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IL BUON ESITO DELLA PROTESTA DEI NATIVI AMERICANI? Di Madame Janus.

Guardando il telegiornale italiano ho appreso che finalmente la protesta dei nativi americani ha portato le autorità ad intervenire a loro favore, e che anche le nostre televisioni nazionali si sono, anche se superficialmente e solo citando brevemente pochi fatti, interessate a quanto sta accadendo in Nord Dakota. E la cosa non sorprende, visto che i maggiori media americani hanno per mesi evitato di parlarne o hanno dato notizie volutamente frammentarie ed insufficienti. Dal mio precedente articolo in merito sono passate quattro settimane assai critiche, dove la polizia ha continuato ad usare violenza contro la pacifica protesta degli aborigeni americani e degli ambientalisti, sparando pallottole di gomma, cannoni ad acqua e gas lacrimogeni – vietati per legge visto che rientrano nell’arsenale delle armi chimiche – e provocando numerosi feriti, tra cui una ventunenne trasportata in ospedale e che tutt’ora rischia di perdere un braccio. Una giornalista, mentre stava facendo un’intervista, è stata colpita da una di queste pallottole di gomma – considerate semplicemente “meno letali” di quelle ordinarie:

https://youtube.com/watch?v=GJXNYIpv62A
Nello stesso lasso di tempo centinaia di persone, tra cui anziani, sono state incarcerate. E tutto questo nella contestata violazione dei trattati di Fort Laramie che garantivano ai nativi americani il possesso delle terre che dovrebbero essere attraversate dall’oleodotto. Obama conosceva ovviamente da tempo la situazione, intervistato su quanto stava accadendo aveva chiesto e suggerito alla società incaricata della costruzione, la Energy Transfer Partners, di considerare un nuovo tragitto dell’oleodotto che consentisse di evitare i rischi di perdite di petrolio direttamente nelle acque del fiume Missouri e del lago Oahe – quest’ultimo, come ho già scritto, è la riserva d’acqua grazie alla quale le tribù Sioux sopravvivono. Il fatto taciuto da molti media americani è che la Energy Transfer Partners ha aggirato la legge, l’Environmental Impact Statement, fin dal principio, cercando così di non dover esibire lo studio dettagliato sui rischi ambientali che la legge prevede per questo tipo di strutture.
E’ notizia di Domenica 4 Dicembre che l’Amministrazione Obama più volte sollecitata dai rappresentanti dei nativi americani – che per inciso si sono rivolti anche all’ONU – ha deciso che i lavori per l’oleodotto non possono continuare e ordinato alla Energy Transfer Partners di produrre il già citato EIS che dovrà includere tutti gli studi specifici sull’impatto ambientale che per legge devono essere adempiuti. Si parla almeno di mesi per ottemperare a quanto richiesto. Meglio tardi che mai. A questo punto Jack Gerard, presidente del American Petroleum Institute, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “rigettiamo la decisione dell’Amministrazione Obama che nega l’approvazione per questo vitale progetto energetico, ed auspichiamo che Donald Trump ripristini la legge e consideri l’approvazione del progetto dell’oleodotto una priorità non appena si insedierà a Gennaio alla Casa Bianca”. Anche la Energy Transfer Partners ha così commentato: “le decisioni prese dall’Amministrazione Obama non cambiano in alcun modo il nostro impegno e non intendiamo riconsiderare un nuovo percorso dell’oleodotto”. Il tempo è denaro quando si tratta di un investimento di 3.8 miliardi di dollari. E Donald Trump potrebbe avere l’interesse a compiacere queste attese avendo investito più di trecento mila dollari – alcune testate giornalistiche parlano di 2 milioni di dollari – nella Energy Transfer Partners e nella Philips 66, altra società che detiene quote della ETP (difficile sapere se sia vero ma il portavoce di Trump ha dichiarato che il nuovo Presidente USA avrebbe già rivenduto gli assets), ed avendo la stessa società incaricata della costruzione dell’oleodotto donato ufficialmente alla sua campagna presidenziale oltre un centinaio di migliaia di dollari. Il buon esito della protesta dei nativi americani e delle associazioni ambientaliste potrebbe non essere di lunga durata, sebbene una volta prodotto il richiesto EIS sarà impossibile negare i rischi di causare danni irreparabili nel realizzare il progetto originario dell’oleodotto, tanto più che le numerose ed accidentali perdite di petrolio dagli oleodotti nel Nord America sono ormai un fatto accertato.
Questo progetto dell’oleodotto sotterraneo, lungo quasi 2000km, è stato annunciato come essenziale per rendere gli Stati Uniti indipendenti dal punto di vista energetico, ma secondo Robert Kennedy Jr. in realtà il petrolio del Nord Dakota è destinato alle raffinerie dell’Illinois per poi essere venduto all’estero e spedito via mare, in particolare in Cina. In pratica, i benefici sarebbero esclusivamente per gli azionisti della società petrolifera stessa e non per i cittadini americani.
L’intervista a Robert Kennedy Jr.

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