E’ indubbiamente vero che dopo la dissoluzione della Democrazia cristiana la voce dei cattolici nell’agone politico risulta estremamente flebile, il che può spiegare perché giornalisti, opinionisti e perfino analisti dei flussi elettorali prestino scarsa attenzione al loro orientamento elettorale. E’ avvenuto in occasione del referendum costituzionale del dicembre 2016, delle elezioni amministrative, e si ripete adesso per la recente consultazione politica. Rappresenta quasi un’eccezione Il Giornale, che il 12 marzo pubblica un fondo del direttore dal titolo “Sono strani questi cattolici”, e spiega: “Passano i cinque anni della legislatura a lamentarsi per leggi eticamente in contrasto con il Vangelo e poi nell’urna bocciano i candidati e i partiti che, almeno sulla carta, dicono di volersi impegnare in loro difesa”.
Dal momento che il sistema elettorale (il deprecato Rosatellum) non consente preferenze, Massimo Sallusti non può che riferirsi al modesto risultato (poco più di mezzo punto percentuale quanto a voti) dell’unico partito cattolico in lizza, il Partito della Famiglia (PdF). Sallusti omette però di considerare il ruolo determinante avuto nelle scelte elettorali (non solo dei cattolici) dal Rosatellum, che penalizza quei partiti che, non facendo parte di una coalizione, non conseguono almeno il 3% dei consensi. Un traguardo difficilissimo per il neonato PdF e, difatti, fallito anche da partiti (vedi “Più Europa”), ben più strutturati, con candidati conosciutissimi, ricchi di mezzi e, soprattutto, ampiamente supportati dai media nazionali, che hanno invece pressoché ignorato il PdF. In questa situazione i cattolici hanno compreso che il voto al PdF sarebbe stato di pur preziosa testimonianza, ma in concreto, sottraendo consensi ai loro avversari, si sarebbe risolto a favore proprio dello schieramento politico, la sinistra in generale e il partito democratico in particolare, che intendevano invece punire per le offese recate nel corso dell’intera legislatura (ma anche in precedenza) ai principi etici conformi al Vangelo che stanno loro a cuore.
Pochi sembrano averlo percepito, ma è un fatto, confermato dall’esito dell’appena conclusa campagna elettorale, che nel corso di questa legislatura l’elettorato cattolico, pur non organizzato, ha iniziato a riprendere coscienza di sé e a muoversi anche politicamente secondo linee che convergono in unità quando la posta è alta E, per l’appunto, sempre più alta si è fatta da quando la politica ha ulteriormente alzato il livello dei suoi interventi in materia etica. “Matteo, ce ne ricorderemo” non è soltanto uno slogan, ma un impegno tanto vincolante quanto importanti sono i valori che il 30 gennaio 2016 hanno spinto centinaia di migliaia di persone a partecipare alla grande manifestazione romana del Family Day per contrastare il varo della legge sulle unioni civili (cosiddetta “legge Cirinnà”) fortemente voluta e sostenuta, così come la successiva legge sul “testamento biologico”, dal Pd e in particolare da Matteo Renzi nella veste sia di presidente del consiglio sia di segretario del partito (e questo ha suscitato sdegno per il tradimento di chi era stato inizialmente percepito come “uno dei nostri”, non un “cattolico adulto”, ma un comune cattolico praticante).
Di questo impegno a ricordarsene i commentatori politici hanno fatto poco conto, ma chi vive davvero nel mondo cattolico sa bene il peso via via crescente, in proporzione all’importanza delle poste in ballo, che ha avuto nel determinare, ai danni di Matteo e del Pd, l’esito delle elezioni amministrative del 5 giugno 2016 e dell’11 giugno 2017, della disastrosa (per Renzi) bocciatura del referendum costituzionale del dicembre 2016. Infine le lelezioni politiche nazionale del 4 marzo 2018.
In realtà, a differenza di giornalisti e analisti e adispetto dei suoi atteggiamenti da bullo,, Renzi, forse perché la sfida veniva proprio dal mondo di appartenenza della sua famiglia, già dalle elezioni del giugno 2016 si è reso conto della serietà dalla promessa e, in vista del referendum costituzionale, nel frattempo trasformatosi in un plebiscito sulla sua persona, aveva programmato un tour per le parrocchie per spiegare agli sprovveduti correligionari cosa sono le unioni civili. Non lo ha fatto (forse per prudenza), ma, scottato dall’esito referendario, che gli è costato la presidenza del consiglio, alla vigilia delle recentissime consultazioni politiche ha tentato un disperato recupero in uno dei suoi ultimi interventi: “Abbiamo avuto punti di discussione come le unioni civili o il biotestamento con una parte importante del mondo cattolico. È una discussione che probabilmente vedrà una frattura almeno con una parte del mondo cattolico italiano. Ma da Roma oggi voglio dire alle donne e agli uomini del mondo cattolico di questo Paese di riflettere bene su cosa avverrà: faccio un appello alle persone che vivono le parrocchie e la realtà associativa. Siamo a un bivio: il centrodestra non è a trazione moderata, non è guidato dagli amici di Angela Merkel ma dagli amici di Marine Le Pen, non sono moderati. Noi siamo quelli del terzo settore”.
Da pugile suonato, messo all’angolo del ring, non ha capito che ad essere in gioco non sono il moderatismo, la Merkel e la Le Pen, ma -come scrive Sallusti (in questo ha ragione)- le leggi eticamente in contrasto con il Vangelo.
Francesco Mario Agnoli