“E’ fatta! Lo schiaffo è passato e noi siamo cordialmente invitati a riaddormentarci per cinque anni, lasciando che i nostri ammirevoli rappresentanti ci coccolino con costanza e abnegazione”. Così Jean Rouxel apre il suo articolo di commento alle elezioni francesi sul blog Liberté Politique. Seguono i dati: il partito socialista è passato da 280 a 29 rappresentanti, i Repubblicani (ex-gollisti) da 194 a 113. Il partito personale di Macron, LREM (La République en Marche) conquista 308 deputati, più che sufficienti ad assicurargli la maggioranza assoluta anche se non avesse l’apporto dei 42 deputati del partito di centro, MODEM, che per problemi giudiziari ha fatto dimettere i suoi ministri, lasciando il governo, ma non la maggioranza che lo sostiene. Non bastasse, i Repubblicani costituiscono un’opposizione molto sui generis dal momento che il primo ministro del governo insediato da Macron subito dopo la sua elezione, Edouard Philippe, è un républicain e tali sono anche due importanti ministri, Bruno Le Maire e Gérard Darmanin. Non per nulla molti esponenti di questa opposizione di “destra” si sono affrettati a rendere nota la loro perfetta “macroncompatibilité ”.
Il risultato è frutto di un sistema elettorale che ha consentito al partito di Macron di ottenere il 53,4% dei seggi con il 13,4% dei voti degli aventi diritto al primo turno (poco più del 30-31% dei voti validi), sicché gli sono bastati 20 750 voti per ogni deputato, mentre al Fronte Nazionale (8 seggi) ne sono occorsi 375 000. Da un diverso punto di vista si potrebbe dire che ogni parlamentare della LREM rappresenta 20.750 francesi e quello del FN 375.000. Dovrebbe quindi avere un peso molto maggiore , ma non è così. Anzi, nei fatti, è vero il contrario. I 375.000 francesi rappresentati dal parlamentare lepeniano non contano nulla.
A prima vista può sembrare che Macron con En marche abbia realizzato quello che in Italia non è riuscito a Renzi: il partito della nazione, che però, per essere tale, non può essere, come insegna l’esperienza della Dc degasperiana, un “partito pigliatutto”, ma un partito che sa lasciare spazio ad altri, anche quando non ne avrebbe bisogno.
Venendo all’Italia per un interessante confronto, il risultato in voti conseguito al primo turno da LREM è alla portata tanto del Pd, quanto del M5S e, se si costituisse, del Polo di destra. Tuttavia sia con la legge elettorale vigente (il cosiddetto Consultellum ) sia con le proposte per ora in campo, nessuno di loro avrebbe il controllo del parlamento e per governare dovrebbe cercare alleati. Tutti i sostenitori della cosiddetta governabilità e della supposta esigenza che già al termine dello spoglio si sappia a chi spetterà il governo del paese esultano per Macron, lo invidiano, lo salutano salvatore d’Europa, e sperano di imitarlo. Tuttavia il prossimo parlamento italiano, se nell’intervallo non interverrà una legge elettorale sul modello parigino, sarà – diciamo pure, in bene e in male – una vera rappresentanza nazionale a differenza di quello francese, dove, secondo quanto affermano gli stessi esponenti della LREM, questa ha la responsabilità di giocare il doppio ruolo di maggioranza e di opposizione, come – commenta Rouxel – il partito unico nei paesi comunisti.
In realtà anche in Italia la democrazia consensuale di degasperiana memoria, che pure, con la Dc al centro, guidò la ricostruzione e portò il paese fra i grandi dell’economia mondiale, è stata archiviata da tempo senza rimpianti, anzi con più biasimi che lodi, Dalla fine degli anni ’90 i tradizionali partiti italiani o i nuovi contenitori che aspirano ad esserne gli eredi, anche per effetto della preferenza per i sistemi maggioritari e un tendenziale bipolarismo, hanno subito profonde trasformazioni e perduto in gran parte l’autorità e la conseguente capacità di mediazione quanto quelli francesi. Tuttavia finché il Parlamento conserverà anche nei numeri (sia pure – se non si può farne a meno – con qualche modesta correzione) la rappresentanza nazionale si può sperare che resti il luogo dove, attraverso la dialettica democratica, trovino sfogo e potenziale composizione le divergenze, i contrasti, i conflitti presenti nella società contemporanea, inevitabilmente destinati, in mancanza, ad esplodere nelle piazze.
Alla Francia e a Macron, l’Obama europeo, la spada dell’Ue e dell’illuminismo, il vincitore dei populismi, il compito di smentirlo.
Francesco Mario Agnoli