Intervento di Laris Gaiser ricercatore fellow presso l’Università della Georgia (USA)
Ultima serata del ciclo di conferenze sull’Europa, voluto nello scorso anno dal Centro Cult. S. Nicolò di Lecco, in collaborazione con l’Associazione Identità Europea. Si è svolta il 25 ottobre, presso l’Aula Papa Giovanni, che è risultata meno dispersiva rispetto alla Sala Ticozzi (usata in precedenza), più utile all’approfondimento, pacato nei toni e intenso nella sostanza delle argomentazioni.
Il tema questa volta era davvero da lezione universitaria, più che di cultura divulgativa: “Europa/Sovranità politica e sovranità monetaria”. Relatore il già noto Laris Gaiser (già ospite lo scorso anno a Lecco, sempre per una serata di approfondimento del ciclo “Europa”), ricercatore fellow presso l’Università della Georgia (USA), e dal 2012 docente di Relazioni politiche e Politica estera europea presso l’Accademia Diplomatica di Vienna: insomma un esperto esperto. Presenti al tavolo i rappresentanti delle Associazioni organizzatrici: Luigi Pedrone per Identità Europea, e Ugo Baglivo per il Centro Cult. S. Nicolò.
Da subito, nella relazione, è emersa a tutto tondo una preparazione non solo storico-politica internazionale di alto profilo, ma anche l’attualità delle esperienze che Gaiser compie, nelle varie consulenze in campo economico e finanziario, come in campo strettamente politico, quando è chiamato come interlocutore esperto nei vari Stati d’Europa e non solo, come recentemente in Catalogna per quella complicata situazione politica.
Procediamo per gradi, come nella spiegazione del relatore al pubblico presente. Tutto il mondo politicamente è diviso in Stati indipendenti e sovrani; ma la sovranità come controllo di un territorio, con leggi che regolano i rapporti della popolazione, di uno Stato come autorità massima e indiscutibile, è oggi concetto superato, in quanto gli Stati – pure indipendenti e sovrani – devono rapportarsi alle Organizzazioni Internazionali (come l’ONU, la NATO, e la stessa Comunità Europea). Tali Organismi sovra-nazionali non limitano d’imperio la sovranità degli Stati membri, ma gli Stati stessi, per particolari fini superiori all’interesse nazionale, cedono una parte di potere, per una visione più vasta delle politiche mondiali. E poi non è detto che in passato lo Stato sempre avesse il controllo su un territorio fisso; è il caso del Sovrano Ordine Militare di Malta, una volta collocato a Rodi.
E le guerre? Tutto bene nella vecchia come nella nuova visione politica degli Stati, finchè vige una situazione di pace; ma quando si rompono gli equilibri interni e i rapporti stabili tra gli Stati? E ancora, oggi più che in passato, quando si toccano gli interessi economici delle grandi entità multi-nazionali?
Sempre, fin dall’antichità, il potere ha avuto sfere d’azione – dal piccolo al grande – di più ampio raggio rispetto alla città-stato originaria. In epoca di Impero Romano, da Roma alcuni diritti erano allargati all’Italia, poi alcuni (in numero minore) alle Province, e poi (ancora meno) ai popoli cosiddetti “confederati”, lasciando del tutto fuori i Barbari. La stessa schematizzazione valeva per l’Impero spagnolo, in epoca più recente (Carlo V) e ancora più recentemente per il dominio inglese sul mondo. Oggi non ci sono più gli Imperi politici, ma gli Stati Uniti d’America hanno un potere militare sparso nel mondo che – a macchie di leopardo – controlla le varie aree calde in tutto il Globo. Ciò in nome degli Organismi internazionali (come NATO, ONU, …) ma anche indipendentemente, per il fenomeno della globalizzazione nell’informazione, per le leggi d’economia che sovrastano gli Stati.
E l’Europa? in che rapporto si pone con quel nuovo tipo di “impero romano” che sono oggi gli Stati Uniti d’America?
Già nel 1815, con il Congresso di Vienna, si pensava ad un qualche equilibrio stabile tra i vari Principati in Europa, ma allora senza guardare oltre l’Atlantico. Poi nel 1918 dopo la Grande Guerra, e poi ancora nel 1945 alla fine della Seconda Guerra Mondiale, si delinea sempre più una Europa che non solo ha necessità di controllare gli Stati aderenti al Patto economico, ma si deve rapportare all’America – almeno economicamente – a cominciare dal Piano Marshall. Gli USA aiutano l’Europa, nel dopoguerra, per via federale; cioè hanno bisogno di una organizzazione sovra-nazionale in Europa, per regolare i flussi economici, e prima ancora (storicamente) per erogare gli aiuti per la ricostruzione.
Poi l’epoca della Guerra Fredda, in cui si contrapponevano due blocchi: Occidente con l’America, e Oriente con l’URSS; e infine l’attuale epoca della Globalizzazione, senza divisioni nette, ma con un groviglio di commistioni tra interessi da zone a zone geografiche, e anche – internazionalmente – tra varie finalità economiche ultra-nazionali.
Eppure, in questa situazione mondiale unificata, l’Europa resta importante, perché l’Europa è il mercato più ricco del mondo; così è utile che gli USA si tengano amica l’Europa, ma fà loro comodo non un’Europa pienamente unita, bensì un’Europa unitaria solo economicamente (per facilitare gli scambi e i flussi) e divisa politicamente. Ecco la frantumazione politica (che è debolezza, in quest’area dell’Occidente, voluta da interessi superiori), che lascia spazio ad una economia il più possibile unitaria; fino alla moneta unica, quasi del valore del dollaro.
E l’Europa va bene così per gli USA; per esempio senza la Turchia. A parte le considerazioni sulle differenze religiose, che non sono poi così importanti per gli scambi economici, la Turchia è più popolosa della Germania; e – in caso di unione all’Europa – toglierebbe il primato politico alla stessa Germania, con conseguenze di difficile controllo sulle scelte future in campo politico e ancora economico.
Inoltre non riesce mai, all’interno dell’Europa, una egemonia certa; persino la Francia e la Germania, che fin dall’inizio del Trattato si contendono il primato, non riescono a trovare stabilità di prestigio sulle altre nazioni: F. Mitterand si inventa la moneta unica (ECU e poi EURO), e di contro Helmut Kohl vuole una Banca Europea sul modello della Banca Tedesca. Ciò per gli aspetti squisitamente economici; e i governi politici? Se economicamente 2 sono le mentalità trainanti (Germania e Francia), ben 28 governi siedono nel Consiglio d’Europa.
E poi gli Stati europei non sono tutti uguali, neanche quelli subalterni a Francia/Germania. L’anello debole in Europa, a parte di paesi dell’Est, è la Grecia: la Grecia fu voluta indipendente, nel 1820, con l’aiuto di molti Stati occidentali, per contrastare gli interessi della Russia nel Mediterraneo; perciò, dopo quella indipendenza incoraggiata e aiutata, fu imposto un re di famiglia tedesca. Il debito greco nasce allora, e ancora oggi non viene controllato in Grecia ma all’estero; mentre in Italia i “bond” rimangono in sede, in Grecia i “bond” vanno a finire in altri paesi. Così la Grecia è sì Stato indipendente, ma controllato dall’esterno.
E all’interno degli Stati, come nel rapporto oggi tra Spagna e Catalogna, è interesse superiore che le cose rimangano così come sono ora: non solo è interesse dello Stato centrale spagnolo non mettere la Catalogna in condizioni di indipendenza, ma la stessa Europa, che è debole per sua natura nel rapporto politico con gli Stati sovrani membri del Patto, ha tutto l’interesse a mantenere lo “status quo”.
Poi un cenno anche alla Brexit: Europa non preparata al distacco della Gran Bretagna; e la stessa Gran Bretagna divisa circa le possibili soluzioni future.
Alla fine dei lavori, dopo varie domande dal pubblico che interagisce con il relatore come in una bella lezione di scuola, mons. Franco Cecchin (padrone di casa) chiude la serata, facendo pensare ai programmi culturali futuri. Oltre il ciclo sull’Europa, ma partendo da queste importanti premesse.
Ugo Baglivo