In un periodo in cui la crisi della politica sembra legata ad una crisi di sovranità, dedicare qualche riga di riflessione alla Festa di Cristo Re, potrebbe risultare utile a tutti, ma soprattutto a chi è politicamente impegnato.
Tra le tantissime feste religiose, infatti, quella di Cristo Re, che non a caso chiude l’Anno Liturgico, è quella dal contenuto “politico” più lampante, nonostante sia ancora vissuta da molti come una festa minore.
Forse perché il cristianesimo militante, mistico e trionfale del passato, tra vessilli di porpora e d’oro, canti gregoriani ed arte sacra, ha lasciato il posto non ad un naturale e doveroso adeguamento alle mutate condizioni storiche, ma, troppo spesso, ad un mero volto dal sapore sociologico, tra bandiere arcobaleno piazzate nelle chiese ed inconsistenza culturale di molti.
Eppure il “Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat” era il grande inno sublime utilizzato per l’incoronazione degli Imperatori cristiani, ossia dalla suprema autorità politica riconosciuta da tutti, e che si identificava con la regalità sacra del Cristo. Una regalità data per certa, reale, vera, e che a nessuno veniva in mente di mettere in discussione.
Ma i tempi cambiano, così quella regalità, – la Regalità per eccellenza – appannata dall’avvento delle moderne ideologie, rischiava – con l’avanzare impetuoso della Modernità – di non essere più tangibile come lo era stata quando c’era un Imperatore.
Cosi la Festa di Cristo Re venne istituita ufficialmente da Papa Pio XI nel 1925, dopo il primo conflitto mondiale, durante l’emergere di fenomeni politici particolarmente violenti (Rivoluzione Russa, Bienno Rosso, avvento di regimi nazionalisti) e la scomparsa dell’Impero Austro-Ungarico, erede del Sacro Romano Impero, simbolo vivo di un’autorità politica universale.
L’intento, da parte dei Vertici della Chiesa, è chiarissimo: ricordare al mondo che, nonostante l’Impero sia scomparso, i vari Governi e governanti della terra non sono e non possono essere svincolati da tutto e da tutti, ma sono semplici istituzioni di passaggio che devono rispettare l’unica e sola Regale Autorità Suprema, quella appunto di Cristo Re.
Non si tratta, però, di una sovranità ipotetica e rivolta soltanto ai credenti: anzi, il testo dell’enciclica “Quas primas” è chiarissimo nel ricordare come “l’impero di Cristo non si estende soltanto sui popoli cattolici”, in quanto “tutti debbono riconoscere che è necessario rivendicare a Cristo Uomo nel vero senso della parola il nome e i poteri di Re”. La sovranità di Cristo è cioè sia spirituale e divina, ma anche sociale, politica, storica (o meglio meta-storica), in quanto Vero Uomo e Vero Re (“per diritto di natura e di conquista”, chiarisce la “Quas Primas”): quello che infatti attende l’umanità alla fine della storia è la Monarchia, universale ed eterna.
Ma perché nel 1925 la Chiesa ricorda al mondo intero, con particolare attenzione ai Governanti, e cioè alla classe politica, che mai alcuno deve dimenticare “il ritorno del Re”?
Lo spiega Pio XI nell’Enciclica: “Se i principi e i magistrati legittimi saranno persuasi che si comanda non tanto per diritto proprio quanto per mandato del Re divino, si comprende facilmente che uso santo e sapiente essi faranno della loro autorità, e quale interesse del bene comune e della dignità dei sudditi prenderanno nel fare le leggi e nell’esigerne l’esecuzione” .
Un tentativo, dunque, di porre l’accento sulla tutela del Bene Comune e di arginare l’avvento dei totalitarismi, i quali, com’è noto, affondano le proprie radici ideologiche nella Rivoluzione Francese, che, di colpo, aveva spezzato ogni vincolo al potere politico ed assolutizzato le pretese di una piccola parte (l’oligarchia liberale borghese e massonica della Francia) su tutto il genere umano (sic!).
La rottura che la Rivoluzione Francese compie, apre, infatti, all’avvento di poteri assoluti, fondati sull’ideologia e non più legati alla realtà, al bene comune e al rispetto dell’Uomo. Da qui la nascita dei sistemi dittatoriali moderni.
Non si deve però pensare che il pericolo totalitario sia completamente svanito con la sconfitta bellica del nazismo o con la caduta del comunismo: esistono infatti altre forme “morbide” e striscianti di totalitarismo o comunque di assolutismi che, ogni giorno, rischiano di imporsi, anche nella nostra Europa.
Pensiamo agli anni del liberismo sfrenato, al capitalismo, al consumismo imperante, alla tecnocrazia, al dominio della macchina, all’asservimento incondizionato al positivismo giuridico o a certe ideologie economico-finanziarie, o persino allo scientismo che rischia di sacrificare vite umane in cambio di un fantomatico progresso!
Sono forse forme che rispettano l’Uomo, la sua dignità e la sua libertà? O non sono piuttosto degli assoluti che spesso acquisiscono carattere dogmatico e si tramutano in forme sociali tiranniche e pericolose?
Ecco che dunque si palesa, per i politici cattolici, l’importanza della festa e della figura di Cristo Re: essi sanno (o dovrebbero almeno sapere) che, in ogni eventualità in cui dovessero essere chiamati ad incarichi istituzionali, non possono, in alcun modo, assumere quei ruoli con arroganza, con presunzione, negando la libertà altrui o mettendo in pericolo la dignità dell’Uomo.
Essi sanno, come uomini, che l’autorità politica umana è transitoria, è momentanea, serve a garantire il bene comune e, come credenti, che la stessa humana potestas deve poter preparare l’avvento del Ritorno dell’Unico Vero Re.
Dunque, proprio per questo, il politico cattolico svolgerà il proprio compito come fosse un servitore, con estrema umiltà, con attenzione alla libertà, con rispetto delle realtà sociali e comunitarie pre-esistenti allo Stato.
Conscio della regalità storica di Cristo, e della razionalità del Logos divino, il cattolico in politica cercherà sempre di mantenere saldi i c.d. valori non negoziabili perché essi rappresentano l’ordine naturale delle cose, sono conformi alla ragione umana e al bene comune, perché sono scritti nel diritto naturale, e non invece come presa di posizione confessionale.
Anzi, il vero politico cattolico, non si mette affatto la comoda etichetta di “cristiano”, ma si sforza di dimostrare, con la propria azione e con le proprie decisioni – che assume in piena libertà e responsabilità – che la vera scelta laica, la vera scelta ragionevole, la vera scelta che sta dalla parte della ragione e della libertà è quella del rispetto della vita e della dignità dell’uomo, e della realizzazione del bonum commune. Una scelta, perciò, autenticamente, naturalmente ed ontologicamente cristiana.
Luca De Netto