Condividi:

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on email

Esplora:

PSYCHOPOLITICS. Di Paolo Costa

Né Angela Merkel né Theresa May né Michelle Obama né altra signora della politica occidentale sarebbe abbastanza bella per dare corpo a Nicole Thibodeaux.

Per essere Nicole, del resto, non basterebbe essere belle: occorrerebbe essere “fantastiche”.

Ma il tempo forse porrà rimedio. Nuove generazioni di giovani donne politiche potranno darci una Nicole da adorare; e poi una first lady non deve essere necessariamente una donna politica. Per il resto, gli ingredienti ci sono già tutti.

La psicopolitica ha invaso l’occidente. A dispetto del suo essere “psico-”, essa è tuttavia quanto di più lontano un sincero psicologo potrebbe desiderare per sé e per le ferite dell’umanità che transitano quotidianamente nel suo studio professionale. Ferite che non di rado sono un riverbero delle incursioni del potere (politico o economico, poco cambia) nelle mentalità collettive e nelle immagini del mondo. Abusi e distorsioni di ogni genere manipolano l’immaginario. Ma l’immaginario non è solo una narrazione condivisa; è piuttosto il nostro modo di comprendere il mondo, ciò da cui partiamo per sviluppare addirittura il nostro linguaggio; non è la realtà, ma ne è quantomeno un’interpretazione persuasiva. Violentarlo arbitrariamente significa colpire le personalità più deboli, quelle più sensibili ai suoi riverberi, quelle che, come il Barone di Münchhausen, non hanno che se stesse come “appiglio”.

E non è un caso se proprio questo “appiglio” è stato il primo bersaglio polemico della politica moderna e della sua furia iconoclasta. Carl Gustav Jung lo aveva colto con precisione: «Per liberare da ogni salutare limitazione la finzione del potere assoluto dello Stato, ossia l’arbitrio dei capi che manipolano lo Stato, tutte le iniziative sociali e politiche che mirano a tale scopo fanno dei grandi sforzi per scalzare le religioni […] Un qualsiasi atteggiamento nei confronti delle condizioni esteriori di vita è possibile solo se esiste un punto fisso fuori di essa. Le religioni offrono o pretendono di offrire una base simile e con ciò di mediare all’individuo la possibilità di un giudizio e di una libera decisione» (Presente e futuro, 1957).

Una psicopolitica, dunque, che non ama gli psicologi. Ne farebbe volentieri a meno, rimpiazzandoli con massicce dosi di psicofarmaci. Quasi ci siamo. E perché no, poi? Molta dipendenza da farmaci, molti guadagni per i produttori, molto masse ipnotizzabili. E pochi dottor Superb, appena tollerati, finché utili.

Attediamo dunque la nostra Nicole, supremo capo politico-mediatico dell’Impero occidentale. Non madre, il matriarcato è una cosa seria; ma amante. Amante mediatica delle psicomasse di telespettatori e degli psicosciami di utenti del web. Prove di grandi coalizioni ireniche sono già in corso, per non disturbare la voluttà collettiva con la brutalità del “politico”.

E la realtà? Per essa non c’è più posto nell’era degli analisti simbolici (assurdo ossimoro del resto…). Tutto, in fondo, è simulacro.

Paolo Costa

Condividi:

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Dai blog