Il patrimonio non è usucapito dal MiBACT
Iniziano a fissarsi alcuni punti fermi per la Pinacoteca d’Errico di Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza. Dopo il ricorso in appello presentato nel 2007 dal Ministero per i beni e le attività culturali, i giudici della Corte d’appello di Potenza (sentenza n. 456 del 2017) si sono pronunciati in merito all’esistenza dell’Ente morale “Camillo d’Errico”, che da anni gestisce l’omonima pinacoteca situata a Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza. Si tratta della più grande collezione privata esistente nel Mezzogiorno. Un patrimonio di oltre 300 dipinti, circa 500 stampe e seimila volumi lasciati da Camillo d’Errico alla comunità di Palazzo San Gervasio. L’Ente morale Pinacoteca e Biblioteca Camillo d’Errico, hanno stabilito i giudici di Potenza, continua ad esistere, e l’intero patrimonio non può essere considerato usucapito dal MiBACT. Il ministero, infatti, aveva chiesto che quadri, libri e stampe venissero considerate, per intervenuta usucapione, proprietà dello Stato. L’unico motivo presentato dal ministero, accolto parzialmente dalla Corte d’appello ed in riforma della sentenza definitiva n. 121/2006, riguarda la domanda di restituzione della collezione D’Errico, consistente in opere artistiche e bibliografiche per la quale non escluso che la battaglia giudiziaria proseguirà.
Mario Saluzzi, Conservatore dell’Ente morale Pinacoteca e Biblioteca Camillo d’Errico, non nasconde la sua soddisfazione. “La Corte d’appello di Potenza – commenta – ha stabilito che il ministero dei beni culturali non potrà considerare proprio il lascito di Camillo d’Errico. Lo Stato dovrebbe garantire un equilibrio nella fruizione e gestione di un patrimonio inestimabile come quello della Pinacoteca d’Errico”.
Il Conservatore Saluzzi presenterà al Consiglio di amministrazione dell’Ente morale la proposta di far revisionare davanti alla Corte di Cassazione il punto in cui la Corte di Appello di Potenza accoglie parzialmente il ricorso dell’Avvocatura dello Stato concernente il deposito dei quadri e delle stampe a Matera. “I giudici d’appello – dice – dovevano pronunciarsi solo sulla sentenza di primo grado, che condannava il Ministero dei Beni culturali a restituire il patrimonio. Se nutrivano dubbi, mai sollevati da nessuno, su dove collocare il patrimonio della Pinacoteca potevano chiederci spiegazioni. Gli avremmo riferito che abbiamo una sede storica, restaurata con fondi pubblici e dal Mibact con tutti gli standard di sicurezza previsti per legge, tanto che all’interno da quasi dieci anni il ministero organizza mostre con le opere di d’Errico e non solo di quest’ultimo”.
“Inoltre – prosegue Saluzzi – i Giudici rimandano tutto all’applicazione della legge 1082 del 1939, che trasferì il patrimonio a Matera. Ma la stessa legge fascista è stata abrogata dal Decreto legislativo, 13/12/2010 n° 212, G.U. 15/12/2010 cosiddetto brucia leggi Calderoli. La stessa legge, il 2011 viene ripristinata poiché a dire dei legislatori esiste un contenzioso fra enti, e quindi rimanda alla Corte di Appello la risoluzione del conflitto tra gli stessi. È opportuno ricordare che il riformato Titolo V della Costituzione ha attribuito la competenze della gestione dei beni culturali direttamente alle Regioni. La Regione Basilicata, con L.R. n. 29/08 (“Norme sulla valorizzazione della pinacoteca e biblioteca Camillo d’Errico”), ha riconosciuto il valore dell’ente morale d’Errico, finanziandone la valorizzazione. La Legge n. 1089 del 1939, con la quale si trasferiva il patrimonio da Palazzo San Gervasio a Matera, è rimasta una delle poche leggi che si cerca in tutti i modi di tenere in piedi, anche se la Corte Costituzionale si è espressa con un parere proprio per la sua illegittimità. All’Ente morale Camillo d’Errico in settant’anni questa rivendicazione della proprietà è costata centinaia di migliaia di euro per spese legali e di avvocati. Risorse che possono essere investite per studiare e valorizzare il nostro patrimonio”.
Secondo Saluzzi, “siamo di fronte all’ennesimo paradosso italiano, dove lo Stato per il tramite del Ministero dei Beni Culturali, che deve garantire il rispetto delle Leggi, genera non poca confusione in merito alla definizione di una questione che si trascina da oltre mezzo secolo”.
Gennaro Grimolizzi