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CE NE RICORDEREMO. Di Francesco Mario Agnoli

    E’ indubbiamente vero  che dopo la dissoluzione della Democrazia  cristiana la voce dei cattolici nell’agone politico risulta  estremamente flebile, il che può spiegare perché giornalisti, opinionisti e perfino analisti dei flussi elettorali  prestino scarsa attenzione al loro orientamento elettorale. E’ avvenuto in occasione del referendum costituzionale del dicembre 2016, delle elezioni amministrative, e si  ripete adesso  per la recente consultazione politica.  Rappresenta quasi un’eccezione Il Giornale, che il 12 marzo pubblica un fondo del direttore dal  titolo “Sono strani questi cattolici”, e spiega: “Passano i cinque anni della legislatura a lamentarsi per leggi eticamente in contrasto con il Vangelo e poi nell’urna bocciano i candidati e i partiti che, almeno sulla carta, dicono di volersi impegnare in loro difesa”.

  Dal momento che il sistema elettorale (il deprecato  Rosatellum) non consente  preferenze, Massimo Sallusti non può che riferirsi  al modesto risultato (poco più di mezzo punto percentuale quanto a voti) dell’unico partito cattolico in lizza, il Partito della  Famiglia (PdF). Sallusti omette però di considerare  il ruolo determinante avuto nelle scelte elettorali (non solo dei cattolici) dal Rosatellum, che  penalizza quei partiti che, non facendo parte di una coalizione, non conseguono almeno il 3% dei consensi. Un traguardo difficilissimo  per il neonato PdF e, difatti, fallito anche da partiti (vedi “Più Europa”), ben più strutturati,  con candidati conosciutissimi, ricchi di mezzi e, soprattutto,  ampiamente supportati dai media nazionali, che hanno invece pressoché ignorato il PdF.  In questa situazione i cattolici hanno compreso che  il voto al PdF sarebbe stato di pur preziosa testimonianza,  ma in concreto, sottraendo consensi ai loro avversari, si sarebbe risolto a favore proprio dello schieramento politico, la sinistra in generale e il partito democratico in particolare, che intendevano invece punire per le offese  recate nel corso dell’intera legislatura  (ma anche in precedenza) ai principi etici conformi al Vangelo che stanno loro a cuore.

  Pochi sembrano averlo percepito, ma è un fatto, confermato dall’esito dell’appena conclusa campagna elettorale, che nel corso di questa legislatura l’elettorato cattolico, pur non organizzato,  ha  iniziato a riprendere coscienza di sé e a muoversi anche politicamente secondo linee che convergono  in unità quando la posta è alta  E,  per l’appunto,  sempre più alta si è fatta da quando la politica  ha ulteriormente alzato il livello dei suoi interventi in materia etica. Matteo, ce ne ricorderemo” non è soltanto uno slogan, ma un impegno tanto  vincolante quanto importanti sono i valori che il 30 gennaio 2016 hanno spinto  centinaia di migliaia di persone a partecipare  alla grande manifestazione romana del Family Day  per contrastare  il varo della legge  sulle  unioni civili (cosiddetta “legge Cirinnà”) fortemente voluta   e sostenuta, così come la successiva  legge sul “testamento biologico”, dal Pd e in particolare da Matteo Renzi  nella veste sia  di presidente del consiglio sia  di segretario del partito (e questo ha suscitato sdegno per il tradimento di chi era stato inizialmente percepito  come “uno dei nostri”, non un “cattolico adulto”, ma un comune cattolico praticante).

  Di questo impegno a ricordarsene  i commentatori politici hanno fatto poco conto, ma chi vive davvero nel mondo cattolico sa bene il peso via via crescente, in proporzione all’importanza  delle poste in ballo,  che ha avuto nel determinare, ai danni di Matteo  e del Pd, l’esito delle elezioni amministrative del 5 giugno 2016 e dell’11 giugno 2017, della disastrosa (per Renzi) bocciatura  del referendum costituzionale del  dicembre 2016. Infine le lelezioni politiche nazionale del 4 marzo 2018.

   In  realtà,  a differenza di  giornalisti e analisti e adispetto dei suoi atteggiamenti da bullo,, Renzi,  forse perché la sfida  veniva proprio dal  mondo di appartenenza della sua famiglia, già dalle elezioni del giugno 2016  si è reso conto  della serietà dalla promessa e, in vista del referendum costituzionale, nel frattempo trasformatosi in un plebiscito  sulla sua persona,  aveva programmato un   tour per le parrocchie per spiegare agli sprovveduti correligionari cosa sono le unioni civili. Non lo  ha fatto (forse per prudenza), ma, scottato  dall’esito referendario, che gli è costato la presidenza del consiglio,  alla vigilia  delle recentissime consultazioni politiche  ha tentato un disperato recupero in uno dei suoi ultimi interventi: “Abbiamo avuto punti di discussione come le unioni civili o il biotestamento con una parte importante del mondo cattolico. È una discussione che probabilmente vedrà una frattura almeno con una parte del mondo cattolico italiano. Ma da Roma oggi voglio dire alle donne e agli uomini del mondo cattolico di questo Paese di riflettere bene su cosa avverrà: faccio un appello alle persone che vivono le parrocchie e la realtà associativa. Siamo a un bivio: il centrodestra non è a trazione moderata, non è guidato dagli amici di Angela Merkel ma dagli amici di Marine Le Pen, non sono moderati. Noi siamo quelli del terzo settore”.

   Da pugile suonato, messo all’angolo del ring,  non ha capito che ad essere in gioco non sono il moderatismo, la Merkel e la Le Pen, ma -come scrive Sallusti (in questo ha ragione)- le leggi eticamente in contrasto con il Vangelo.

Francesco Mario Agnoli

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