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LA MODA FEMMINILE NEL FASCISMO? PANTALONI, FEMMINILITA' E TESSUTI "HIGH-TECH". Di Maria Cristina Ceoldo

Nel 1935 nella patria dominante della moda dell’epoca, cioè Parigi, la stilista italiana Elsa Schiapparelli presentò una collezione di abiti tra cui spiccavano creazioni particolarmente innovative fatte con cappe in vetro realizzate con un avveniristico tessuto chiamato Rhodophane, il successo fu mondiale oltre che immediato. Ebbene, questo tessuto insieme ad altri creati dall’ingegno italiano erano da un lato la risposta alle sanzioni applicate all’Italia negli anni antecedenti alla Seconda Guerra Mondiale e dall’altra dall’esigenza di creare una moda italiana voluta da Mussolini. L’aneddoto, insieme a molti altri e ad una ricca bibliografia , appare nel bel libro di Sofia Gnoli per Carocci Editore “ Eleganza Fascista” uscito nell’Aprile scorso.
Sicuramente l’Autrice, autorevole storica del costume e della moda, ha il pregio di aver costruito un testo di approfondimento storico con un giusto equilibrio ( da non dare mai per scontato) nell’evidenziare i pregi e i difetti dell’intuizioni di Benito Mussolini nel campo della moda. Assolutamente certo della necessità di doversi “ emancipare “ dalla moda francese creando una moda tutta italiana. Ecco, quindi, la creazione dell’Ente Nazionale della moda, della scuola per diventare stilisti(esistente solo a Parigi all’epoca), di una costante attenzione per la creazione non solo delle materie prime ma anche di quelli che oggi chiamiamo “Media dedicati” cioè riviste rivolte alla moda e al mondo femminile quali Lidel, La Donna, Rakam, Cordelia , Bellezza. Quest’ultimo diretto da Giò Ponti, e doveva competere con Vogue e Harper’s Bazaar.
Sicuramente, non tutti i tessuti “autarchici” erano particolarmente “riusciti”, come viene ben documentato, ma indubbiamente il connubio Arte-Moda-Economia era di una importanza fondamentale per il Paese che cercava di creare energie economiche proprie rendendo l’Italia sostenuta da un ‘economia interna. Da un fatto negativo quali le sanzioni subite, nascono delle realtà positive, come i tessuti d’angora di Luisa Spagnoli e i famosissimi sandali con zeppa in sughero e tomaia in raffia intrecciata di Salvatore Ferragamo.
La moda italiana dell’epoca, quindi non solo era influenzata da intellettuali come Tommaso Filippo Marinetti che, nel manifesto contro il lusso femminile, avanzava audaci tendenze ma anche da un tessuto sociale ed economico ricettivo alle sfide del momento, che erano tutt’altro che semplici.
Il pregio del testo di Sofia Gnoli sta sicuramente nel ricostruire con documenti alla mano il percorso della nascita di quello che sarà il Made in Italy con un interessante e, per molti versi inedito, ritratto dell’Italia di quegli anni.

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