siedono ebbri di potere il dittatore argentino Jorge Videla ed i membri della giunta militare, alla guida della nazione sudamericana dal marzo 1976. Sugli spalti, quasi nascosto, c’è un signore italiano ancora sconosciuto: Licio Gelli, il venerabile della loggia massonica P2 (Propaganda 2).

Il tuo ultimo libro accende i riflettori su un massacro consumatosi quasi quarant’anni fa nell’indifferenza dell’Europa. Cosa ti ha spinto a dedicarti questa volta all’Argentina?

«Il filo che lega tutte le mie opere letterarie, cinematografiche e teatrali è la memoria viva, cioè la memoria del passato che diventa futuro. È accaduto, dunque, potrebbe accadere ancora. In un Paese importante, moderno e sviluppato è accaduto che una dittatura feroce, dal 1976 al 1983  ha fatto scomparire trentamila oppositori attraverso un sistema composto da 350 centri clandestini ed alcune migliaia di aerei predisposti al lancio da 2mila metri delle persone. I detenuti venivano arrestati in modo illegale e torturati per anni. Oggi, ed ecco la memoria viva, un oppositore come Santiago Maldonado è stato rapito e il suo corpo senza vita è riapparso esattamente nel luogo della sua scomparsa».

I mondiali di calcio del 1978 in Argentina sono stati i primi trasmessi a colori dalle televisioni. Lo spettacolo calcistico ha proiettato in quell’occasione l’immagine di un Paese felice. Eppure, nell’Escuela de Mecanica de la Armada (Esma), il regime dei militari si rendeva protagonista di torture inenarrabili.

«Il mondiale della vergogna potremmo definirlo. Anche qui in un mondo apparentemente pacifico, dove però era in corso una guerra a bassa intensità, è stato possibile che un gruppo di generali fascisti e violenti si appropriasse del gioco sportivo più seguito a scopi politici,  con l’intento, poi riuscito, di anestetizzare un popolo e portarlo ad essere complice degli orrori. La vicinanza tra Esma e lo stadio è la prova provata di questa tesi. Dall’Esma sono entrate almeno cinquemila persone per lo più torturate ed uccise».

Sugli spalti, ad assistere alla finale Argentina-Olanda, si trovava anche Licio Gelli. C’è stato un legame tra il regime di Videla e gli apparati deviati italiani?

«Gelli e la P2 sono gli ispiratori del golpe del 24 marzo 1976. Gelli era in Argentina ben prima del colpo di Stato. Fu lui a far incontrare in Italia Juan Peron e alcuni nostri imprenditori. Quando venne arrestato a Lugano, il passaporto di Gelli era stato falsificato da un detenuto dell’Esma. Massera era iscritto alla P2 ed era il responsabile politico e militare dell’Esma, uno degli inventori della cosiddetta guerra sporca».

Le dittature militari sono un ricordo che ci siamo messi alle spalle? 

«Le dittature sono sempre un’opzione moderna. La crisi economica, la mancanza di valori comuni, la sottrazione della memoria di un popolo, rendono la dittatura una strada sempre possibile».
Le democrazie corrono altri rischi?

«Le democrazie sono spesso imperfette come quella italiana. Il fascismo nel nostro Paese non se ne è mai andato. E il fascismo è ancora presente nei nostri apparati dello Stato, nel desiderio dell’uomo forte che solo al comando governa, dell’arroganza del potere e dei suoi sudditi».

Il tuo ultimo libro è affiancato anche da un film finanziato con una campagna di crowdfunding. Una nuova frontiera editoriale?

«Sono al quinto film finanziato e condiviso dal mio pubblico. Sono partito con l’illustratore Giulio Peranzoni dalla ripresa cinematografica dello spettacolo “Giovanni e Nori” tratto dal mio libro per Laterza, messo in scena con i Gang e il jazzista Gaetano Liguori.  Un successo enorme. Centinaia di dvd distribuiti ai crowdfunders, alle decine di proiezioni pubbliche e spettacoli. Abbiamo reinvestito su “Una generazione scomparsa” e il risultato è stato eccezionale. La mia non è una raccolta di soldi, sarebbe triste e banale. Il mio è un progetto di condivisione economica e produttiva. Un investimento sulla memoria smarrita del Paese. Qualcuno dimentica, io rimetto a posto i cocci della nostra Storia».

 

Condividi:

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Dai blog