Per chi è interessato alle problematiche (a soluzione tutt’altro che scontata) poste (o accentuate) dalla legge 22/12/2017, n.219 (”fine vita”) può riuscire utile (anche se a conferma dei dubbi) un recente (18/1/2018) provvedimento del Tribunale di Modena riguardante i soggetti coinvolti in situazioni estreme in assenza di una chiara volontà dell’interessato. Il caso è quello di persona affetta da distrofia miotica di Steinert in fase avanzata ovvero, da una forma di distrofia muscolare causante un progressivo indebolimento della muscolatura (così le diagnosi di due diversi medici, concordi però nel ritenere quale unica possibilità di salvezza l’effettuazione di una tracheotomia). Non essendo possibile l’instaurazione di un rapporto con il paziente intubato, l’amministratore di sostegno, a suo tempo nominatogli, ma senza poteri di natura medico-sanitario in sostituzione o in affiancamento, si è rivolto al Tribunale di Modena per chiedergli di autorizzare i medici a procedere alla tracheotomia.
Nel corso del procedimento è emerso, su dichiarazione dello stesso a.d.s., che la persona aveva espresso in più di un’occasione la volontà di “continuare a vivere senza la tracheotomia“. Manifestazione di volontà ritenuta contraddittoria dal tribunale sicché “non può essere tenuta in considerazione; in quanto la tetraplegia che affligge il …. impone, secondo la miglior scienza medica, l’intervento di tracheo per garantire la sua sopravvivenza”. Si è, quindi, in presenza, ad avviso del tribunale, di una situazione di urgenza o stato di necessità, che, a fronte di un condizione di incoscienza dell’interessato, consente di prescindere dal suo consenso informato. Un caso in cui “in forza del codice di deontologia medica (art. 36: “”il medico assicura l’assistenza indispensabile, in condizioni d’urgenza e di emergenza, nel rispetto delle volontà espresse tenendo conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento se manifestate”) l’operazione compiuta dal personale sanitario è scriminata ex art. 54 c.p. ed ex art. 2045 c.c. Analogamente, dispone l’art. 1, comma 7, della L. 22 dicembre 2017, n. 219, (“Nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i componenti dell’equipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla”). La tipica situazione in presenza della quale la giurisprudenza ha più volte esclusa l’antigiuridicità dell’atto medico compiuto in difetto di consenso del paziente. A sostegno, il provvedimento del giudice modenese richiama la sentenza del Tribunale di Trieste in data 11 marzo 2009: “nell’amministrazione di sostegno, lo stato di necessità, contemplato dall’art. 54 c.p. e dall’art. 2045 c.c. come causa di esclusione dell’antigiuridicità della condotta, sussiste quando l’agente si trovi di fronte alla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona e consente di giustificare l’operato del sanitario pur in mancanza di un consenso del paziente e sempre che quest’ultimo non abbia manifestato o non sia altrimenti conoscibile un suo espresso dissenso (valido e cosciente) all’intervento“.
Sulla base di quanto sopra il tribunale ha ritenuto che nella fattispecie “pare sussistente uno stato di necessità, essendo indispensabile compiere un intervento salvavita a beneficio del paziente, volto alla sua tracheotomizzazione, difettando alternative terapeutiche di sorta”, e ha respinto l’istanza proposta dall’a.d.s., perché “compete alla responsabilità del personale medico-sanitario assicurare al paziente cure necessarie alla sua sopravvivenza sussistendo uno stato di necessità, senza che il consenso informato della persona in materia possa essere sostituito e surrogato dall’a.d.s. (arg. ex art. 3, comma 4, L. n. 219 del 2017)”.
Riassumendo. L’amministratore di sostegno, non avendo nel caso specifico poteri di natura medico-sanitaria, è tranquillo, perché, una volta interpellato il giudice, non deve far nulla. Il tribunale ha detto di ritenere che il caso rientri fra quelli che consentono di prescindere dall’assenso dell’interessato, ma col respingere la domanda in tal senso dell’a.d.s., non ha espressamente autorizzato i medici a procedere. Ha solo detto che “pare” sussistere uno stato di necessità, che rende indispensabile, quale operazione salvavita, la tracheotomia. Quindi un provvedimento tutto sommato ambiguo, potendo esser letto tanto nel senso che la decisione finale spetta ai medici, che potrebbero decidere o di procedere o di non procedere alla tracheotomia, quanto, invece, nel senso che debbono necessariamente procedere per avere il tribunale ritenuta la presenza delle condizioni sotto le quali il codice deontologico medico e la legge impongono l’intervento. In conclusione, ai medici il rischio della decisione sia giuridica (interpretazione del provvedimento del giudice) sia medica (esecuzione o non della tracheotomia).
Francesco Mario Agnoli